FAMIGLIA 
  in dialogo attorno alle PAROLE MUTE
  Continua a Pambio la formazione per le famiglie. Parole-chiave 
  per crescere come genitori ed educatori
  
  Di Dante Balbo
  
  
  
  Il 
  Centro di Aiuto alla famiglia, www.Nazareth.il_tuo_sito, nato lo scorso anno 
  come strumento per sostenere le famiglie nel loro cammino oggi sempre più difficile, 
  ha promosso un nuovo ciclo di incontri dal titolo alla ricerca delle parole 
  perdute.
  I sei incontri che compongono questo blocco di appuntamenti dedicati alla famiglia 
  si sono distribuiti tra il 12 ottobre e il 23 novembre 1999.
  Tre sono gli ospiti chiamati a commentare, tra cultura e testimonianza personale, 
  le parole perdute, quelle parole che il cuore delluomo non può permettersi 
  di dimenticare o di alterare, pena la sua alienazione: Paolo Pagani, docente 
  alla Facoltà teologica di Lugano, Michele Fazioli, giornalista televisivo, Francesco 
  Botturi, docente alluniversità Cattolica di Milano e alla Facoltà teologica 
  di Lugano.
  
  
  Autorità, una sfida per formare uomini e donne responsabili
  
  Paolo Pagani, ha inaugurato la serie, affrontando Autorità,una parola che, 
  nel clima di falsa tolleranza imperante, è sempre più disconosciuta e diventa 
  un problema per le famiglie, disorientate, alla ricerca di strumenti per crescere 
  e far crescere i propri figli.
  Per esercitare Autorità, i genitori devono accettarla, riconoscerla, coniugarla 
  con la responsabilità che è loro propria.
  Avere autorità significa infatti far crescere, dare il fondamento necessario 
  affinché un figlio, nel caso specifico, si sviluppi, secondo le linee iscritte 
  nella sua diversità dai genitori e appartenenza alla famiglia.
  
  
  Checché se ne dica, lautorità cè
  
  Non si tratta evidentemente di una riscopertine/coperta nostalgica del bel tempo in 
  cui tutto era chiaro, i genitori comandavano e i figli obbedivano, ma di incontrarsi 
  con il senso profondo dellautorità, come la coscienza che io non sono 
  unisola, ma sto dentro una storia, che mi precede.
  Mi precede a livello personale, nei genitori, nella natura, nella storia e nella 
  cultura.
  Non solo, è lautorità di unattesa di infinito, la comprensione che 
  ogni mio pensiero o immaginazione non appagherà mai la grandezza del mio cuore 
  a muovere tutta la mia esistenza, ponendosi come principio e meta ad un tempo, 
  del mio cammino.
  Questi i livelli dellautorità oggettiva, che si presenta, è pre-sente, 
  cioè mi precede, ma che hanno bisogno per rendersi concreti di volti, di persone 
  con le quali sono in relazione.
  
