SPICCIOLI di umanità

Di Dante Balbo


Servizio Sociale: a volte, la "durezza" diventa un bene prezioso


La storia: un’arrampicata sui vetri

Un uomo sui cinquant’anni, dimesso e rassegnato, di quella attitudine che ha imparato vagando per i servizi sociali di mezza Europa, mi racconta la sua storia.

"Ho un lavoro sicuro, sono stato in vacanza in ... cioè, veramente cercavo lavoro, ma non ne ho trovato, ma un mio cugino mi ha detto che in Germania adesso c’è lavoro nel ristorante di un suo amico.
Solo che mi hanno rubato tutti i soldi a Milano, in stazione, con i documenti e devo arrivare a Stoccarda.
Sono da solo, la moglie è rimasta giù al paese, io vado a lavorare, poi anche lei arriva.
Ma se non mi presento entro domani, perdo il posto di lavoro.
Perché ci ho già lavorato in quel ristorante..."
"Mi faccia capire, ma non era un posto di lavoro nuovo?"
"Sì, ma il padrone mi conosce, perché ho già lavorato lì."
"Quanto tempo fa?"
"L’anno scorso, fino a due mesi fa."
"Ha fatto la denuncia per il furto?"
"Ma sì, che denuncia, tanto non ti dà retta nessuno! Ma guardi che i soldi glieli rimando subito, appena arrivo, cioè appena prendo il primo stipendio. A me serve solo il biglietto per andare a Stoccarda, poi la situazione si mette a posto."
"Ma perché allora è andato in Italia a cercare lavoro, se aveva un posto sicuro?
"Il fatto è che sono invalido, perché ho fatto il muratore in Francia e mi sono rovinato la schiena."
"Possiamo telefonare al datore di lavoro, oppure ha un contrato con sé?"
"No, ma quello adesso non c’è, poi quando vado su il contratto me lo fa di sicuro. Insomma, ma voi non potete aiutarmi, sono stato dal Vescovo e mi ha detto di venire alla Caritas che mi davate una mano..." il suo tono è adesso più deciso e aggressivo.
"Ha provato in Consolato?"
"Sì, ci sono già stato, ma non ti ascoltano."
"Con i parenti in Italia si è sentito?"
"Ma adesso mia moglie non c’è, perché è andata da sua sorella che ha un figlio mongoloide, per aiutarla un po’, sa come è la situazione degli istituti giù al meridione. E’ anche per quello che vado in Germania a lavorare, per aiutare la creatura!"
"Purtroppo, uno dei criteri del nostro intervento è che sia efficace e mi sembra che qui non vi sia nessuna garanzia che se noi la mandiamo in Germania possa concludere qualcosa.
"Ma io dove vado, sono anni che non lavoro, sono anche invalido e devo dare gli alimenti alla moglie...
"Un attimo, ma siete separati?"
Adesso il tono ritorna rassegnato e dimesso.
"Mi dia almeno qualche soldo per mangiare, perché sono due giorni che non prendo niente, ho dormito in stazione..."
E’ il colpo di grazia, adesso se mi rifiuto, starò male tutto il giorno, mi sentirò un verme e mi sembrerà di rinnegare la carità più spicciola, quella che non si può negare a nessuno.
Prendo il coraggio a due mani e gli dico:
"Non posso darle del denaro, Al massimo, qualcosa da mangiare ..."


