Un ciclo di tre conferenze promosse dalla Pastorale giovanile diocesana in collaborazione con la Facoltà di Teologia di Lugano. Una sintesi dei contributi dei relatori è andato in onda a Caritas Insieme TV il 11.5.2002

Cattolici, diritti umani e politica

Di Cristina Vonzun
Coordinatrice diocesana di Pastorale Giovanile


La pastorale giovanile diocesana ha proposto nel mese di aprile un ciclo di conferenze dal tema “Democrazia e valori”. Le tre serate hanno avuto come relatori professori che operano presso la Facoltà di Teologia di Lugano. Questi sono il prof. Guzman Carrichiri sottosegretario del Pontificio Consiglio per i laici, il prof. Paolo Pagani, docente di Filosofia all’Università di Venezia e il prof. Giorgio Campanini, docente di Filosofia Politica all’Università di Parma e per diversi anni anche di Insegnamento sociale all’Università del Laterano a Roma.

Con il Professor Carrichiri abbiamo discusso di diritti umani e democrazia, ponendogli alcune domande. Se lei dovesse fare un’analisi della democrazia oggi, quali elementi potrebbe indicare come conquiste raggiunte e consolidate e quali punti invece costituiscono delle piste di lavoro?
In positivo direi che siamo in un’ondata di estensione della democrazia liberale nel mondo. Dal 1989 al 1992 crolla il comunismo e si conclude, per certi versi, il secolo dei grandi totalitarismi. Questo apre una fase di legittimazione, di universalizzazione dei sistemi democratici. Oggi, per la prima volta nella storia, la maggior parte degli uomini è sotto regimi di questo tipo. Bisogna tuttavia pensare, dopo gli attentanti terroristici dell’11 settembre, i tremendi spiragli di violenza in Terra Santa, la guerra dichiarata al terrorismo a livello mondiale, focolai di violenza sparsi in molti paesi, regimi liberticidi ancora esistenti, che nulla risulta essere acquisito una volta per tutte. Nulla è irreversibile nella storia. Da un lato vi è un lungo processo per universalizzare veramente la democrazia come convivenza pacifica all’interno delle nazioni e nell’ordine internazionale e dall’altro le nuove condizioni di vita, di sviluppo tecnologico, di globalizzazione a livello del mercato mondiale richiedono un ripensamento e una rifondazione di tale regime.

La domanda sul fondamento della democrazia ci interpella quando in gioco sono posti i diritti umani. Ad esempio, non è contraddittorio affermare costituzionalmente il diritto alla vita e poi introdurre la soluzione dei termini o affermare la libertà di scegliere l’educazione dei figli e poi non sostenere le famiglie che scelgono un insegnamento diverso dalla scuola di stato?
Non basta affidare la democrazia a regole procedurali, alle regole del gioco, come viene fatto da certe teorie neocontrattualistiche che spostano la questione del fondamento. La democrazia deve essere salda. Per affondare le radici nella terra, in una storia di un popolo, di una nazione, bisogna avere dei fondamenti forti e certamente il rispetto e la promozione dei diritti della persona umana è uno di questi fondamenti. Il problema nasce quando nella democrazia fondata sul contratto, i diritti umani vengono sottoposti al gioco delle maggioranze e delle minoranze. I diritti umani sono il segno della dignità della persona. Se questa dignità è semplicemente qualcosa di retorico, in fondo diventa chiacchiera. Se invece questa dignità è radicata nell’essere della persona, nella natura stessa della persona allora diventa qualcosa di fondamentale, di irrinunciabile. La persona deve custodire ciò che la costituisce nella sua dignità. Non c’è un fondamento più radicale e eccelso della dignità della persona umana, e dunque dei suoi diritti, che l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Se ogni uomo è immagine di Dio allora per ogni uomo la sua dignità è qualcosa di sublime da rispettare in ogni caso, che diventa misura del valore, criterio per ogni politica e per ogni vero progresso. Se non si percepisce un vero fondamento alla persona umana, i diritti rimangono come convenzione del potere. Invece i diritti umani non sono convenzione o concessione del potere ma sono radicati nell’essere, nella natura della persona. Lo Stato deve rispettare e promuovere la persona aiutandola concretamente a crescere nell’ordine di tali diritti: questo corrisponde alla realizzazione della sua dignità e al vero esercizio di questi diritti.

Secondo lei oggi, che rapporto esiste tra il laicato cristiano e gli insegnamenti sociali della Chiesa ?
Viviamo in un pontificato che a partire dalla missione religiosa che le è propria si pone al cuore delle grandi tensioni e lacerazioni, affrontando le sfide della grande politica a livello mondiale e abbiamo anche un insegnamento sociale della Chiesa rinnovato. Oggi occorre educare e far crescere una generazione di cristiani saldi nella propria fede, convinti per esperienza propria che la fede e l’incontro con Cristo è la risposta più adeguata ai desideri e alle speranze di libertà, di giustizia, di verità, di umanità, di felicità nella vita personale e nella vita collettiva. Solo a partire da questa esperienza personale uno si appassiona per la vita e il destino di coloro che incontra e questo è come il motore che muove l’esistenza e che genera un impegno, una responsabilizzazione per la propria vita e per la vita altrui. E poi si richiede una formazione cristiana, una formazione all’insegnamento sociale, una competenza culturale, per saper affrontare le questioni di una società complessa come quella nella quale viviamo. E’ necessario che le comunità cristiane siano come dimore che abbracciano la vita dei cristiani e li sostengono accompagnandoli nei loro impegni, alimentandoli e aiutandoli a vivere sempre più profondamente la fede come novità.