  
  Genitori, maestri, amici, forme concrete dellautorità
  
  Il primo ad essere autorità soggettiva, come possiamo constatare tutti, 
  è il genitore, il papà e la mamma.
  Sgombriamo tuttavia il campo da facili confusioni, alimentate anche da una diffusione 
  distorta della psicologia e della psicoanalisi.
  Non si può identificare la coscienza morale, cioè la capacità oggettiva di distinguere 
  ciò che realizza la meta, la tensione verso linfinito che ci portiamo 
  dentro per costituzione, dal super-io, linsieme delle immagini interiori 
  legate allesperienza di quelle persone che mi hanno accompagnato nella 
  prima infanzia.
  Per questo lautorità non si esaurisce nei genitori, ma si allarga ai maestri, 
  quelle persone che sono in grado di suscitare in me la nostalgia di vivere.
  Purtroppo con lalibi della democratizzazione dei rapporti, coloro che 
  per ruolo dovrebbero essere maestri sono spesso latitanti.
  Così facendo, forse inconsapevolmente, i maestri democratici, diventano veicolo 
  dellideologia dominante, che si potrebbe tradurre come: "La vita 
  è unesperienza estetica, in cui mettersi in gioco è ingiusto e pericoloso, 
  se non attraverso lemozione senza conseguenze".
  Vi è una gerarchia fra le forme dellautorità, nel senso che chi non ha 
  avuto dei buoni genitori, non riconoscerà i maestri, né chi non ha avuto maestri, 
  potrà condividere la strada con gli amici.
  Amicizia è quellautorità che mi stimola a proseguire il cammino, che con 
  me lotta per la meta, che, anche se non incontro spesso, so essere al mio fianco.
  Questa idea dellamicizia ha radici lontane e la si trova in Aristotele, 
  mentre oggi gli amici sono i complici per la fuga dalla vita, i consolatori 
  contro la durezza dellesistere.
  Questa seconda concezione dellamicizia, se vogliamo fare un po di 
  storia della filosofia è riconducibile ad Epicuro.
  Il cambiamento culturale è spiegabile anche alla luce della caduta dellillusione 
  del progresso senza limiti, e dellesperienza della globalizzazione, che 
  ad ogni telegiornale ci fa sentire più impotenti che mai dinanzi allingranaggio 
  che ci schiaccia.
  Tuttavia lamicizia che realizza la persona è quella che riconduce alla 
  riscopertine/coperta dellautorità oggettiva, attraverso la natura, la storia e la 
  trascendenza.
  Certo, questa amicizia è un lavoro, un impegno costante, un implicarsi reciproco, 
  nella fatica di ritrovarsi.
  La gerarchia descritta, naturalmente, non è necessariamente che si debba organizzare 
  secondo lo schema genitori, maestri, amici, perché spesso per scopertine/coprire dei maestri 
  passiamo attraverso le amicizie che ci invitano, così come riflettere sui rapporti 
  con i genitori e sulla propria maternità e paternità può passare per un maestro 
  che in qualche modo mi è padre.
  Completare questi percorsi significa crescere, verificare nella realtà la propria 
  maturità.
  Oggi, in realtà, nostro compito è la ricostruzione dei luoghi ove queste relazioni 
  siano possibili, perché la cultura dominante non contesta teoricamente lautorità, 
  ne mina le basi, distruggendo i luoghi ove può esser esercitata.
  Si dice che le ideologie sono finite, in realtà si sono compiute, per questo 
  non è più necessario parlarne.
  Si pensi ad esempio allideologia di Wilelm Reich della rivoluzione sessuale 
  come fondamento per una società nuova, in cui nessuno potesse dirsi padre o 
  figlio, ma tutti uguali e liberi.
  Oggi non è necessario parlarne, perché, se pure non completamente, questa idea 
  è diventata pratica comune e legge degli stati.
  
  
  Quando lautorità è autorevole
  
  Infine possiamo definire alcuni criteri per riconoscere lesercizio 
  dellautorità autentica, a qualsiasi ruolo appartenga.
  Anzitutto lautorità è promozione di speranza.
  La realtà mi induce a sperare, a cercare sempre oltre, e chi mi aiuta in questa 
  direzione è padre, maestro, amico.
  In secondo luogo è autorevole chi mi aiuta a porre le domande giuste, senza 
  sostituirsi a me nelle risposte.
  Un simile maestro non cambia le cose, le illumina, perché io possa meglio vederle.
  Il terzo elemento dellautorevolezza è la discrezione, cioè la capacità 
  di mettersi realmente in gioco da persona a persona, riconoscendo nel rapporto 
  la sua unicità. 
  È esperienza evidente di ogni genitore che ha più di un figlio il constatare 
  che ognuno di loro è diverso e con lui può entrare in rapporto in modo del tutto 
  unico.
  Infine lautorità svela quello che promette, lo manifesta, lo anticipa.
  Chi è veramente autorevole non promuove se stesso, ma rimanda continuamente 
  a quella autorità oggettiva di cui si parlava allinizio, quella autorità 
  che ci precede sempre.
  Di fronte a questa autorità in sintesi io dovrei dire: "Vorrei essere me 
  stesso, come tu sei te stesso."
  Quando incontro un maestro, non vorrei essere come lui, ma imparare il suo stesso 
  stile nellessere quello che è.