Orfanotrofio di S. Nicola: non solo “bambini da salvare”, ma un progetto di speranza da seminare
Adozione: l'accoglienza passa anche per la Siberia

Di Dante Balbo


Cara suor Barbara, tu sarai sempre nel mio cuore e grazie per avermi trovato una famiglia. Buon Natale.” Così scriveva per Natale un bambino siberiano che presto diventerà svizzero, alla direttrice del suo orfanotrofio, dove è stato per qualche anno. Chi ha seguito la sua adozione è il nostro servizio di Caritas Ticino, che grazie ai contatti con la Caritas di Novosibirsk ha conosciuto anche l’orfanotrofio di S. Nicola e in esso ha scoperto ben più di un ospizio per orfani.


Fiori di speranza

L’est europeo è terra di desolazione, famosa sui media per il suo degrado, dopo la caduta del regime. Eppure in questa terra, nascono anche fiori di bellezza, angoli di sensibilità, che contraddicono questa immagine e camminano contro corrente.
E’ il caso della casa di S. Nicola, gestita dall’ordine della Carità di santa Elisabetta d’Ungheria, che alla cura dei bambini unisce un progetto per formare uomini ricchi di qualità personali e di appartenenza ad una società civile autentica, nascosta sotto la polvere e i cocci del comunismo, ma viva nella speranza delle suore e della Caritas.
Suor Barbara Reybus, direttrice dell’orfanotrofio e superiora dell’ordine della Carità è stata nostra ospite, durante una visita ad una famiglia adottiva e ci ha raccontato di questa esperienza straordinaria, soprattutto se si considerano le condizioni in cui si realizza.


All’Est non crollano solo muri o regimi

Il problema dei bambini di strada, in Russia e anche in Siberia, ha assunto proporzioni di vera e propria epidemia. La povertà, qui in Occidente è difficile da immaginare, perché laddove esistano problemi economici, lo stato sociale è forte. Perciò quando parlo di ragazzi abbandonati dalle loro famiglie, spesso incontro occhi increduli o, al massimo, cenni di benevolo assenso che nascondono il profondo disagio.
Bisogna però capire che in Russia con il regime è crollata l’intera struttura protettiva del grande Stato Padre. La povertà è qualcosa di più della semplice mancanza di soldi, è incapacità di pensare le stesse strutture economiche, il modo stesso di funzionamento del mercato. Forse le risorse ci sono, ma prima ancora di potervi accedere bisogna immaginarlo e in 70 anni di comunismo, la gente ha disimparato anche come cercarle. Per chi vive in queste condizioni, non è certo il problema educativo dei figli la questione principale.
Poi c’è l’alcolismo, il modo più semplice per stordirsi e dimenticare la fatica di vivere e il degrado dei costumi, laddove per decenni è mancato un tessuto educativo. Infine, bisogna considerare la potenza del gruppo, la necessità che i bambini hanno di organizzarsi per sopravvivere, costruendosi dei modelli, quando non sono gli adulti a fornirli. La strada, le sue leggi, diventano allora il modello, la famiglia, il nucleo potente che attrae i ragazzi abbandonati dalle loro famiglie. Vi sono allora ragazzi che non si riescono neppure a tenere in una struttura protetta, perché si sentono più custoditi dal gruppo di appartenenza e fuggono come se imprigionati, ogni volta che si tenta di portarli in un istituto, per tornare alla loro casa: la strada.
Il problema ha assunto proporzioni così preoccupanti che il governo Putin ha dovuto occuparsene emanando una legge per la protezione dell’infanzia.


Siberia, non solo neve e lupi

Si potrebbe pensare che questa situazione riguardi unicamente le grandi città, come Mosca o San Pietroburgo, che soffrono dei mali di qualsiasi metropoli. Ma questo è un inganno. A Novosibirsk, una città di due milioni di abitanti ci sono venti orfanotrofi, con una popolazione che varia dai cinquanta ai centosettanta ragazzi. Si tratta quindi di circa duemila giovani, da 0 a 20 anni, che hanno bisogno di una famiglia, nel senso più pieno del termine. La maggior parte di questi istituti sono statali, con tutti i problemi delle istituzioni dello stato: difficoltà nella reale gestione dei ragazzi, mancanza di un vero e proprio progetto educativo. Questo è così vero che ormai la fama dei giovani usciti dagli orfanotrofi statali è di piccoli delinquenti, emarginati e irrecuperabili.