Precisazioni

In una pagina abbiamo sintetizzato un colloquio che di solito dura un paio d’ore e faremmo un torto al nostro protagonista se non rimarcassimo il fatto che quelle che appaiono come contraddizioni palesi in questo riassunto, sono molto meglio gestite e necessitano di un bel approfondimento per essere smascherate.Persone come queste, con anni di esperienza di servizi sociali sono diventate progressivamente molto abili nel confezionare storie, mescolando, non tanto bugie palesi, ma imprecisioni, apparenti dettagli, che presi uno per uno sembrano insignificanti, ma che sommate fanno saltare l’intero castello costruito essenzialmente per raggranellare qualche spicciolo.
Il fatto che sia straniero è del tutto irrilevante, ai fini dell’analisi di un intervento sociale, perché la differenza fra lui e uno svizzero nelle stesse condizioni è solo che nel suo paese le coperture sociali non ci sono e quindi è costretto a sviluppare una maggior fantasia per recuperare fondi.
Lo abbiamo già scritto, ma ci sembra importante ribadire che uno dei problemi più gravi dell’occidente è la crisi dello stato sociale, non solo perché saturato dai bisogni, ma soprattutto perché incapace di rispondere realmente alle attese degli emarginati, che anzi, proprio dalla garanzia assistenziale sono penalizzati.

La constatazione di impossibilità di intervento non implica assolutamente un giudizio morale sulla persona, che non è né buona né cattiva e la cui storia non spetta sicuramente a noi giudicare.


Valutazione dell’intervento

Cosa sono pochi spiccioli? In fondo è il male minore perdere qualche franco e in questo modo avremmo potuto perlomeno alleviare la povertà immediata di un uomo che si umilia già abbastanza a chiedere soldi.
Inoltre la Caritas dovrebbe essere più cristiana ed applicare una carità che non chiede la dichiarazione dei redditi di un povero, ma elargisce di quella abbondanza di cui non è neppure proprietaria, ma distributrice.
Se non lo aiutiamo noi, sappiamo che andrà da un’altra parte e i 10 franchi, da qualcuno li otterrà lo stesso: con la scusa dell’efficienza scarichiamo su altri un problema che si era presentato a noi.
Queste sono le prime obiezioni che potrebbero nascere di fronte alla durezza di una risposta negativa come quella della nostra storia.
La risposta a questi interrogativi può essere data definendo un criterio di intervento sociale fondamentale: ogni risposta per essere nella Carità, deve essere vera.
Nel caso specifico, anche pochi spiccioli avrebbero detto a quell’uomo che l’unico modo che aveva di sopravvivere era di continuare a mentire a se stesso e al mondo intero e che per lui non c’era speranza.
Un gesto di generosità immediata, più semplice, che placherebbe quella sensazione angosciosa di impotenza, si rivelerebbe di fatto un insulto alla verità della persona che abbiamo davanti.
Rifiutargli un aiuto immediato, significa sbattergli in faccia che l’unica possibilità di uscire dalla sua situazione è cambiare radicalmente vita, cercare aiuti definitivi, uscire dalla considerazione di sé come di un’eccezione alla regola.
Se si riuscisse a ripercorrere le tappe della sua storia, si scoprirebbe che molte occasioni gli sono state date, ma costavano caro, volevano dire adattarsi, accettare di ricominciare da zero, magari a quarant’anni, o a cinquanta.
Certo, esperienze come queste, gestite con determinazione, ci pongono drasticamente confrontati con il nostro limite, con l’impotenza, con l’impossibilità di prendere a carico questa persona e seguirla sul serio.
D’altra parte, se quest’uomo si è abituato così tanto a sopravvivere così, elemosinando di servizio in servizio, di Chiesa in Chiesa, tanto da risultargli quasi impossibile pensarsi diversamente, è perché molti prima di noi hanno ceduto alle emozioni, di fatto condannandolo.
Infine, il rifiuto di intervenire è una decisione estrema e va valutata attentamente, dopo aver scartato tutte le ipotesi possibili.


In pratica

Di fronte ad una richiesta apparentemente urgente dobbiamo:
A) Ascoltare con attenzione, senza prendere tutto per oro colato, senza giudizio, ma inflessibili sulla necessità di verifica delle informazioni ricevute;
B) Proporre ipotesi alternative all’intervento diretto in denaro, di solito, inutile o addirittura dannoso;
C) Arrendersi all’evidenza dei nostri limiti, rifiutando un intervento consolatorio e pacificante.