POLLICINO E IL SENTIERO NASCOSTO
Il servizio sociale di Caritas Ticino si rinnova, sul sentiero difficile della Carità

Di Dante Balbo



Pollicino era il tredicesimo di una famiglia numerosa, una realtà quasi scomparsa nei paesi occidentali, tanto che famiglie come la sua si guadagnano le prime pagine dei giornali, quando vengono scovate da qualche cacciatore della compagnia dei media. Il padre e la madre, visto che non avevano un servizio sociale a cui rivolgersi, condussero lui e i suoi fratelli nel folto del bosco, sperando che si perdessero e non pesassero più sul bilancio famigliare. Ma Pollicino sentì tutto quello che i suoi progettavano, e s'ingegnò per ritrovare la strada di casa. Lasciò cadere lungo il sentiero dei sassolini bianchi che brillassero alla luce della luna per guidarlo nel ritorno. Ci volle la luna amica e splendente nel cielo e bisognò camminare con gli occhi a terra, passo dopo passo, cercando fra le foglie e i rami del sottobosco il brillio tenue dei sassi, senza confonderlo con quello di altre pietre non gettate da lui. Fu un lavoro lungo e paziente, ma alla fine Pollicino arrivò a casa. La storia è ancora lunga e i genitori non si rassegnarono al primo tentativo, ma qui si fermala nostra metafora. Questa infatti è la situazione di Caritas in generale e del servizio sociale in particolare, quando deve cercare il sentiero per realizzare la sua vocazione al servizio della persona e alla carità.


IL BOSCO


Per chi non conosce il mondo dell'intervento sociale e dei servizi che sono a disposizione e non è abituato a contattarli anche una breve deviazione dal cammino tracciato della sua vita può sembrare la caduta in un intrico impossibile da sciogliere. Per questo uno dei compiti essenziali del servizio sociale di Caritas Ticino è la consulenza, per indirizzare ed aiutare i nostri utenti a rivolgersi a tutte quelle strutture e servizi che possono essere utili alla soluzione dei loro problemi. Il primo passo per questo è avere un quadro il pìù completo possibile della situazione delle persone che si rivolgono a noi. Spesso ad esempio si scopre che hanno già fatto i passi necessari e devono essere solo sostenuti perché i tempi di risoluzione non sono quelli che si aspettavano. Uno dei principi che guida l'azione del nostro servizio è favorire l'autonomia della persona, alla quale preferiamo fornire strumenti di orientamento, piuttosto che sostituirci in compiti che può svolgere da sola. È vero che un bosco è sempre un bosco, intricato e con un suo linguaggio di segni e di indizi da trovare. Inoltre è vivo e al suo interno i sentieri cambiano e gli alberi crescono, muoiono, fanno frutti o foglie. Anche Caritas è un pezzo di questo bosco e cambia nel tempo, in relazione alle disponibilità di risorse e ai problemi che individuiamo come di volta in volta più rispondenti alla nostra vocazione di servizio agli ultimi. Al suo interno stesso, il servizio sociale si trasforma, per diventare sempre più efficiente ed efficace. Sempre di più ad esempio, il servizio sociale si globalizza, evitando le inutili settorializzazioni e lavorando come un'equipe che decide insieme gli interventi e distribuisce il lavoro ai suoi operatori in relazione alle loro specifiche competenze. Il servizio sociale, come molte attività di Caritas Ticino, si rinnova continuamente in relazione ai cambiamenti sociali e alla sua sempre rgil.re comprensione del ruolo che può giocare per meglio servire la persona. Inevitabilmente si trova al centro di polemiche, soprattutto da parte di chi vorrebbe che la Caritas continuasse a fare elemosina spicciola, senza pretendere di intervenire alla radice del bisogno, ma limitandosi a tirare fuori la gente dai guai. L'esperienza ci insegna però che questo modo di procedere, ammissibile sul piano dell'impegno personale, non è né serio, né rispondente alla nostra vocazione sia di operatori sociali, sia di cristiani.


LE TRACCE

I segni per comprendere in che direzione andare al servizio della persona non sono semplici da trovare, e spesso il mondo cambia più in fretta della nostra testa. In un mondo in cui solidarietà e conoscenza reciproca erano un fatto di costume o di necessità più che di scelta, carità ed elemosina spesso coincidevano, per cui quando una persona arrivava alla Caritas aveva bisogno di un sostegno che altrove non aveva trovato e si trattava di un sostegno temporaneo e di lieve entità. Oggi i poveri, che qui da noi forse hanno anche uno stipendio, hanno bisogno di informazione, più che di soldi, di aiuto burocratico, più che di contributi in denaro. Anche per noi sarebbe più facile aprire la borsa e placare la nostra coscienza con qualche centinaio di franchi, piuttosto che frugare nella vita della gente, per trovare gli agganci per questa o quella soluzione. In questo caso il nostro non sarebbe un servizio sociale, ma un dispensario di illusioni dalla vita breve e il mondo è pieno di maghi che ne vendono a caro prezzo. Meglio ad esempio affrontare la dura realtà del fatto che la situazione di una persona è mutata e non può più
vivere con il tenore di vita precedente, dandole una mano, se lo desidera, a gestirsi con i mezzi che ha, piuttosto che coprire i suoi debiti aspettando che torni da noi fra qualche mese con la stessa situazione o più grave ancora. Tutto ciò non significa che Caritas non interviene più con aiuti in denaro, perché il problema non è quello dello Stato di tagliare le spese sociali, oggi sotto accusa come maggiori responsabili del deficit pubblico, per presentare un bilancio in pareggio. Il problema, per noi non è essenzialmente economico, perché la carità è una questione di sovrabbondanza e non di ripartizione delle risorse, ma di crescere nel servizio, cercando di aiutare le persone nel miglior modo possibile a diventare quello che sono chiamate ad essere per dignità. Un contributo economico quindi non è escluso, ma è il frutto di una scelta d'equipe, che tiene conto di tutte le variabili in gioco in una determinata situazione, compresa la scelta di Caritas di sussidiarietà (vedi riquadro) nei confronti di altri servizi e la necessità di non illudere nessuno con soluzioni apparentemente facili, ma false e pericolose. Se per noi le scelte sono difficili e le tracce non sempre chiare, per chi ci osserva dall'esterno è ancora più problematico comprendere il nostro modo di agire, che si costruisce giorno per giorno attraverso l'esperienza di molte situazioni diverse. Alcuni ci accusano di usare male i soldi della solidarietà che riceviamo, spesso confondendo servizi e prestazioni di Caritas con gestione di denaro pubblico, attribuendoci cose che non ci riguardano o dimenticando cose che facciamo. L'unico modo che i fratelli di Pollicino avevano per ritrovare la strada era di stare molto vicino a lui. L'unica maniera per fare chiarezza, è seguirci da vicino, senza pregiudizi. La nostra scelta di favorire l'informazione attraverso la rivista, la televisione, internet, la radio, i nostri punti di vendita e i nostri uffici è proprio pensata a questo scopo: poter offrire di noi un'immagine il più trasparente possibile, per chi la vuole trovare, e dialogare con tutti per trovare insieme la strada di casa.


