Il nord CO-RESPONSABILE del GENOCIDIO
A più di 5 anni dai massacri in Ruanda


A cura di Marco Fantoni



Era il 6 aprile 1994 quando il Presidente del Ruanda, Juvenal Habyarimana e del Burundi Cyprien Ntaryamira, venivano uccisi in un attentato aereo, mentre stavano atterrando all’aeroporto di Kigali. Da lì è partito il genocidio tutsi che ha portato a centinaia di migliaia di morti e negli anni a seguire al rientro di almeno 500’000 profughi dall’ex Zaire e dalla Tanzania. Prima, durante e dopo questi fatti la responsabilità del Nord, dell’ONU e della comunità tutta è stata grande. Ci si rendeva conto di quanto succedeva, di massacri tra persone della stessa terra, fomentati da mezzi di comunicazione, ma senza una precisa idea su come intervenire o forse senza la volontà di farlo. Addirittura sono state richiamate le forze ONU presenti durante i fatti stessi. Dopo più di 5 anni da questi avvenimenti, in un paese che ne mostra ancora le ferite, abbiamo sentito l’opinione, il pensiero di due persone che hanno vissuto questa situazione. Due sacerdoti incontrati durante la nostra visita in Ruanda nel mese di giugno, si tratta dell’economo della Diocesi di Gikongoro l’Abbé Sebastien Gasana e del direttore della Caritas diocesana di Gikongoro l’Abbé Emmanuel Twagirayezu. Dalle loro impressioni traspare quel sentimento di delusione verso il Nord ed in particolare verso l’ONU che li hanno abbandonati nel momento del bisogno.

D: Abbé Sebastien, cosa è avvenuto nella regione di Gikongoro?
R: Nel 1994 a Murambi, ad esempio, come in altre zone del paese, sono stati uccisi molti tutsi. Più di 50’000 persone sono state uccise in questo luogo. I massacri sono iniziati il 21 aprile 1994, il genocidio finale il 7 aprile. La regione di Gikongoro ha conosciuto a più riprese dei massacri di tutsi. Su questo si sono già scritti diversi libri, c’è diversa documentazione, chi è interessato o è stato toccato da ciò che è successo può rifarsi a questi documenti importanti per la storia di questo paese, per la storia di questa regione e per la storia di tutta l’umanità, in quanto, a mio avviso, il genocidio non è un avvenimento locale ma che riguarda tutto il mondo.

Il genocidio non è un avvenimento locale ma riguarda tutto il mondo

D: Che ruolo hanno avuto le etnie nel genocidio?
R: Nel nostro paese si parla molto delle etnie, di tutsi e di hutu, ma non penso che scientificamente se ne possa parlare. Prima dell’arrivo degli europei, dunque molto tempo fa, i ruandesi coabitavano in tutta tranquillità e condividevano la loro vita. Non si sa dunque come questa divisione sia arrivata. Parlare di hutu, di tutsi o di altre etnie prima dell’influenza straniera era piuttosto una sorta di connotazione sociale, in quanto, morfologicamente o scientificamente, differenziare le diverse etnie non era così evidente. La nozione di hutu e tutsi era piuttosto legata alla ricchezza. Non sono uno specialista, bisogna anche qui riferirsi ai diversi documenti che sono stati scritti sul Ruanda e che parlano di etnie. A poco a poco questa nozione di etnie, hutu e tutsi o altre minori è stata politicizzata, ci si è basati sulla maggioranza dei ruandesi che erano hutu e la minoranza tutsi. Ma, visto che si parla del genocidio, bisogna sapere che i tutsi sono stati vittime dello stesso e sono stati uccisi da ruandesi di un’altra etnia, quella hutu. Per essere più precisi ci si può domandare perché tali massacri non sono avvenuti in precedenza, quando non esisteva l’influenza straniera. Niente può giustificare il genocidio. È per questo, d’altronde che inviterei tutti ad interessarsi prima di parlare del genocidio ruandese, ad essere sul posto per rendersi conto di quello che è successo veramente, in quanto, a volte, si travisa la storia ed i fatti e si dice ciò che non corrisponde al vero.

Alcuni paesi erano al corrente della preparazione del genocidio, ma nessuno ha voluto intervenire per tempo
si è intervenuti troppo tardi

D: Qual è stato l’influsso esterno a proposito?
R:
La divisione etnica è nata sotto l’influenza della colonizzazione belga, la quale ha classificato la popolazione in etnie. Si è deciso per l’etnia hutu, quella tutsi e altre minori. Ma come detto, scientificamente non si può provare questo, in quanto prima si è sempre affermato che coloro che avevano molte vacche erano tutsi e chi ne aveva poche era hutu. Secondo quello che ho letto nei libri, in seguito sui documenti personali, in base a questa distinzione di ricchezza, in base al possesso di bestiame, veniva inscritta l’etnia. Dunque credo che questa nozione di possesso, di ricchezza, in quanto la vacca simbolizzava la ricchezza in Ruanda, non si possa considerare come una prova scientifica. Bisogna sapere che in Ruanda, sia prima che durante la colonizzazione, oppure anche oggi, dopo il genocidio, la gente vive insieme, parla la medesima lingua, abbiamo matrimoni misti e non si può veramente parlare di vere etnie, perché esteriormente non si possono differenziare le persone. Con tutti questi dati, la coabitazione, l’uso della lingua comune, i matrimoni interetnici, continuare a dire che esistono le diverse etnie separate, è forzare un po’ troppo la storia o la nozione di etnia.