Si può affermare che questa cultura sostanzialmente nichilista, basata sul divertimento e che politicamente si appoggia sul proceduralismo e strutturalismo, che sono due modalità in cui asetticamente si vuole costruire un’etica di sole regole del gioco, possa trovare nell’etica del dono, la testimonianza di una solidarietà che allarghi gli orizzonti oltre la procedura per guardare il volto dell’altro che ho davanti a me?
Certamente, contro ogni cultura conformista, relativista, l’etica del dono è la strada. Tuttavia anche l’etica del dono se non è sostenuta da un amore più grande di quello delle nostre misure a volte diventa moralismo. Si tratta di vivere e poi trasmettere l’esperienza di quell’amore più grande per il quale la mia vita viene abbracciata con totale gratuità, con una modalità infinita, quella di Cristo che ha dato la vita per me.

Il prof. Pagani ha affrontato il tema “esistenza personale e diritto alla vita”. La bioetica oggi si muove tra principi diversi che sono il riflesso della multiculturalità, del relativismo etico, delle interpretazioni scientifiche e tecniche dei dati.
Per esemplificare diciamo che al concetto di natura, di persona, di individuo, di autonomia, di vita vengono attribuiti significati diversi a partire dal variare dei presupposti. Questo panorama frastagliato fa assumere come inevitabile, l’impossibilità di una proposta razionale che sappia definire unitariamente il volto umano e il senso di bene e vero in relazione alla giustizia. Da questo presupposto si articola il proceduralismo per cui la giustizia è data dal rispetto delle definizioni ma non dal rapporto con un contenuto veritativo.

Il Prof. Pagani, muovendosi su un piano strettamente razionale ha cercato di confutare questa rassegnazione epistemologica.
Il convergere infatti, di molti argomenti validi e concordanti sulla natura umana, può essere una via per uscire dalla situazione contraddittoria odierna in cui la giustizia può credersi neutrale nei confronti di bene e male. L’osservazione scientifica testimonia come il soggetto del concepimento abbia fin dall’inizio una individualità autonoma (di una autonomia relativa come quella di ogni uomo naturalmente dipendente dagli altri), con una struttura unitaria che ne dirige lo sviluppo secondo i principi di coordinazione, continuità e gradualità. Ferma la conclusione che siamo davanti ad un soggetto umano in divenire, si apre l’altra problematica, ovvero se sia persona o meno. La storia, anche recente, è ricca di esempi in cui alcune categorie di individui umani non sono stati riconosciuti persone e dunque erano privi di diritti. La stessa logica selettiva è applicata per definire la persona a partire dallo sviluppo cerebrale e dalla capacità concettuale. Ma si può definire la persona a partire da manifestazioni esterne? In fondo è chiaro che anche l’adulto che dorme non manifesta apparentemente segni di comunicazione eppure sappiamo tutti che è persona. Queste e altre considerazioni contribuiscono a costituire validi argomenti che tendono ad escludere che si possa isolare in un qualsiasi momento dello sviluppo, la persona dalla natura, quasi che la prima sia giustapposta alla seconda in un momento successivo e la natura sia un dato eticamente neutrale.

Al professor Giorgio Campanini, è stato affidato il compito di illustrare i connotati dell’impegno politico della comunità cristiana.
Il presupposto è nel radicamento nella storia quale prova dell’autenticità della fede cristiana. Cristo incarnato vuole una Chiesa presente alla realtà del mondo, come indicano anche i testi del magistero sociale. L’attuale difficile rapporto tra i cristiani e la politica ha le sue radici storiche: la fine di una società di ispirazione cristiana e la constatazione del crescente tasso di secolarizzazione.
Per ripartire occorre proporre un nuovo terreno di incontro tra cattolici e società anche al di là di una presenza politica organizzata in partito, aprendosi ad una politica di umanizzazione della società, seguendo due piani: la partecipazione politica e una presenza nel civile e nel sociale. In questo senso la comunità ecclesiale è chiamata ad animare la realtà attraverso la “profezia” del costante richiamo ai valori della politica, svolgendo un responsabile compito formativo del cristiano-cittadino per la costruzione di una società più giusta.

Queste conferenze sono state un tentativo a cui ne seguiranno altri, per interrogarci da cristiani sui fondamenti della democrazia, dei diritti umani, dell’impegno sociale e sul contributo del pensiero cattolico alla politica. Saremo sempre più spesso chiamati ad esprimere le nostre opinioni in questioni fondamentali di etica sociale e economica, di bioetica e di altre importanti questioni. Se crediamo che esista una modalità cristiana e cattolica di collaborare su questi temi per il bene della nostra società, occorre anche offrire dei criteri, non solo alle giovani generazioni, ma anche al mondo adulto. Il cristiano e il cattolico non possono solo pensare alla fede come ad un ambito di “ricarica spirituale intrinseca”. La spiritualità, quella dei mistici è stata sempre accompagnata dall’azione. Uomini come La Pira, Dossetti, lo stesso Luigi Sturzo, erano in primo luogo uomini di fede, la cui esperienza religiosa li ha mossi verso un impegno politico. Tra i giovani gli esempi di Frassati e Federico Ozanam sono due casi emblematici e da noi in Svizzera lo stesso Nicolao della Flüe, in cui coesistevano esistenza mistica e azione politica.