Messaggio finale del Congresso Mondiale dei Movimenti Ecclesiali
"Ognuno di noi, pur nella diversità dei nostri carismi, sente su di sé una responsabilità totale"




1. Che cosa hanno rappresentato questi giorni passati, quale passo hanno costituito per noi e per le nostre comunità? Innanzi tutto lo stupore per il cambiamento vissuto da tanti uomini e donne, la cui vita è stata condotta a una consapevolezza, a una libertà, a una capacità di azione che prima non potevano immaginare. Siamo poi più consapevoli di cosa significhi "movimento": il dinamismo stesso della vita del cristiano nella sua sequela di Gesù e nel rapporto con la realtà. Abbiamo vissuto una comunione vera, consapevoli delle nostre diversità, ma soprattutto del grande orizzonte missionario che si apre davanti a noi. Segno di questo sono state tra noi le persone del Cardinale Ratzinger e degli altri vescovi Motivo di particolare speranza è stata poi la presenza dei delegati fraterni di altre confessioni cristiane.

2. Ma soprattutto guardiamo a questi tre giorni che abbiamo passato assieme nella luce dell'incontro che avverrà in Piazza San Pietro. Così come questo nostro Congresso si è svolto all'interno dell'anno di preparazione al Grande Giubileo dedicato in modo particolare allo Spirito Santo, allo stesso modo l'incontro di domani avviene nella vigilia della festa di Pentecoste. Lo Spirito Santo, infatti, dono del Figlio di Dio fatto uomo, mandato dal Padre nel Suo nome (Gv 14, 26) rappresenta il dono definitivo che Gesù fa di sé agli uomini di ogni tempo e di ogni latitudine. Egli è il fondamento della Chiesa nella sua realtà sacramentale, oggettiva, e nello stesso tempo suscita negli uomini che l'accolgono la recettività di tale dono. Come è stato più volte ricordato in questi giorni, principio petrino e principio mariano si richiamano l'un l'altro e permettono a noi di vivere l'esperienza della Chiesa come avvenimento che ci supera e ci precede e nello stesso tempo come fatto che viene incontro a noi, proponendosi alla nostra libertà, mettendola in movimento.

3. Siamo stati convocati dal Papa non solo per l'incontro di Piazza San Pietro, ma anche per questi giorni di lavoro comune. Questo non è il primo incontro fra i Movimenti; altri convegni lo hanno preceduto e soprattutto abbiamo avuto modo di conoscerci, di pregare, cantare e vivere assieme nelle Giornate Mondiali della Gioventù e in tante occasioni nelle nostre Diocesi. Ma questa singolare convocazione, che si compie nel ventesimo anno di pontificato di Giovanni Paolo II, sta a significare un legame particolare tra la sua persona, soprattutto la sua ansia missionaria, e la realtà delle nostre persone e comunità. Di qui nasce un ringraziamento dei tutto particolare dei diversi Movimenti al Santo Padre. Egli ha incoraggiato e sostenuto i singoli Movimenti ecclesiali, li ha voluti incontra re e conoscere da vicino, e non ha fatto mai mancare la sua parola e la sua benedizione. Guardando a lui, tutti noi abbiamo imparato, in questi venti anni, che cosa vuole dire passione per la gloria d Cristo e per gli uomini con cui viviamo. I Lui si è singolarmente manifestata e s manifesta una sintesi tra compito istituzionale ed espressione carismatica di esso che ha permesso a noi stessi di comprendere meglio la nostra vocazione.