Con tutti questi dati, la coabitazione, l’uso della lingua comune, i matrimoni interetnici, continuare a dire che esistono le diverse etnie separate, è forzare un po’ troppo la storia o la nozione di etnia

D: Abbé Emmnauel, qual è la sua visione del genocidio?
R:
Durante il genocidio sono stati massacrati centinaia di migliaia di tutsi e alcuni si domandano come questo abbia potuto accadere, allorché la guerra era iniziata dal 1990 e che nel 1994 c’era una presenza internazionale nel paese. Bisogna ricordarsi che gli accordi di Pace di Arusha, firmati nel 1993, avevano come obiettivo di insediare un governo di transizione con lo scopo di riunire i membri del vecchio regime con l’FPR (Fronte patriottico ruandese) che era una forza politico-militare e aveva usato le armi per risolvere diversi problemi. La guerra non aveva lo scopo di conquistare il potere, come alcuni hanno detto, ingannando l’opinione pubblica, in quanto il problema dei rifugiati ruandesi esisteva già a partire dal 1959. Si vede dunque che da quella data fino al 1990 il problema non era stato risolto e pur con diversi tentativi, il potere di allora non era impegnato nelle vie normali per la risoluzione del problema che era cruciale. Dunque con l’inizio della guerra nel 1990 si è pure iniziato a perseguire tutti coloro che erano tutsi in quanto si diceva che le persone che si trovavano all’estero, a maggioranza tutsi, i vecchi rifugiati, avevano voluto rientrare nel loro paese, mentre il governo al potere non voleva questo ed è perciò che dopo aver tentato quelle vie pacifiche, l’FPR ha iniziato la guerra. Dal 1990 si è ucciso molto, sia nel nord-est del paese sia nella regione di Kigali e nel 1994, con il genocidio, tutto il paese era coinvolto. Qui a Gikongoro, come altrove ci sono stati dei massacri atroci in diversi luoghi. A Murambi si stima a 50’000 il numero di tutsi uccisi. Infatti il genocidio ruandese è stato totale. Ci si può domandare perché la comunità internazionale, soprattutto i militari della MINUAR, forza ONU, presente per assicurare e mantenere la pace in seguito agli accordi di Arusha, (militari ben armati che conoscevano i loro compiti), hanno abbandonato il paese, hanno lasciato che le persone venissero massacrate? È per questo d’altronde che non possiamo non parlare della responsabilità della comunità internazionale. Quando i massacri sono iniziati, invece di proteggere i tutsi poi uccisi o perseguitati la MINUAR ha preferito partire. La comunità internazionale deve rispondere a questa domanda, il suo ruolo nel genocidio è veramente evidente in quanto c’erano delle persone in pericolo che non sono state soccorse.

D: Dopo il 1994 come è cambiata la situazione in Ruanda?
R:
Nel 1994 tutta la popolazione non aveva i medesimi diritti, i tutsi erano perseguitati, ne sono stati uccisi più di 500’000. Anche dopo il 1994 erano perseguitati dalle milizie che venivano dallo Zaire, ora si può dire che ci si può recare nelle altre prefetture senza problemi e dunque c’è un miglioramento.

D: Qual è stata la sua esperienza durante la guerra, come uomo, come prete?
R:
È stata per me un’esperienza dolorosa in quanto anch’io sono un superstite del genocidio. Ho passato quasi un mese nella foresta, mi cercavano e grazie a Dio sono stato salvato. Quello che mi dispiace, è che durante il genocidio, durato circa 3 mesi, non c’è stato nessun intervento per salvare i tutsi che morivano. L’intervento francese è avvenuto solo all’ultimo momento e deploro veramente che i paesi più potenti non siano intervenuti in tempo, visto che erano al corrente della situazione e che vedevano quello che succedeva da noi, che la gente moriva come mosche. Deploro dunque questa situazione, dove l’opinione internazionale non ha giocato il suo ruolo per tempo.

D: Il Popolo del Ruanda si aspettava qualcosa in più dal Nord?
R:
Abbiamo visto gli interventi degli americani nel Kosovo. Da noi il genocidio è durato 3 mesi e l’Europa sapeva quello che succedeva. Alcuni paesi erano al corrente della preparazione del genocidio, ma nessuno ha voluto intervenire per tempo si è intervenuti troppo tardi. C’era la MINUAR sul posto ed ha abbandonato proprio nel momento del bisogno della protezione. Questo è deplorevole. Si potrebbe dire che erano in connivenza con la milizia.

