NEL MONDO COMUNICATORI DI SPERANZA
Il messaggio di Giovanni Paolo II per la XXXII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali




Cari fratelli e sorelle,

1. In questo secondo anno dei tre che ci conducono al Grande Giubileo dell'anno 2000, rivolgiamo la nostra attenzione allo Spirito Santo e alla sua azione nella Chiesa, nella nostra vita e nel mondo. Lo Spirito è "custode della speranza nel cuore dell'uomo" (Dominum et vivificatem, n.67). Per questo motivo, dunque, il tema della XXXII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali è "Sorretti dallo Spirito, comunicare la speranza".

La Speranza con la quale lo Spirito sostiene i credenti è soprattutto escatologica. È speranza di salvezza, speranza del cielo, speranza di perfetta comunione con Dio. Tale speranza è, come afferma la lettera agli Ebrei, "un'ancora della nostra vita, sicura e salda, la quale penetra fin nell'interno del velo del santuario, dove Gesù è entrato per noi come precursore" (Eb 6, 19-20).


2. Tuttavia la speranza escatologica che dimora nel cuore dei cristiani è profondamente legata alla felicità e alla realizzazione in questa vita. La speranza del cielo la suscita un'autentica preoccupazione per il benessere degli uomini e delle donne qui e ora. "Se uno dicesse io amo Dio e odiasse suo fratello, è un mentitore; chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1 Gv 4, 20).

La redenzione, con la quale Dio sana il rapporto fra divino e umano, va di pari passo con il risanamento dei nostri rapporti reciproci; e la speranza scaturita dalla redenzione si basa su questa duplice guarigione.

Per questo è tanto importante che i cristiani si preparino al Grande Giubileo dell'alba del Terzo Millennio rinnovando la propria speranza nell'avvento finale del Regno di Dio e anche leggendo in maniera più attenta i segni di speranza nel mondo che li circonda. Fra questi segni di speranza vi sono: i progressi scientifici, tecnologici e in particolare medici al servizio della vita umana, una maggiore consapevolezza della nostra responsabilità verso l'ambiente, sforzi per ripristinare la pace e la giustizia laddove sono state violate, il desiderio di riconciliazione e di solidarietà fra i popoli, in particolare nell'ambito del complesso rapporto fra il Nord e il Sud del mondo. Anche nella Chiesa vi sono molti segni di speranza, fra cui un più attento ascolto dello Spirito Santo che suggerisce l'accettazione di carismi e la promozione dei laici, un impegno più profondo per l'unità dei cristiani e un crescente riconoscimento dell'importanza del dialogo con altre religioni e con la cultura contemporanea. (cfr. Tertio millennio adveniente, n.46).


3. l comunicatori cristiani trasmettono una speranza credibile se essi per primi la sperimentano nella propria vita, e ciò accadrà soltanto se saranno uomini e donne di preghiera. Rafforzata dalla Spirito Santo, la preghiera ci permette di esser "pronti sempre a rispondere a chiunque" ci "domandi ragione della speranza che è in noi" (1 Pt 3,15). È così che il comunicatore cristiano impara a presentare il messaggio d speranza agli uomini e alle donne del nostro tempo con la forza della verità.


4. Non si deve mai dimenticare che la comunicazione trasmessa attraverso i mezzi di comunicazione sociale non è un esercizio utilitaristico volto semplicemente a sollecitare, persuadere o vendere. Ancor meno essa è un veicolo per l'ideologia. I mezzi di comunicazione sociale possono a volte ridurre gli esseri umani a unità di consumo o a gruppi di interesse in competizione fra loro, o manipolare telespettatori, lettori e ascoltatori come mere cifre dalle quali si attendono dei vantaggi, siano essi legati a un sostegno di tipo politico alla vendita di prodotti; sono queste cose a distruggere la comunità. La comunicazione ha il compito di unire le persone e di arricchire la loro vita, non di isolarle e di sfruttarle. I mezzi di comunicazione sociale, utilizzati in maniera corretta, possono contribuire a creare e a mantenere una comunità umana basata sulla giustizia e sulla carità, e, nella misura in cui lo fanno, divengono segni di speranza.


