I nuovi perseguitati

Di don Giorgio Paximadi


Se in 2 millenni sono stati calcolati circa 70.000.000 di cristiani uccisi per la loro fede, ben 45.500.000 (circa il 65%) sono martiri del XX secolo.

Se questi dati sono veri, e provengono tutti da agenzie specializzate e da fonti che siamo abituati a definire “autorevoli”, ed abbondantemente citate dal libro di A. Socci I nuovi perseguitati, che sta facendo parlare di sé in queste settimane, non si può che rimanere perplessi. Ci si potrebbe aspettare che la comunità internazionale passi il suo tempo a chiedere scusa ai cristiani per questo evidente tentativo di farli scomparire dalla faccia della terra; che si intentino cause miliardarie per far restituire ai colpevoli almeno parte dei proventi sanguinosi di tanta strage.

Certamente, penseremmo, di un così grande orrore sono pieni i libri di testo delle scuole; i bambini, fin dalle elementari, ne sono edotti; si insegna loro a deprecare le ideologie che hanno portato a tanto; ad ammirare la forza d’animo di coloro che hanno subito la morte per non rinnegare ciò in cui credevano. Poi ci guardiamo intorno: nelle nostre città (almeno quelle italiane), piene di “Vie Martiri della Libertà” e di “Piazza Matteotti” (tutte persone rispettabilissime e degne del più grande onore, ben s’intende), dove sono i “Viali Martiri cristiani della Rivoluzione messicana”? Mentre il nome sinistro di Auschwitz è e rimarrà – giustissimamente – sinonimo di obbrobrio per qualsiasi essere umano, se qualche consiglio comunale decidesse di intitolare una piazza, che so io, “Piazza Solovki”, chi saprebbe che in questo lager sovietico – prima della rivoluzione uno splendido monastero – furono uccise in modo bestiale decine di migliaia di persone per il solo delitto di professare la fede in Cristo? La cosa è nota, notissima, ma solo agli specialisti. I bambini, della storia della Chiesa, devono conoscere solo le leggende nere, crociate, inquisizione e quant’altro, frutto spesso anch’esse, almeno nel modo in ci vengono normalmente presentate, di una storiografia lontana dall’oggettività e dalla comprensione storica. Ma del gran macello dei cristiani nel secolo appena concluso, nulla: tutto coperto, velato; non è trendy parlarne in società. Si rischia di passare per oscurantisti, contrari al dialogo (soprattutto se si tratta di vittime morte per mano islamica). E quando ti dicono, con un’espressione tra il sorpreso e il disgustato: “ma allora… tu non vuoi il dialogo!!!”, l’unica possibilità è coprirsi il capo di cenere e tacere, rossi di vergogna.
Ce n’è uno, a dire il vero, che non ha mai avuto il problema di essere trendy ed ha sempre avuto il coraggio di dire le cose chiaramente. Il papa non si è mai fatto scrupolo del fatto che certe beatificazioni e canonizzazioni (e probabilmente siamo appena all’inizio), fossero poco simpatiche ai mass media, come quelle dei martiri del Messico o di quell’altra grande mattanza di cristiani che fu la guerra civile spagnola. Ma, si sa, il papa è vecchio e ormai non capisce più niente. E poi ha sempre avuto la “canonizzazione facile”, dicono certuni che, pur di sparare sulla Chiesa, non esitano ad assumere le vesti dei puristi, e a lodare quel buon tempo antico in cui questi riti erano un evento assolutamente eccezionale.


Una voce a denuncia delle tragedie cristiane

Il libro di Socci che vorrei presentare all’attenzione dei nostri lettori, è un contributo, scarno ed essenziale, ma ben documentato, su questo sconcertante problema: la censura assoluta – in campo tanto laico che cristiano – su questo angoscioso ma anche glorioso capitolo di storia della Chiesa. Paradossalmente si potrebbe credere che, dopo la caduta del comunismo in Europa (la precisazione “in Europa” è necessaria, visto che in altre regioni del mondo quest’ideologia sanguinaria è viva e vegeta, e comunque in numerosi parlamenti europei continuano a sedere, e con non poco peso politico, persone che si fregiano di tale titolo), siano venute meno le motivazioni per tacere della strage dei cristiani, comunque ancora in corso in modo massiccio. Invece, come sottolinea Socci “l’indifferenza di tanti – specialmente del ceto intellettuale – è divenuta quasi insofferenza negli anni Novanta, nei quali – caduto il comunismo in Europa – ci si è convinti che definitivamente fosse venuto meno il martirio della Chiesa”.
Vale la pena di riportare alcune delle cifre fatte da Socci, per invogliare ad approfondire un argomento tanto sconvolgente, precisando che lo studio citato da Socci (la World Christian Encyclopedia, della Oxford University Press) non intende “martire” nel senso stretto di “persona canonizzata come tale”, ma piuttosto come “un credente in Cristo, in una situazione di testimonianza, che perde la sua vita prematuramente come risultato dell’ostilità di altri uomini”.

