Basta pacchi per i paesi poveri


Di Dani Noris



L’altro giorno ho pranzato con un’amica di vecchia data. Una persona sensibile e entusiasta, disponibile a dare una mano per qualsiasi bisogno. Da diversi anni, per esempio,  sostiene con una compagnia fedele un’anziana signora, rimasta sola, che si era rivolta a Caritas Ticino chiedendo qualcuno che le stesse accanto.

E’ arrivata all’appuntamento per il pranzo con uno scatolone pieno di merce varia per i nostri mercatini: indumenti usati, quaderni, matite e penne, fogli da disegno, bustine di semi di fiori vari e altro ancora.

“Questa merce ha fatto un lungo viaggio - mi dice- ha attraversato l’Atlantico avanti e indietro.”

 

Questa amica, desiderosa di fare un regalo di Natale a dei bambini di un certo orfanotrofio in Brasile, il mese di ottobre scorso ha spedito questo scatolone via posta. Spese di spedizione fr. 230.— Nella sua generosa ingenuità si immaginava i bimbi felici di ricevere i suoi Carand’ache e le missionarie contente di avere nuove varietà di fiori da piantare in giardino.

Dopo tre mesi ha ricevuto l’avviso di andare a ritirare un pacco alla posta, spese di ritiro fr. 170.— Si chiedeva curiosa che cosa fosse questo pacco, faceva mente locale per sapere se avesse ordinato qualcosa contro rimborso da un catalogo o  via internet. Quando gli è stato consegnato lo stesso pacco che aveva spedito diversi mesi prima, è rimasta di stucco.

Quindi costo complessivo dell’operazione Fr. 400.--  (Fr. 230.- + 170.-) più le spese per l’acquisto della merce. Abbiamo passato il pranzo ad analizzare questo episodio e a cercare di trarne alcune indicazioni preziose affinché gli aiuti vengano fatti in modo intelligente. 400 franchi per un paese in via di sviluppo sono una cifra enorme, lo stipendio medio di un mese di lavoro qualificato è di 100 franchi.

Ancora una volta si rivela corretto l’antico adagio: di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno.

Non intendiamo qui biasimare la buona volontà della nostra amica, né attribuirle risultati così catastrofici, ma questo episodio è ricco di insegnamenti.

Oggi l’aiuto in oggetti è un evento raro, raccomandato per le emergenze come le catastrofi o cose del genere e anche in quel caso spesso è meglio fornire i mezzi per l’acquisto del materiale in loco.

In questo modo oltretutto si favorisce l’economia locale.

E’ difficile separarsi dall’idea che alla persona bisognosa non giunga qualche cosa di concreto che ci apparteneva, un modo per far sentire la nostra vicinanza effettiva, ma che risulta davvero poco efficace.

Siamo capaci di pagare con le carte di credito, addirittura via internet, riuscendo ad immaginare tutto il processo per cui i nostri soldi che sono stati inviati per via telematica sul nostro conto dal nostro datore di lavoro, sempre per la stessa strada sono prelevati dal nostro conto e finiscono a New York nel conto bancario di un negozio che ci ha inviato un Cd.

Eppure quando si tratta di solidarietà, di aiuto al prossimo, diventiamo improvvisamente concreti, vogliamo vedere la merce e, possibilmente, i destinatari che la ricevono.

La distanza fra la cultura mediatica, l’illusione dell’essere presenti ad eventi lontani e la nostra effettiva capacità di assorbire questo modo di pensare, in questo caso si tocca con mano.

Se la nostra amica avesse fatto una telefonata ad un emporio di San Paolo del Brasile, per acquistare la stessa quantità di regali, avrebbe speso meno, ma non avrebbe avuto la gioia di impacchettare tutto di persona, di scegliere le cose, di immaginare bambini e suore sorridenti.

Eppure oggi, sono le imprese ad insegnarci che il modo giusto di intervenire per i paesi in via di sviluppo è quello di essere sul posto, di produrre beni o acquistarli là dove sono le persone.

E’ lo stesso principio per cui anche se in Kosovo fa freddo come qui, il cappotto che regalo a Caritas Ticino forse sarà domani sulle spalle di una mia conoscente, ma con gli stessi soldi che lei ha pagato al mercatino di Caritas Ticino il mio cappotto (riuscendo magari a far quadrare meglio il suo bilancio famigliare), abbiamo comprato tre giacche a vento in Kosovo.

In questo caso, Carità intelligente significa liberarsi dal sentimentalismo, per lasciare il posto ad un sano al realismo.