5. I mezzi di comunicazione sociale sono di fatto il nuovo "Areopagus" del mondo di oggi, un grande forum che, operando al meglio, rende possibile lo scambio di informazioni autentiche, di idee costruttive, di valori sani e in tal modo crea comunità. Ciò a sua volta sfida la Chiesa, nel suo approccio alle comunicazioni, non solo a utilizzare i mezzi di comunicazione per diffondere il Vangelo, ma anche a inserire il messaggio evangelico nella "nuova cultura" creata dalla comunicazione moderna, con i suoi "nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici" (Redemptoris missio, n. 37).

I comunicatori cristiani devono ricevere una formazione che permetta loro di operare efficacemente in un ambiente di comunicazione di questo tipo. Tale formazione dovrà includere: una formazione nelle abilità tecniche, una formazione nell'etica e nella morale, con particolare attenzione ai valori e alle norme importanti per l'attività professionale, una formazione nella cultura umana, nella filosofia, nella storia, nelle scienze sociali e nell'estetica. Tuttavia, prima di ogni altra cosa, essa dovrà essere formazione alla vita interiore, la vita dello Spirito.

I comunicatori cristiani devono essere uomini e donne di preghiera, una preghiera colma di Spirito; uomini che entrino sempre più profondamente in comunione con Dio per accrescere la propria capacità di promuovere la comunicazione fra gli esseri umani. Devono essere formati nella Speranza dallo Spirito Santo, "l'agente principale della nuova evangelizzazione" (Tertio millennio adveniente, n.45) per poter comunicare speranza ad altre persone.

La Vergine Maria è il modello perfetto della Speranza che i comunicatori cristiani cercano di suscitare in se stessi e di condividere con gli altri. Maria "ha portato a piena espressione l'anelito dei poveri di Jahvé, risplendendo come modello per quanti si affidano con tutto il cuore alle promesse di Dio" (Tertio millennio adveniente, n.48). Mentre la Chiesa intraprende il suo pellegrinaggio verso il Grande Giubileo, ci rivolgiamo a Maria, il cui ascolto profondo dello Spirito Santo ha aperto il mondo al grande evento dell'Incarnazione, fonte di tutta la nostra speranza.

Dal Vaticano, 24 gennaio 1998, festa di San Francesco di Sales.




Tuttavia, l'interesse prevalente della Chiesa per questi strumenti non s'ispira alle loro potenzialità di predicazione diretta, ma piuttosto alla loro azione globale sull'uomo e sul mondo odierno, l'uno e l'altro oggetti e fine anche della sua presenza ed azione tendenzialmente globale. Stampa, cinema e radio-televisione fanno e sono la "cultura" dell'umanità odierna, cumulando e livellando quanto dagli individui e dai gruppi viene acquisito, appreso e trasmesso; investendo e rappresentando la totalità della vita sociale, inducendo forme comuni del vivere, del pensare, dell'agire; sempre più avanzando sull'azione propriamente magisteriale-educativa svolta in passato quasi esclusivamente dalla famiglia, dalla scuola e dalla Chiesa.

In questa situazione, l'interesse della Chiesa va, in primo luogo, alla quantità e alla qualità dei contenuti che vengono comunicati dagli strumenti, e poi anche al modo proprio di comunicare degli stessi, secondo che vi rilevi fattori più o meno favorevoli ad un autentico ed integrale perfezionamento dei singoli e della società.

Quel che la Chiesa auspica è che i contenuti delle "comunicazioni sociali" rispettino sempre l'uomo nella sua integrale realtà esistenziale umana. Perciò che "l'informazione, nel suo contenuto, sia sempre vera e, fatte salve la giustizia e la carità, anche intera"; che nelle opere di ingegno o di arte si ricorra pure "alla narrazione, descrizione e rappresentazione del male morale ..., che può indubbiamente contribuire ad una più profonda conoscenza ed analisi dell'uomo, ed a manifestare ed esaltare lo splendore del vero e del bene, oltre che a creare più felici effetti drammatici"; e che in ogni caso, anche "mediante l'uso di questi strumenti, si formino e prevalgano opinioni rette" (cfr. Inter Mirifica nn. 5,7 e 8).