D: Qual è stata la reazione della popolazione ruandese al momento della partenza della MINUAR?
R:
Una parte della popolazione era perseguitata, dunque non era contenta della loro partenza in quanto lasciava il paese quando una parte della popolazione veniva massacrata e l’altra massacrava. Dunque la gente non ha potuto capire totalmente l’attitudine del Nord.

D: Qual è stato il ruolo della Chiesa durante e dopo la guerra?
R:
Il ruolo della Chiesa e la missione della Chiesa sono d’insegnare, di santificare e di dirigere. La Chiesa era sempre presente e tra i suoi membri, tra i fedeli, ce n'erano che non volevano altri fedeli. Ci sono stati fedeli che hanno massacrato altri fedeli. Ci sono stati fedeli che hanno osato massacrare dei pastori. Questa attitudine di fedele, di cristiano che osava uccidere è uno scandalo. Direi che per valutare la responsabilità della Chiesa bisogna interrogarsi su come i fedeli hanno accolto il messaggio evangelico, oppure se è il pastore che non lo ha ben presentato, anch’io mi sono posto la domanda. Non ho delle prove per dire chi ha mancato alla sua missione. È la Chiesa o sono i fedeli che non hanno accolto con fede l’insegnamento?

D: Ora dove va la Chiesa?
R:
Mi sono posto la medesima domanda. Dove andiamo? Cerchiamo di organizzarci e può darsi che ci arriveremo con il Sinodo. La gente ci rimprovera che dopo le grandi feste della Chiesa sono avvenuti dei massacri in Ruanda. Dopo la festa di Tutti Santi, dopo il Natale, dopo la Pasqua abbiamo avuto dei massacri negli anni passati. Mi esprimo a titolo personale, non impegno la Chiesa, ma come fedele, come prete, mi pongo anch’io la domanda. Cosa devo fare affinché le persone si convertano? Cosa non abbiamo fatto? Dobbiamo valutare la nostra missione e cercare, con umiltà, di dire che non ci siamo riusciti. Dal 1959 fino ad oggi le persone si uccidono e la Chiesa si deve porre questa domanda e valutare se cambiare metodologia.

Sono sempre stati i dirigenti incapaci che hanno seminato la discordia, che dicevano d’insorgere contro i tutsi

D: In Europa, il motivo più conosciuto che ha dato adito al massacro è quello delle due etnie hutu e tutsi, ma sicuramente non è il solo.
R:
Vi dirò che gli hutu e i tutsi, come contadini non hanno avuto problemi tra loro, ma le difficoltà sono sempre state sollevate da una politica insana , da dirigenti incapaci. Andando nei mercati, negli ospedali, sulle colline e nelle scuole, si notano le due etnie assieme, condividono, lavorano assieme, anche negli uffici dividono tutto. Il problema nel Ruanda è sempre stato nei dirigenti. Se ci sono politici incapaci che ordinano, i contadini obbediscono, eseguono e dunque il problema dell’etnia tra loro non è vero. I contadini non hanno avuto problemi tra di loro. Sono sempre stati i dirigenti incapaci che hanno seminato la discordia, che dicevano d’insorgere contro i tutsi. Le due etnie sono sposate tra loro, non hanno mai avuto dei problemi, anche oggi.

D: Quale ruolo hanno avuto durante il genocidio i mass-media?
R:
Hanno giocato un ruolo rilevante in quanto, mi ricordo personalmente che la radio RTM (Radio des Milles collines) invitava la popolazione a sollevarsi contro i vicini, addirittura contro la Chiesa, diceva che tutto quello che era tutsi, sia che fossero bambini, vecchi o adulti erano i nemici principali. Bisognava cacciare, uccidere, sbarazzarsi di tutto quello che era tutsi. Sia la casa, la mucca, tutto. Dunque la popolazione era intossicata dai mass-media e tutto si faceva anche a partire dall’Europa, anche le difficoltà che abbiamo partono da lassù. È che molti si rifugiavano in Europa, è là dove seminano la discordia!

La popolazione non sarà tranquilla fino a quando ci saranno persone dall’esterno che invitano ancora la popolazione a battersi, attraverso i mass-media per esempio

D: L’Europa, noi, abbiamo una grande responsabilità su ciò che è accaduto!
R:
Noi avremo sempre dei problemi in quanto nei paesi più poveri i dirigenti incapaci potranno sempre rifugiarsi in Europa dopo aver commesso degli errori e non essere perseguiti, sono protetti perché hanno depositato dei soldi là. La popolazione non sarà tranquilla fino a quando ci saranno persone dall’esterno che invitano ancora la popolazione a battersi, attraverso i mass-media per esempio.