Martiri nel XX secolo (1900-2000): 45 milioni e 400 mila.
Martiri dal 1950: 13 milioni e 300 mila.
Media annuale dei martiri dal 1950: 278 mila all’anno.
Martiri degli anni recenti: 171 mila all’anno.
Martiri del 2000 (l’ultimo anno del secolo): 160 mila.

Nel libro di Socci vengono passate in rassegna le principali stragi commesse a danno dei cristiani nel XX sec., a partire da quella della rivolta dei Boxers, in Cina proprio nei primi mesi del secolo (il papa ha recentemente inserito nel calendario universale – alla data del 9 luglio – la memoria di S. Agostino Zhao Rong e compagni, martiri, nella quale si celebrano i 118 martiri di questa persecuzione finora canonizzati, ma il numero totale dei morti fu più di 30.000), per passare al genocidio degli armeni perpetrato da quella Turchia che ora desidera l’ingresso nell’Unione Europea (circa un milione e mezzo di morti), alle allucinanti barbarie della rivoluzione messicana e della guerra civile spagnola. Il nazismo, è noto, si macchiò anch’esso di persecuzioni gravissime ai danni della Chiesa, e le figure di S. Massimiliano Kolbe e di S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) sono lì a ricordarcelo, come capifila di una schiera di numerosi cristiani (6400 circa solo gli ecclesiastici) uccisi in quanto seguaci di una fede considerata “prodotto giudaico”. Il comunismo, con i suoi milioni di cristiani uccisi per la fede, è stato – ed è – così sanguinario che risulta difficile negarlo anche ai minimalisti più accaniti. Ma certamente il capitolo di attualità più scottante è quello delle persecuzioni nei confronti di cristiani attuate da mani islamiche.


Per una reale presa di coscienza

Certamente può spiacere, nel metodo adottato da Socci, il fatto che egli citi i versetti del Corano più violenti sulla guerra santa verso gli infedeli; “il Corano – si dirà, e giustamente – contiene anche appelli alla misericordia ed alla tolleranza”. Tuttavia occorre dire chiaramente che questi testi esistono, ed hanno grandissima influenza sul pensiero islamico. In altri termini, se è impossibile fondare un obbligo alla guerra santa basandosi sul Vangelo, quest’operazione risulta grandemente facilitata se si prende il Corano come scritto ispirato. In ogni caso da un lato il problema della compatibilità dell’islam con il sistema democratico è gravissimo, dall’altro si leva sempre più alta la voce dei cristiani oppressi, torturati ed uccisi in moltissimi paesi musulmani. E tutto questo purtroppo accade, ancora una volta, senza suscitare alcuna reazione da parte di molte organizzazioni cristiane, che, in nome di un malinteso dialogo, finiscono per non rendersi conto del pericolo ormai sovrastante. La documentazione addotta da Socci su questo argomento è davvero impressionante, non tanto sul problema delle stragi contro i cristiani (il caso del Sudan, su cui vengono addotte testimonianze raccapriccianti è gravissimo e purtroppo non isolato), quanto sull’atteggiamento irenistico, irrealista e pavido che molte élites cristiane – ed anche le organizzazioni internazionali – assumono quando si toccano questi fatti.
Semen est sanguis Christianorum – “il sangue dei cristiani è seme di nuovi cristiani”, diceva uno scrittore antico. Il martirio, che la tradizione antica considerava la “via facile” a confronto con la rude ascesi monastica, non spaventa dunque il cristiano. Il parlare dei martiri del XX secolo non è perciò fonte di disperazione, ma anzi di speranza: testimonia la vitalità di quella fede nata da un Uomo torturato ed ucciso perché testimoniava il suo rapporto con il Padre. Raccontare dei martiri è dunque un modo molto efficace per riprendere le ragioni della nostra fede. Se infatti a noi cristiani d’occidente è risparmiata la testimonianza del sangue, almeno per il momento, ciò accade perché noi possiamo trarre dalla testimonianza dei fratelli che soffrono un motivo in più per apprezzare quella fede che abbiamo ricevuto con il Battesimo e che è troppo spesso solo un dato sociologico. Il martirio dei fratelli è dunque un dono grande che lo Spirito ci fa.