Canapa: medicamento per una società malata?


Di Tatiana Pellegri-Bellicini


 

Quando i nostri figli rincasano dalla scuola elementare, è una festa se hanno in tasca il franchetto che possono spendere all’edicola. Siamo giunti alla conclusione che non era un’abitudine da prendere ma a volte perché no, imparare a gestire del denaro, sperimentare che con un soldino si possono comprare delle caramelle piuttosto che altre, o i gommini che essi adorano o magari la liquirizia, che mangiavamo anche noi da piccoli. E quando li vedo partire da casa, con la mano sulla tasca per paura di perdere la moneta, li guardo con orgoglio ma anche un po’ preoccupata perché se diventa un’abitudine, si cariano i denti e andare dal dentista sono dolori.

Quando frequenteranno il liceo, e il negozietto a fianco all’istituto sarà un canapaio, non credo che il mio sguardo sarà orgoglioso quando chiederanno dieci franchi per lo spinello, chissà se riuscirò ad essere contenta perché comunque stanno imparando a gestire delle somme di denaro sempre più importanti, chissà se invece della carie sarò preoccupata delle possibili conseguenze organiche, chissà se penserò che in fondo non è male evadere dalla realtà e che non tutti i fumatori di marijuana diventeranno consumatori di droghe pesanti?

La canapa è la droga illegale più consumata nei paesi occidentali. In Europa e negli Stati Uniti i consumatori sono stimati a 20 milioni. Sono in corso degli studi clinici sull’effetto del principio attivo della canapa, il tetraidrocannabiolo o THC, che è somministrato come sostanza terapeutica sotto forma orale. Gli effetti acuti sono conosciuti da tempo, infatti è utilizzata da secoli come anestetico e sedativo dalla medicina cinese, in India è considerata una sostanza sacra, derivata dalla metamorfosi dei peli di Visnu che favorisce il ripiegamento su se stessi e la meditazione, anche se è accusata di favorire la passività e la sottomissione. Il THC possiede un effetto antalgico, stimola l’appetito in pazienti affetti da cancro e da AIDS, e diminuisce il vomito indotto dalla chemioterapia. Ma occorre rilevare che un uso terapeutico della canapa non può influenzare la legislazione, se la canapa può essere una sostanza utile all’interno di reparti di oncologia, questo non significa che sia un prodotto da legalizzare per un uso ricreativo. L’uso terapeutico, infatti, non significa che la sostanza sia innocua, un esempio è la morfina, adoperata in campo terapeutico nessuno si chiede se è lecito venderla nei grandi magazzini.

 

Le conseguenze della canapa sono conosciute da tempo. Già nel 1845 furono descritti i sintomi da intossicazione da canapa, euforia, ansietà, dissociazione delle idee, delirio, allucinazioni, disorientamento. Studi effettuati in Svezia hanno accertato che c’è un effetto del principio attivo della canapa sul cervello, il THC si accumula nei tessuti molli in particolare nel cervello e modifica la struttura dei neuroni, occorrono circa 50 giorni per eliminare i residui di uno spinello. Altri studi hanno determinato che la canapa e i suoi derivati peggiorano i disturbi psichici già presenti, mentre è un problema controverso se in persone asintomatiche l’uso della canapa possa essere un fattore causale nello sviluppo della psicosi. Il fumo della marijuana è più caldo del fumo delle normali sigarette, è inalato più profondamente e trattenuto più a lungo, i disturbi respiratori che esso genera sono simili a quelli del tabacco. È interessante notare che proprio mentre l’Ufficio federale della sanità promuove nuove campagne contro le sigarette, allo stesso tempo si minimizza l’effetto della canapa.

Il consumo prolungato provoca una dipendenza, se non fisica per lo meno psichica. Inoltre, se la tossicità acuta della canapa è conosciuta e magari per certi versi trascurabile, la sua innocuità a lungo termine resta da dimostrare.

Non dimentichiamo inoltre che i derivati della canapa nuocciono alla coordinazione. Si può quindi guidare un automobile, uno scooter, un motorino dopo essersi fumati uno spinello? Il problema sarà probabilmente risolto dall’Ufficio federale della sanità con una campagna pubblicitaria del tipo: “Se guido non mi faccio uno spinello”. Negli USA i prelievi di sangue effettuati a conducenti che avevano provocato un incidente della circolazione hanno rilevato degli alti tassi di THC, secondi solo ad elevati tassi di alcolemia. C’è da chiedersi a questo punto quale sia in questo caso il ruolo della medicina preventiva e della promozione della salute. Questa sostanza nuoce alla salute, almeno quanto il tabacco. Uno studio canadese ha associato il consumo di canapa a una cattiva resa lavorativa e a dei pessimi risultati scolastici, inoltre può provocare degli incidenti della circolazione. L’obiettivo principale della salute pubblica è quello di ridurre i danni e i costi provocati dalle droghe, anche oltre qualsiasi obiettivo morale o giuridico. Sappiamo che l’uso di canapa comporta dei rischi per la salute e per la sicurezza, rischi che aumentano in funzione della quantità consumata, della frequenza del consumo. Una politica coerente dovrebbe ridurre al minimo i danni associati all’uso della canapa per l’individuo e per la società.

 

L’impressione sotterranea è che il pensiero comune sia considerare la droga come una fatalità che fa parte del nostro vivere, e che presto sarà uno dei modi di risolvere i problemi. La sostanza che potrebbe essere un rimedio per alcune patologie organiche potrebbe diventare la soluzione per delle piaghe sociali. Allora, se non è possibile eliminare il consumo c’è sempre la possibilità di regolamentarlo, depenalizzandone l’uso. Si inserisce quindi una distinzione del consumatore, dal consumatore di altre droghe, che non può essere considerato un tossicomane. L’uso della canapa è ricondotto ad un problema personale dell’individuo di cui la società non ha colpa, un problema personale che non è punibile dalla collettività. Se l’individuo che presenta un disagio tipico della società contemporanea, vuole prendere una scorciatoia chimica perché lo Stato deve impedirlo, se dietro l’angolo ci sono i pericoli della proibizione?

Anche se ulteriori studi scientifici dimostrassero che non esistono conseguenze organiche al consumo di canapa e che i danni provocati sono paragonabili a quelli dell’alcool o del tabacco, come può essere costituita una società fatta di individui che rispondono al loro disagio con delle sostanze che alterano in modo transitorio lo stato psichico e lo stato fisico, come si adatteranno alla vita? Forse l’effetto dissuasivo della legge non è significativo, forse i costi giudiziari, di polizia e sociali sono troppo importanti, forse per l’individuo sono meglio delle applicazioni meno severe che provochino minori conseguenze penali. Era comunque prevedibile che se l’eroina è terapeutica, la canapa può essere ricreativa. Ma forse siamo noi genitori a non avere capito, la droga legale non è dannosa, soprattutto se a consumarla sono i figli degli altri.