Beato Benedetto Sinigardi


Di Patrizia Solari



 

Il fatto che mi occupo di Santi mi porta spesso a scoperte inattese. Per esempio una persona che visita le chiese per (puro?) interesse estetico, sapendo del “mio” interesse, tempo fa mi ha portato dalla Basilica di san Francesco di Arezzo un piccolo pieghevole con la storia di un beato a me sconosciuto: Benedetto Sinigardi. E così scopro che questo beato, uno dei primi discepoli di san Francesco, è stato all’origine della preghiera dell’Angelus, introducendo la pratica di recitare spesso l’antifona Angelus locutus est Mariae (l’Angelo parlò a Maria). La preghiera dell’Angelus, ci dicevamo poco tempo fa in un incontro tra amici, è realmente la sintesi dell’atteggiamento di preghiera con il quale metterci di fronte a Dio e alla realtà.

 

Così ho scelto di presentare Benedetto Sinigardi, con ormai alle spalle quel mese di ottobre, in cui il Papa ci ha raccomandato con particolare forza di rivolgerci quotidianamente alla Madonna per chiederle la pace per il mondo. E ottobre è anche il mese in cui ricordiamo san Francesco (quando ero bambina e frequentavo una scuola condotta da suore di Menzingen, per me il mese di ottobre era concretamente collegato a san Francesco a causa dei festeggiamenti dedicati alla superiora allora in carica, che si chiamava Francesca ...).

 

 

La vocazione

 

Trascrivo ora, senza molte modifiche, il testo contenuto nel pieghevole.

“S. Francesco di Assisi, provenendo da Cortona, nell’anno 1211 venne nella città di Arezzo per portare anche qui il suo messaggio di fede e di pace. Prima di entrare nella città comandò a frate Silvestro di scacciare i demoni da Arezzo perché ve ne erano molti. Il demonio operava il male soprattutto con discordie, odi, lotte tra famiglie della città. Alla benedizione di frate Silvestro i demoni lasciarono la città e gli aretini accolsero il Poverello di Assisi con entusiasmo e gratitudine: tutta la città era in piazza Grande per ascoltare il messaggio di amore del Santo. Tra gli ascoltatori c’era anche un giovane che alle parole di Francesco si commosse, rifletté sulla propria vita e decise di dedicarsi a Dio imitando Francesco di Assisi. Questo giovane era un nobile patrizio di Arezzo e si chiamava Benedetto Sinigardi.”

 

Mi fermo per condividere alcune riflessioni sorte alla lettura di questo semplice inizio.

Mi ha colpito la sequenza delle azioni del giovane alle parole di san Francesco: “si commosse - rifletté - decise - imitando”. Vuol dire che fu mosso dapprima nella sua affettività, nella sua umanità, nella sua sensibilità (“si commosse”), poi nella sua facoltà di pensiero, nella sua ragione (“rifletté”), poi nella sua libertà di adesione (“decise”), sorretto dall’incontro che aveva fatto nella persona di san Francesco. E il metodo, la modalità per “dedicarsi a Dio” è imitare, seguire la persona di Francesco.

Poi una battuta, per associazione: che bello se anche qualche nostra “piazza Grande” si riempisse dell’intera città, piena di entusiasmo e gratitudine, per ascoltare il messaggio di amore di un santo...

 

 

La vita

 

Benedetto Sinigardi “era nato circa il 1190 dal nobile Tommaso Sinigardo dei Sinigardi e da Elisabetta Tarlati dei Conti di Pietramala. Era un giovane di 20 anni, ricco ma bene educato e formato spiritualmente nella propria fede cristiana (n.d.r.: stoccata ai ricchi?!...), amava la preghiera, si dedicava al digiuno tre volte la settimana, si rendeva utile ai fratelli bisognosi con la sua generosità.

Il giovane Benedetto, di fronte alla predicazione e alla vita austera e gioiosa di Francesco, lasciò tutti i suoi beni terreni per dedicarsi alla propria continua conversione e alla predicazione del Vangelo per la salvezza delle anime.

Ancora un inciso: Benedetto era educato nella fede cristiana e seguiva i dettami di questa fede, ma l’incontro con Francesco gli fece fare un passo decisivo per realizzare veramente la sua vita, nella forma dai due aspetti interdipendenti di “dedicarsi alla propria contina conversione (la conversione non è un atto compiuto una volta per tutte, ma il lavoro, il compito continuo della nostra vita) e alla predicazione del Vangelo per la salvezza delle anime (l’incontro fatto muove alla testimonianza)”.