Potenza della televisione e tribunali che funzionano

Il termine “orfanotrofio”, in realtà, è impreciso, perché da un lato è vero che i bambini che sono negli istituti sono abbandonati, ma effettivamente molti di loro hanno entrambi o uno dei genitori ancora vivi. Nella casa gestita da suor Barbara ad esempio, non c’è attualmente neanche un orfano in senso stretto. Una bambina viene segnalata come abbandonata in ospedale, non si sa da chi, non ha documenti, l’età è stabilita approssimativamente attraverso gli esami medici e lei non sa quasi parlare, se non per dire il suo nome.
L’orfanotrofio se ne prende cura per qualche mese, quando la televisione arriva e, nell’ambito di un servizio sul Natale negli istituti cattolici, filma per caso la nuova ospite. La madre, nel frattempo ospite delle patrie galere, riconosce la sua bambina e non appena esce di prigione va a cercarla. Si scopre che è tossicodipendente e che ha portato la figlia in ospedale durante una grave crisi ed essendo stata subito arrestata, non ha potuto occuparsene. La faccenda finisce in tribunale e la bambina è sì riconosciuta come figlia della signora, ma subito le è tolta per essere affidata all’istituto che l’ha ospitata nel periodo precedente, in quanto inaffidabile.
Storie come queste, non sono un’eccezione, ma il tragico ordinario della vita di molti bambini siberiani, ci conferma suor Barbara: “Per questo, quando sono arrivata a Novosibirsk, è stato subito chiarissimo che dovevamo muoverci con un orizzonte ben più ampio della custodia dei bambini soli.”


Un albero si vede dai frutti, ma solo se ha buone radici

I semi di bene, a volte, dormono nella terra della storia per molto tempo e hanno radici lontane. Per comprendere questa filosofia bisogna risalire al dopoguerra, quando Stalin deportò tre milioni di tedeschi in Siberia, dimenticandosi di loro.
Ne abbiamo già parlato su questa rivista e a Caritas Insieme TV, quando abbiamo dato spazio alle babuscke, le nonnine tedesche che hanno conservato la fede per cinquant’anni senza un prete, in Siberia.
I legami con la loro terra di origine non si sono spezzati del tutto e i loro figli sono tornati in Germania, da dove è scattata la solidarietà che ha permesso la nascita e la costruzione dell’Istituto di S.Nicola. Dentro queste radici di comunione, di cristianesimo scritto nelle mura stesse della casa è nata la sensibilità che ha portato l’orfanotrofio ad organizzarsi come una famiglia. L’istituto è stato valutato come un esempio da seguire a partire dalla sua stessa struttura architettonica. E’ stato costruito con il contributo della Caritas tedesca, una parrocchia di Francoforte della Germania Est, lo ha concretamente ideato. Una volta costruita, la casa è stata donata alla diocesi di Novosibirsc.


In una famiglia ogni figlio è unico

I bambini hanno una camera per due e per ogni due stanze c’è un bagno. Se sono fratelli naturalmente stanno insieme. Vi sono poi sale per il gioco e lo studio, una grande mensa e un campo sportivo. Aggiunge suor Barbara con orgoglio che i bambini hanno le biciclette e i monopattini come in occidente. Potrebbe sembrare il solito sfoggio di lusso per ricchi cattolici e invece è il segno di una dignità rispettata, di un modo di concepire la relazione educativa che traspare da ogni parola, da ogni gesto della Madre superiora.
Certo la solidarietà della Germania Est ha consentito la costruzione di una casa a misura di bambino e lo Stato ne finanzia il mantenimento, ma il resto, gli stipendi dei 18 collaboratori, educatori e personale amministrativo, escluse le sei suore della congregazione, è dono della Provvidenza.
Nell’istituto ogni bambino è considerato unico, ci sono 12 bambini in età prescolastica, ma anche giovani fino a vent’anni, che si stanno formando per diventare doganieri, insegnanti, educatori che vogliono restituire all’istituto il bene ricevuto. Si innamorano, festeggiano i compleanni con gli amici della scuola, chiamano le suore “mamma”, si arrabbiano e, a volte, se ne vanno, per tornare alla strada dalla quale sono venuti.
L’estate frequentano la colonia, con il contributo dello Stato, mentre ogni mattina vanno a scuola, all’asilo, per tornare la sera o il mezzogiorno, per il pasto, come in ogni famiglia che si rispetti.
Per scelta l’istituto non ha una scuola interna, perché i ragazzi siano ragazzi della città, figli della terra in cui sono nati, cittadini di domani.