Gli strumenti della comunicazione sociale sono qualificati dal Magistero come "meravigliose invenzioni, doni di Dio, frutto dell'ingegno umano". In definitiva la Chiesa li ritiene culturalmente e moralmente ambivalenti, la loro utilità e i loro danni o pericoli dipendono dall'uso o dall'abuso che se ne fa. Infatti "con soddisfazione essa riconosce che questi strumenti, se convenientemente usati, costituiscono un prezioso sostegno per il genere umano.

Sa, infatti quanto efficacemente contribuiscono a sollevare gli animi e ad arricchire le menti ... Ma sa pure che gli uomini possono ... volgerli a proprio danno e rovina; anzi è in lei il vivo dolore per i danni che il loro cattivo uso ha troppo spesso causato all'umanità ...; perciò ritiene suo dovere guidare gli uomini a farne buon uso" (cfr. Inter Mirifica nn. 1, 2 e 3).

A questo proposito è interessante rilevare l'evoluzione della prassi pastorale della Chiesa circa le "comunicazioni sociali"; nel secolo passato, rispetto alla stampa, la Chiesa si preoccupò soltanto dei contenuti pericolosi insistendo, come fece per i libri, nel proibire o dissuadere la divulgazione e la lettura; prassi che fu possibile dal momento che la società era, nel suo complesso, religiosamente omogenea. La stessa prassi la adottò con il cinema, ma in tempi recenti, la prassi pastorale più che dall'isolamento dai pericoli esterni si mostra sempre più sollecita alle difese interne dei promotori e dei ricettori delle "comunicazioni sociali".

Ciò in conseguenza di tre dati di fatto: la società è sempre più pluralista, anche religiosamente; l'avvento di strumenti di comunicazione di rapido consumo; la crescita della cultura da livelli minimi a livelli medi e di conseguenza un generalizzato senso di autosufficienza critica.

In pratica l'odierna pastorale della Chiesa in merito alle "comunicazioni sociali" punta a creare le condizioni oggettive per assicurarne un "uso retto": la formazione. Dei loro promotori: a conoscere ed a padroneggiare con senso di responsabilità sociale le prestazioni degli strumenti per poi "regolare i propri interessi economici, politici ed artistici in modo da non andar mai contro il bene comune" (cfr. Inter mirifica n. 11), ma soprattutto ed in ogni caso, formazione adatta e specifica, teorica e pratica, dei ricettori, dato che di fatto "comunicazioni sociali di ogni tipo, contenuto e qualità sono messe alla portata di ricettori di qualsiasi età e livello culturale"; così che essi siano resi capaci di "scelte sempre libere e responsabili ..., di comprendere bene e a fondo quanto vedono, leggono o ascoltano ... e darne giudizi oggettivamente motivati" (cfr. Inter mirifica nn. 9, 10 e 16).

L'lnter Mirifica (n. 18) auspica che "al fine di rendere più efficace il multiforme apostolato della chiesa con l'impiego degli strumenti di comunicazione sociale, ogni anno in tutte le diocesi, a giudizio dei vescovi, venga celebrata una "giornata" nella quale i fedeli siano istruiti sul loro dovere in questo settore, invitati a speciali preghiere per questo scopo e a contribuirvi con le loro offerte. Queste saranno debitamente destinate a sostenere le iniziative e le opere promosse dalla chiesa in questo campo, secondo le necessità dell'orbe cattolico".

Come in ogni borgo, anche nel villaggio globale gli abitanti, per diventare grandi, devono avere dei riferimenti visibili: forse con il satellite al posto del campanile, la Chiesa sarà sempre in mezzo alla piazza.