Chi è battezzato e conduce una “normale” vita da cristiano può rispecchiarsi nel percorso di Benedetto Sinigardi: un incontro significativo e determinante, a un certo punto, ci può aver fatto rispondere con decisione più vivida alla proposta cristiana, vissuta fin da bambini.

 

 

La missione

 

Ma continuiamo! “Ricevette l’abito francescano dalle mani del Serafico Padre prendendo il nome di fra Benedetto d’Arezzo e alla sua sequela ben presto imparò a vivere nello spirito di povertà, di obbedienza e di castità. Da san Francesco stesso apprese quelle virtù e quello spirito di vita francescana che lo resero ben presto stimato e venerato dai suoi confratelli e dai suoi concittadini.

Per le sue qualità umane e cristiane fu nominato da san Francesco, a soli 27 anni, Ministro Provinciale per la regione delle Marche e dopo pochi anni, avendo chiesto di andare missionario per morire come martire per la gloria di Dio, fu inviato missionario in Grecia e in Romania, per rendere concreta l’unità tra la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa, in Turchia e in Terra Santa, per far conoscere anche ai musulmani la salvezza portata da Cristo. Anche qui fu eletto Ministro Provinciale per la Terra Santa e l’Oriente; a lui si attribuisce la costruzione del primo convento francescano a Costantinopoli, l’odierna Istanbul. Si dice che lo stesso imperatore d’Oriente abbia ricevuto dalle sue mani l’abito di terziario francescano. (...)

Tornato in patria fu di comunità nel convento di Arezzo, che a quel tempo sorgeva nella zona di Poggio del Sole. Qui morì nel 1282.

Si racconta che alla sua morte avvennero vari miracoli per sua intercessione, per cui gli aretini lo proclamarono subito beato a voce di popolo.

 

 

Lo sguardo al Crocifisso e alla Vergine

 

La sua vita è stata caratterizzata da due devozioni particolari, apprese da san Francesco: l’amore verso Gesù crocifisso e la devozione alla Vergine Maria. Purtroppo non si conservano scritti del beato, rimangono però i frutti perenni della sua vita spirituale.

Per quanto riguarda la sua devozione alla Passione del Signore, rimane la bellissima Croce detta del Beato Benedetto, che sovrasta l’altare maggiore della Basilica di S. Francesco e che ha seguito il corpo del Beato dalla chiesa di Poggio del Sole, quando questa fu abbattuta, alla monumentale Basilica, iniziata nel 1290 nel centro della città di Arezzo. (...) La sua devozione alla Vergine, unita intimamente a quella di Cristo, è l’altra componente della spiritualità del Beato Benedetto d’Arezzo. Già di san Francesco, il beato Tommaso da Celano, suo biografo, diceva che il Padre Serafico ‘aveva una devozione tenerissima verso la Vergine Maria’. Anche il nostro beato, alla scuola del Serafico Padre, aveva una devozione e un amore tutto speciale per la Madre di Dio. Ammirava in Maria la sua disponibilità, la sua docilità alla Parola di Dio. Voleva emulare la sua carità con la donazione della propria vita per la salvezza delle anime: per questo aveva chiesto di andare missionario. Il suo amore per la Vergine rimane ancora presente e attuale in mezzo al popolo di Dio con la preghiera dell’Angelus, da lui composta rifacendosi all’annuncio dell’Incarnazione, fatto a Maria dall’arcangelo Gabriele.

Quando il Papa, nel maggio del 1993 sostò ad Arezzo presso la tomba del beato Benedetto Sinigardi, disse queste parole: “È sempre molto suggestiva questa sosta a metà della giornata per un momento di preghiera mariana. Lo è oggi in modo singolare, perché ci troviamo nel luogo dove, secondo la tradizione, è nata l’usanza di recitare l’Angelus Domini.

La consuetudine di recitare l’antifona Angelus locutus est Mariae “si estese ben presto a tutto l’Ordine francescano, dando così origine al quel mirabile condensato di preghiera e di dottrina cristiana che è appunto l’Angelus Domini.”