Democrazia primo passo verso lo sviluppo

Di Marco Fantoni


Regolarmente appaiono rapporti di istituzioni internazionali che ci propongono lo stato della popolazione mondiale, la sua povertà, il suo sviluppo, gli ammalati di AIDS, i bambini lavoratori, le bambini sfruttate dalla prostituzione, i bambini soldato. Abbiamo regolarmente dato spazio a queste relazioni e testimonianze ed anche in questo numero proponiamo il Rapporto ONU 2002 sullo stato della democrazia nel mondo.

Il rapporto 2002 del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) ha elaborato un’analisi sullo stato della democrazia nel mondo, giungendo alla conclusione che la riuscita dello sviluppo è sia un affare politico, sia economico. Si afferma, come la riduzione duratura della povertà necessiti di una crescita equilibrata, ma anche di un potere politico per i poveri. Per raggiungere questi scopi il mezzo migliore è ritenuto, senza perdere di vista l’obiettivo dello sviluppo umano, la messa in pratica di modelli di governi democratici solidi e profondamente radicati in tutti gli strati della società.
Questo approccio, sempre stando al rapporto, resta controverso in quanto, a detta di alcuni detrattori, nei Paesi in via di sviluppo si tende ad essere troppo disordinati e troppo soggetti a manipolazioni e ad abusi per poter garantire la stabilità e la continuità indispensabili alle riforme sociali ed economiche di grande respiro.
Il rapporto a queste critiche risponde punto su punto. In primo luogo ritiene che se si sviluppasse un vero dibattito sulle politiche e sulle pratiche più consone ad assicurare la crescita economica, i regimi democratici non arrossirebbero dei loro risultati economici di fronte ad altre forme di governo. Riuscirebbero meglio a rispondere alle priorità sociali, soprattutto davanti a delle crisi o a dei cambiamenti che colpirebbero prima di tutto i poveri.
Un aspetto ritenuto pure essenziale, è la partecipazione democratica, chiave dello sviluppo, considerato non solo uno dei suoi risultati.


L’efficacia della governabilità

Il messaggio centrale del Rapporto afferma come l’efficacia della governabilità è la chiave dello sviluppo umano e per trovare delle soluzioni durature, bisogna liberarsi da visioni limitate per immergersi, prima possibile, nella politica democratica, nel senso più ampio del termine. Non si pensa alla democrazia come quella praticata in un determinato paese o da un particolare gruppo di paesi, ma piuttosto ad un insieme di princìpi e di valori essenziali che permettano ai poveri d’avere, attraverso la partecipazione, accesso alla situazione, rimanendo protetti da azioni arbitrarie ed irresponsabili dello Stato, delle multinazionali e di altre forze operanti nella società.
Il bisogno dunque di creare una situazione in cui le istituzioni ed il potere siano strutturati e ripartiti in modo da dare realmente la parola ed un posto ai poveri e che creino dei meccanismi che obblighino i potenti, dirigenti politici, imprese ed altri attori importanti a render conto del loro operato.


Cambiano i sistemi, ma non le persone

Emerge dal rapporto una consolante constatazione e cioè che il ventesimo secolo, per la prima volta nella storia, ha rivelato come la maggioranza dei paesi del globo siano democratici.
Può, in effetti, essere considerata una magra consolazione visto lo stato di ancora molte, troppe nazioni che si barcamenano in situazioni che non rispettano i più elementari diritti delle persone. Dal diritto alla vita (Svizzera compresa) ai diversi sfruttamenti che la persona umana subisce nelle sue fasce d’età. Le notizie che i mass media ci propongono giornalmente, anche se con sfumature differenti, ci confermano che il lavoro da intraprendere è ancora molto.
Dopo il crollo del Muro di Berlino alla fine degli anni ’80, nei Paesi dell’Est si è vista, da parte di governanti e cittadini, la corsa ad un “mondo nuovo”, a forme di democrazia che si avvicinassero a quelle dell’Occidente. Ma spesso le persone a capo dei governi sono le medesime che in precedenza avevano diretto le sorti del Paese col sistema comunista. Come dire, il lupo cambia il pelo ma non il vizio. Capita poi che dall’Occidente si tenti di copiare il sistema e a volte si colgono gli aspetti negativi di quello che nelle nostre democrazie è proposto. Oppure nazioni africane, con potenzialità enormi (si pensi a Paesi come il Congo con i giacimenti di diamanti) che sono stati, oppure lo sono attualmente, diretti da dittature o persone che riuscivano, grazie ad appoggi, occidentali o dell’ex blocco sovietico a mantenere la propria popolazione sotto controllo, attraverso la forza ed il mantenimento dell’ignoranza, non fornendo le più elementari prestazioni scolastiche.
Di fronte a queste situazioni diventa importante il comportamento di ogni individuo rispetto alla nostra vita quotidiana occidentale. Il primo fatto è quello di non ragionare in termini locali: “Cosa possiamo fare noi così lontano da questi popoli e senza influenza alcuna sui poteri locali?”.
Evidentemente non abbiamo una possibilità diretta per influenzare le politiche socio-economiche di Paesi terzi. Possiamo però, indirettamente, essere attenti a quello che succede altrove (premesso che l’informazione che ci giunge sia oggettiva e corretta) ed agire di conseguenza. Si pensi all’acquisto dei prodotti del commercio equo, che permettono a lavoratori e lavoratrici del paese di provenienza del prodotto di ricevere un salario giusto per il lavoro prestato. All’evitare di favorire aziende che effettuano affari scorretti (verificati) con Paesi in via di sviluppo. Sostenere quelle associazioni che operano per un vero sviluppo della dignità della persona e perché no, sostenere politicamente, anche da noi, coloro che si prodigano per uno sviluppo sostenibile delle popolazioni nei Paesi terzi.


Chi più paga, più comanda

Per quanto riguarda ancora il Rapporto UNDP dove si parla di efficacia della governabilità quale chiave per lo sviluppo umano, penso si possa condividere il principio. Lo si può paragonare al buon rapporto all’interno di una famiglia oppure al buon funzionamento di una società che si prefigge di creare lavoro attraverso un’attività attenta ai bisogni dei propri collaboratori e dell’ambiente in cui opera. Per fare questo è necessario avere delle basi solide di rapporti sia familiari sia societari, dove i princìpi e i valori non lascino spazio a sbavature che coinvolgano interessi esterni e controproducenti ad uno sviluppo serio e duraturo del nucleo familiare e societario.
Lo stesso all’interno di un governo, spesso abituato a cedere a destra e a manca davanti ad offerte finanziarie; la corruzione, in diversi paesi, è ancora il pane quotidiano da una parte, e la rovina del paese dall’altra. È per questo che l’efficacia della governabilità deve contribuire all’abbandono di quelle visioni limitate di cui parla il rapporto per dare spazio ad una politica democratica in tutti suoi aspetti. Una parte importante la possono fare soprattutto i governi occidentali che spesso e volentieri hanno tutto l’interesse a non favorire cambiamenti. Per maggiore chiarezza è dunque auspicabile che anche Rapporti in questo senso vengano proposti da organizzazioni come l’ONU, anche se c’est l’argent qui fait la guerre.
Nella tabella uno spaccato della situazione mondiale rispetto alla democrazia, dove emergono alcuni dati che ne chiarificano l’andamento a livello mondiale. Anche qui si evidenzia come nei grandi organismi le Nazioni più potenti hanno sempre l’ultima parola e questo non sempre è segno di possibilità di miglioramento.

Fonti: www.undp.org