4. Proprio nel suo Magistero di questi anni troviamo le linee fondamentali di una sintesi anche di ciò che abbiamo ascoltato in questi giorni. Nel messaggio autografo in cui il Papa ha voluto rivolgersi a noi all'inizio dei nostri lavori, Egli stesso ha ripreso due espressioni usate in precedenti testi, che possono costituire come il prisma ottico in cui raccoglier le parole che ci siamo dette ed abbiamo ascoltate. Tali espressioni oggi, però dopo questi giorni, giungono a noi con una profondità nuova, rivelando la loro profetica ricchezza. Ricordiamole assieme. "La Chiesa può dirsi in un certo senso essa stessa movimento", è la prima di queste espressioni. "La coessenzialità tra la dimensione istituzionale e la dimensione carismatica della Chiesa", è la seconda. Riflettendo su ciò che abbiamo ascoltato, comprendiamo ora meglio che il nostro volto è strettamente definito, anzi originato, da una sola parola, da una sola realtà, la missione di Gesù, missionario del Padre in mezzo agli uomini. "Come il Padre ha mandato me, così io mando voi" (Gv 20, 21). Non è questa la ragione del fascino che la persona di Gesù presente ha esercitato sui fondatori delle nostre comunità e nello stesso tempo la ragione del fascino che tali fondatori hanno rappresentato per noi? La parola "missione" non ha innanzi tutto per noi il significato di un dovere da compiere, né di una azione da organizzare; la missione innanzi tutto è l'esperienza di Cristo presente qui ed ora che giunge a noi attraverso il dono di uomini che il Suo Spirito ha scelto rendendo la loro vita significativa e affascinante, riflesso di quel fascino inesauribile che la persona di Cristo ha per l'uomo che lo riconosce e lo accoglie.

5. È alla luce della missione della Chiesa che comprendiamo il nostro oggi e la storia passata. Comprendiamo come la Parola, il Sacramento e I'Apostolicità si siano resi soggettivamente persuasivi attraverso doni carismatici che hanno rinnovato la vita di tante Chiese e della Chiesa secondo la felice espressione che abbiamo ascoltato: "hanno reso evento la presenza di Cristo" nella comunione vissuta. Non c'è dunque nella Chiesa una dialettica tra dimensione oggettiva e soggettiva, ma un rapporto organico, una unità pluriforme che costituiscono il volto della Chiesa nella storia. L'evento di Cristo si propone alla nostra libertà come evento nell'oggi della nostra vita: "l'amicizia che Lui ha annodato intorno a sé si è propagata fisicamente nel tempo e nello spazio giungendo sino a noi". Questa è la tradizione della Chiesa (traditio) come un fiume di vita nella storia del mondo che ci ha raggiunti per raggiungere altri uomini attraverso di noi.

6. Nello spirito della nuova Pentecoste che ci è donata in questo tempo, sentiamo più forte quella unità che nasce tra i discepoli nell'essere un cuore solo e un'anima sola. Questa concordia è una forza per i movimenti che lo Spirito chiama ad essere testimoni in un mondo così diviso e segnato dalla violenza.

7. Ognuno di noi, pur nella diversità dei nostri carismi e per ciò nella varietà delle loro espressioni, sente su di sé una responsabilità totale che impedisce alla nostra esistenza di chiudersi in un compito settoriale. Sentiamo come primari la responsabilità all'educazione, cioè alla vicinanza agli altri uomini perché dall'interno delle loro esistenze, delle loro esigenze più profonde, siano introdotti all'incontro con la realtà e con il suo Significato, sperimentandolo nelle responsabilità quotidiane. Qui trova la sua origine anche un'educazione al lavoro come luogo dell'espressività primaria dell'uomo, della sua responsabilità verso i fratelli e partecipazione all'opera del Creatore.

8. La nostra vita è stata spalancata fin agli estremi orizzonti del mondo. "La carità di Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per tutti ... perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per Colui che è morto e risuscitato" (2 Cor 5, 14 15). Così sentiamo la nostra vita definita dalla prima Beatitudine: "Beati i poveri (Mt 5, 3), beati quelli che non pongono resistenza all'opera di Dio nella loro vita "Beati gli operatori di pace e coloro che amano la giustizia", quella vera che nasce dalla carità. È lo Spirito di carità che spinge ad aprire il cuore ad ogni uomo a, percorrere insieme la strada verso la verità e l'unità, perché il Vangelo del Risorto sia annunciato e testimoniato con forza nel nuovo millennio.