Missionari nella notte

 

Di Cristina Vonzun



Mentre mi aggiravo con alcuni amici, verso le tre del mattino dello scorso capodanno attorno al capannone di Bellinzona ho assistito all’immancabile spettacolo di giovani e adulti che popolano in queste occasioni festaiole le vie della città. Tra loro erano tanti ragazzi sotto i quattordici anni. Diverse persone erano accasciate negli angoli dell’Autosilo in preda a conati di vomito, altri “fatti” gironzolavano “rintronati” per le viuzze circostanti il centro, altri ancora, stavano distesi,  davanti alle vetrine cittadine.

 

Questo quadro è consueto quando tira aria di festa in capitale, e quando si vive la notte dei Sabati feriali magari passando per una discoteca. Consueto è soprattutto incontrare molti ragazzini e ragazzine. Questi ragazzi dai 12 ai 14 anni, non sono giovani perduti e neppure appartengono a categorie sociali marginali. Sono i ragazzini che incontriamo qualche volta (più o meno raramente) a Messa nelle nostre parrocchie. Vanno a scuola, li incrociamo sotto la pensilina del bus, al muretto, si ritrovano al McDonald’s, praticano uno sport,  ascoltano musica, giocano al campetto di basket, vengono al catechismo della cresima, dopo la quale, scompaiono dall’orizzonte ecclesiale alla velocità della luce. Hanno un nemico da affrontare quando sono lì a gironzolare: la noia. I loro idoli sono le bande dei più grandi, quelli già motorizzati, oppure il mito del divertimento notturno che gli viene trasmesso dagli adulti e non di rado dagli stessi genitori. Hanno il modello del giovane con la tipa e il tipo che vale perché “carino”, con i jeans alla moda e i capelli impalati e pitturati, magari che si fa le canne. Per uscire con i grandi farebbero e fanno di tutto. E i giovani ventenni, così facendo si rimorchiano le ragazze quattordicenni. Questi ragazzi non si formalizzano sull’età di chi incontrano, l’importante è che ci sia un dialogo diretto, senza maschere, sincero. Vagano alla ricerca del volto di colui che potrebbe essere un punto di riferimento per la loro vita, per parlare con lui, parlare tantissimo, raccontargli di tutto. In questa vita, fatta come un cocktail multicolore, si mischiano il divertimento che non perché notturno deve essere malvisto, l’altruismo, una generosità spesso bella e capace di gesti degni di eroi a trasgressione esagerata, a voglia di sempre nuove esperienze al di là del bene e del male, a ricerca di oltrepassare il limite (che comunque ai loro occhi non appare come tale).

 

 

Luoghi informali e informali

 

La  vita non la decidono più nei luoghi istituzionali che la società fornisce in modo preiscatolato, ma in quelli che vengono definiti dai sociologi i “luoghi informali”, dove liberamente si riuniscono e vivono: lì decidono e fanno le esperienze “significative” (quelle che costituiscono il bagaglio personale e che segnano inevitabilmente per sempre: dalla compagnia, alle abitudini belle e brutte, al rapporto con l’altro sesso, a “cosa farò da grande”). Questi ragazzi non vivono a Milano, Roma, Torino, bensì a Lugano, nelle Valli, a Bellinzona, a Locarno, eccetera. E la Chiesa dove si trova? Sanno che esiste, è il posto dove si va ogni tanto a Messa e dove “bisogna” fare la cresima. In qualche parrocchia,  c’è il gruppo giovani che per loro è solo il luogo dove si radunano “quelli della chiesa”. Detto tutto ed esaurito qui.  Sono pieni di irrequietezza manifestata e alimentata dal continuo vagare da un’esperienza all’altra. Se ti capita di riuscire a tirarli ad un momento particolarmente significativo e bello, allora tornano a casa contenti e quello che hanno vissuto gli resta addosso, appiccicato come un’etichetta, insieme a tante altre, comprese quelle che raccolgono nella notte.

 

 

Animazione di strada

 

Con alcuni amici  condivido da circa un anno una presenza nei luoghi informali (quelli descritti sopra) vicino ai minorenni. Per questo sono andata a Livorno dove si è tenuto un convegno, indetto dalla locale diocesi e dall’ufficio giovani della Conferenza episcopale italiana dal tema: ”l’animazione di strada, ovvero educare alla fede nei luoghi informali”. Il discorso veniva proposto a livello multidisciplinare: sociologi, docenti specializzati in scienze dell’educazione, specialisti di teologia pastorale, educatori, vescovi. La partecipazione è stata folta, dalla Sicilia alle Alpi. La Chiesa italiana, da circa un decennio sta affrontando il problema, inizialmente con l’incoraggiamento dato dai vescovi, a più riprese, ad aprire nuove modalità di evangelizzazione. Il Santo Padre, all’indomani dell’incontro di Tor Vergata, ha, a sua volta, insistito su queste piste. La distanza Chiesa – mondo giovanile è stata chiaramente definita al convegno come distanza di linguaggio, di stile, di luoghi. Ovvero, dove c’è la Chiesa non ci sono i giovani e viceversa. Occorre pertanto una forte conversione riguardo al metodo di approccio e di presenza, senza inventare qualcosa di nuovo, ma riscoprendo un’attenzione indicata nel Vangelo stesso: Gesù, ad esempio, incontra la Samaritana al pozzo, Matteo al banco delle imposte, … la strada è stata il luogo della predicazione di Cristo e i luoghi informali sono di gran lunga superiori a quelli formali in tutto il Vangelo. Questo non significa che i luoghi formali siano da scartare, essi restano come uno dei due polmoni che deve caratterizzare l’agire pastorale: luoghi di forte comunione a cui fanno seguito luoghi di forte missione per una rinnovata comunione. Occorre tuttavia interrogarsi su come sviluppare questa presenza e questa identità missionaria del cristiano. Sono diverse le proposte esplorate: dall’animazione culturale, ovvero quella degli animatori di strada che incontrano i gruppi informali e sollecitandoli, li conducono, dopo un lungo periodo di dialogo all’elaborazione di significati e valori, fase diremmo noi di pre-evangelizzazione, necessaria per costruire poi tramite l’amicizia un secondo capitolo, quello dell’incontro con Cristo. Vi sono poi le proposte di evangelizzazione spiccia, di chi va a vivere una presenza di annuncio nei pubs, a chi ha inventato una sorta di telefono amico a cui i giovani che desiderano, possono chiamare, pur mantenendo l’anonimato.  La diocesi di Verona ha predisposto di mantenere aperte durante le prime ore del giorno alcune chiese situate accanto  a luoghi frequentati durante la notte dai giovani. Qui viene garantita una minima animazione e la presenza costante di qualche giovane, che sulla porta, invita ad entrare. In questo senso sono state offerte delle valide esperienze come i gruppi di evangelizzazione a livelli diversi che operano a Bergamo, ritrovandosi nelle abitazioni private e proponendo tematiche a seconda di chi arriva. C’è anche chi sta ripensando la catechesi dell’iniziazione cristiana, rivedendo la classica struttura con finalità sacramentale, in un cammino di fede che offra itinerari paralleli a ragazzi e genitori. La Chiesa è dunque in fermento, si interroga, studia e si impegna per entrare in dialogo con il mondo senza tuttavia mai smarrire la propria identità.