Lavoro e DISOCCUPAZIONE: il problema dei vasi comunicanti
La disoccupazione cala, ma l’occupazione e l’economia non crescono. Dove finiscono le persone che escono dalla disoccupazione?

Di Giovanni Pellegri



Per cercare di capire la diminuzione della disoccupazione avvenuta in questi mesi utilizziamo una semplice metafora: immaginiamo di inserire tutti i disoccupati in uno scompartimento specifico e i lavoratori in un altro. I due gruppi sono evidentemente in stretta comunicazione e come avviene per i vasi comunicanti una diminuzione del numero di persone nello scompartimento dei disoccupati dovrebbe comportare un aumento di stessa ampiezza in quello dei lavoratori. Si tratta evidentemente di una lettura semplicistica perché in verità i due contenitori non sono stagni, delle fughe sono possibili, per esempio, verso l’AVS, verso l’assicurazione invalidità, o gli scambi con il mondo delle casalinghe o con quello della formazione. Tuttavia quando assistiamo a delle diminuzioni nette della disoccupazione, come quella in atto, dovremmo aspettarci, nonostante le possibili fughe, un aumento del livello degli occupati.

"Durante il periodo di disoccupazione di quali provvedimenti preventivi (programma occupazionale o corsi) hanno usufruito i disoccupati di lunga durata? All’indagine dell’OCST, il 52% dei disoccupati di lunga durata ha risposto: "Nulla!"

Questo, però, non sta avvenendo: la disoccupazione è in caduta libera, ma il tasso occupazionale non sale in modo corrispondente, anzi in Ticino scende! Nel primo trimestre del ’99 è diminuito del 2,4% rispetto ad un anno fa, piazzando il Ticino in fondo alla graduatoria e ben distanziato dagli altri cantoni. Il tasso di disoccupazione nello stesso periodo è sceso dal 6,3% al 5,8 %. Insomma la disoccupazione diminuisce, ma in Ticino non si creano nuovi posti di lavoro, anzi se ne stanno tuttora perdendo. I dati sulla disoccupazione sono pure in contrasto con quelli della crescita dell’economia elvetica che fatica a ripartire: addirittura dalla seconda metà dell’anno scorso la crescita economica sta rallentando.


Perché questo paradosso?

Le motivazioni sono due. La prima è la definizione di tasso di disoccupazione che non tiene conto del reale numero delle persone senza lavoro, come affermato dal segretario cantonale dell’OCST, Meinrado Robbiani (vedi articolo a fianco). Robbiani afferma che il fenomeno disoccupazione coinvolge un numero di persone tre volte più grande del numero ufficiale. La disoccupazione sta diminuendo, ma anche grazie ad uno spostamento statistico delle persone, che spariscono dal computo ufficiale, non perché trovano lavoro, ma perché escono dal mondo delle indennità LADI per entrare nell’universo del "non lavoro" (assistenza, invalidità, corsi e programmi occupazionali). Le porte che si possono aprire dallo scompartimento dei disoccupati sono quindi parecchie, come messo anche in evidenza dal recente studio condotto dall’OCST sulla disoccupazione di lunga durata (vedi riquadro). E’ evidente che per alcune fasce di disoccupati la porta che conduce al mondo del lavoro è molto più stretta di quelle che portano in altre contenitori, come quello dell’assistenza, del lavoro precario o del lavoro a tempo ridotto, spesso con salari inferiori a quanto percepito in precedenza.

Il secondo motivo: in Ticino si sono persi tanti posti di lavoro senza che questi abbiano inciso sul tasso di disoccupazione. I licenziamenti degli stagionali o dei confinanti (frontalieri), infatti, non incidono sul tasso di disoccupazione. Nel 1990 gli stagionali erano 5’059, nel 1998 erano solo 791, i confinanti erano 40’252, oggi sono 27’960. Questo spiega perché il tasso occupazionale sia negativo (perdita di posti di lavoro), mentre la disoccupazione non peggiora.
Il calcolo matematico è però inesorabile: tenendo conto dei confinanti e degli stagionali licenziati e sommati ai disoccupati attuali, dal ’90 ad oggi sono stati persi circa 25’000-30’000 posti di lavoro, in 10 anni il Ticino ha perso circa 12 posti di lavoro per ogni giorno lavorativo trascorso. Il fenomeno disoccupazione quindi non può più essere letto guardando unicamente il tasso presentato mensilmente dai mass-media, che dice poco o nulla sulla situazione economica reale.
Il paradosso dei vasi comunicanti si manifesta anche all’interno della nostra società dove si sta realizzando una spaccatura sociale caratterizzata da due poli distinti: i primi stanno iniziando i festeggiamenti per la scomparsa della disoccupazione, gli altri (parecchie migliaia di persone, in Ticino) cercano di convivere con una situazione cronica di esclusione dal mondo del lavoro, senza capire perché, anche con un tasso di disoccupazione nullo, rimangono sempre senza lavoro.

Un lavoro per uscire dall’emarginazione 50 persone in assistenza assunte da Caritas Ticino

Sono cinquanta le persone in assistenza attualmente assunte da Caritas Ticino all’interno del Programma Occupazionale "Mercatino" che offre per il 1999, oltre ai 114 posti annui per persone iscritte alla disoccupazione, 50 posti per persone in assistenza.

Caritas Ticino propone a queste persone delle attività lavorative utili, affinché l’utente possa essere valorizzato per quello che sa offrire, confrontandosi così, con un ambiente lavorativo normale. La misura è svolta in collaborazione con l’Ufficio del Sostegno Sociale e dell’Inserimento e permette di offrire alle persone in assistenza un lavoro e un salario per una durata massima di 12 mesi, con lo scopo di tentare un collocamento nel mondo del lavoro di persone inattive da parecchi anni. Per far questo Caritas Ticino offre delle attività con ritmi e utilità il più possibile vicini a quelli esistenti nel normale mercato del lavoro. Le attività svolte nelle quattro sedi del programma "Mercatino" (Lugano, Giubiasco, Cadenazzo, Pollegio) divenuto tra i principali raccoglitori di rifiuti elettrici (160 tonnellate), frigoriferi (4’000 pezzi) e tessili (1’000 tonnellate) del Cantone oltre ad uno dei più importanti produttori di pomodori del Ticino. La proposta lavorativa, sebbene limitata nel tempo, è, di fatto, un trampolino di lancio per le persone escluse da parecchi anni dal mercato del lavoro, affinché possano tentare di uscire definitivamente dall’assistenza. Infine la proposta si rivela un’ultima, ma preziosa, spiaggia per le persone con più difficoltà, che possono riacquistare attraverso un lavoro utile la dignità di uomini capaci di dare ancora un contributo attivo alla società.