Una città per cinque giusti

Il valore di questa scommessa, che ogni giorno le suore e i collaboratori della casa fanno contro il mare di degrado sociale della Siberia, dimenticata e assopita sotto il gelo del lungo inverno russo, non si misura certo in successi singoli, ma nel suo significato di segno profetico, di indicatore di rotta, del quale persino le autorità si stanno accorgendo.
I loro ragazzi, cresciuti senza domani, senza una meta, imparano a non commettere gli errori dei loro genitori, non dal moralismo, ma dal clima di famiglia reale che sperimentano ogni giorno nella Casa di S.Nicola.
Le suore sanno che la loro opera è una goccia nel mare, che per un bambino strappato alla strada altri dieci si aggiungeranno alla processione dei disadattati, ma come Abramo scommettono con Dio, per la salvezza della città intera, mettendogli davanti il valore anche di uno solo di loro, per il quale sarà valsa la pena di spendere la vita.


La speranza calca le scene di Mosca

Per questo scopo, se eccezionali sono le condizioni del disagio, straordinari devono essere anche gli interventi educativi. Allora ecco l’arte del teatro, una delle proposte ricreative più efficaci e interessanti del nutrito pacchetto di proposte per il dopo-scuola dei giovani ospiti dell’Istituto S.Nicola.
“Abbiamo iniziato con il teatro e non immaginavamo di andare così lontano” - racconta la direttrice, non senza compiacimento materno. “L’anno scorso, infatti, il nostro gruppo teatrale ha messo in scena Cenerentola. Abbiamo partecipato ad una selezione che ci ha portato con altri 40 gruppi fino a Mosca. E’ stata per i bambini un’esperienza straordinaria, con il viaggio in aereo, la piazza Rossa e tutto il resto. Molti figli della Siberia hanno gli armadi pieni di fallimenti, di una generazione che li ha preceduti e che ha perso la bussola. Arrivare secondi a quel concorso è stato finalmente un successo, la prova che anche loro hanno qualcosa da dire e da dare agli altri, che possono farcela, che non sono inutili.
Perciò quest’anno ci riproviamo, con Pinocchio, la storia di un bambino che non si rassegna ad essere un burattino e che, sotto la maschera di legno del monello, del ragazzo di strada, nasconde un desiderio di casa, di Padre.”
Si avverte in suor Barbara la gioia, ma anche il distacco, perché il teatro, il campo sportivo, le regole della casa o l’attenzione verso la società esterna, sono solo strumenti, mezzi per tentare di restituire ai suoi ragazzi quello che a loro è effettivamente mancato: una vera famiglia, forse addirittura più vera di molte famiglie dei nostri figli del beato occidente.
Tornano alla mente le immagini degli orfanotrofi dell’Est o di tutti quei paesi che devono lottare per il pane quotidiano e il contrasto è ancora più impressionante.
Eppure quello che cambia non sono le risorse, sempre poche apparentemente, ma lo sguardo che queste suore e questi educatori hanno sui loro ragazzi, che con la potenza della Carità, riesce a sfamare cinquemila persone con cinque pani, o a fare crescere giovani uomini e donne capaci di pensare…

Dettagli sull’orfanotrofio S.Nicola

L’orfanotrofio di S.Nicola accoglie 50 ospiti, dai 2 ai vent’anni. La maggioranza di loro hanno fra 8 e 14 anni, 12 sono in età prescolare, mentre 5 frequentano le scuole superiori.
Anche se molti di loro hanno almeno uno dei genitori ancora vivente, il 70% dei ragazzi è effettivamente adottabile. Altri, invece, o sono troppo adulti, oppure sono in affidamento temporaneo, perché i genitori sono carcerati o ricoverati in casa di cura. Sono ospitati anche bambini con problemi, che necessitano di cure e o di scuole speciali.

Caritas Ticino ha già collaborato con la Caritas di Novosibirsk per gestire un’adozione verso la Svizzera e ha inoltrato una domanda per ottenere l’autorizzazione ufficiale ad operare come intermediario per questa regione della Russia.