LA CASA

La casa a cui tornare è sempre la stessa: "l'uomo e la sua ricchezza, negata e schiacciata ad ogni istante." Oggi in occidente non esistono più gli schiavi, male schiavitù non sono diminuite e si travestono da libertà e diritto. Nel coro delle voci che insegnano la deresponsabilizzazione e la rassegnazione ai meccanismi dello stato assistenziale, fino a fornire l'eroina a chi desidera continuare a rovinarsi con le proprie mani, noi cerchiamo di opporre la strada più difficile della ritrovata dignità, della riconquista della responsabilità personale e del giudizio su di sé e sul mondo.


AVERE O ESSERE

E questo il nodo più difficile da sciogliere nel nostro lavoro sociale, perché spesso le persone che arrivano da noi trattano il nostro servizio come sono state abituate a trattare tutto il resto del mondo, un dispensatore di cose o di soldi. Il nostro rifiuto di questo ruolo scandalizza, offende e fa dubitare persino della nostra coerenza evangelica. Fatto salvo che la coerenza evangelica è un dono, sempre da chiedere e di cui certamente non abbiamo il monopolio, ci rendiamo conto che questo modo di pensare è il frutto di una idea semplicistica e storicamente datata, sia della carità, sia di un servizio sociale veramente efficace.


IL BISOGNO VERO

Il problema infatti è che per essere aiutati il primo passo e il più difficile è riconoscere il nostro bisogno di aiuto, che quasi sempre non si risolve ottenendo delle cose, ma accettando che qualcuno possa camminare con noi, per consentirci di ritrovare il sentiero che ci porta realmente fuori dal bosco.


RITROVIAMO LE RADICI

Al fondo di questa scelta nel servizio della persona non c'è un'ideologia o un progetto sociale per la crescita di individui più funzionali alla società contemporanea, ma un'esperienza di salvezza personale che ci ha fatto riscoprire anzitutto la nostra dignità, e, di conseguenza, quella di chiunque si rivolga al servizio sociale di Caritas Ticino. Questa esperienza di salvezza è un incontro con una persona che è stata capace di cambiare la nostra vita e che sta a fondamento della stessa esistenza di Caritas Ticino: Gesù Cristo, centro e salvatore del mondo e della storia, più concreto di ogni ideale, più vero di ogni verità personale o collettiva.


NON SALVATORI, MA COMPAGNI DI VIAGGIO

Quando interveniamo come servizio sociale, quindi, non siamo noi a salvare nessuno, perché Qualcuno lo ha già fatto per noi e prima di noi, mostrandoci la nostra dignità di figli di Dio, ma come Pollicino cerchiamo insieme ai nostri fratelli la strada del ritorno, verso una casa accogliente e più umana.


NON È MISTICA DA QUATTRO SOLDI, MA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Non sto proponendo una nuova via mistica, come soluzione dei problemi sociali, perché il nostro misticismo è lo stesso della dottrina sociale della Chiesa che al centro pone l'uomo, via e meta del suo cammino, tradotto, almeno come ideale, nell'esperienza quotidiana di un servizio sociale, cristianamente orientato.

…. Disfunzioni e difetti nello Stato assistenziale derivano da un'inadeguata comprensione dei compiti propri dello Stato. Anche in questo ambito deve essere rispettato il principio di sussidiarietà: "una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità ed aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune (Cf.Pio XI, Lett. Enc. Quadragesimo anno). Intervenendo direttamente e deresponsabilizzando la società, lo Stato assistenziale provoca la perdita di energie umane e l'aumento esagerato degli apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche più che dalla preoccupazione di servire gli utenti, con enorme crescita delle spese. Sembra, infatti, che conosce meglio il bisogno e riesce meglio a soddisfarlo chi è ad esso più vicino e si fa prossimo al bisognoso. Si aggiunga che spesso un certo tipo di bisogni richiede una risposta che non sia solo materiale, ma che ne sappia cogliere la domanda umana più profonda. Si pensi anche alla condizione dei profughi , degli immigrati, degli anziani o degli malati ed a tutte le svariate forme che richiedono assistenza, come nel caso dei tossicodipendenti: persone tutte che possono essere efficacemente aiutate solo da chi offre loro, oltre alle necessarie cure, un sostegno sinceramente fraterno.

Centesimus Annus n. 48