Il fascino spaventoso di un "PER SEMPRE"

Di Dante Balbo




Famiglia. Alle soglie del terzo millennio si continua a parlare di matrimonio, indissolubile, fecondo, fedele: nulla di più irraggiungibile, eppure nulla di così profondamente scritto nel cuore degli uomini e delle donne, fin dai primi sguardi di due adolescenti innamorati.

Il matrimonio, la famiglia, il legame stabile sono elementi in continuo movimento ed evoluzione nella società post-moderna, in cui il consenso sulle idee si raccoglie a colpi di agenzie d’informazione.
Non siamo di fronte ad una battaglia aperta contro la famiglia o contro il matrimonio, ma lentamente, come le gocce d’acqua che modellano la roccia, si trasformano le nostre idee, le nostre percezioni di questa istituzione. Ci troviamo a considerare sempre più naturale che intorno a noi una percentuale altissima di persone si sposi e poi si separi, che i bambini si abituino a convivere con due famiglie, quando va bene, che molti scelgano di vivere senza impegnarsi, mantenendo relazioni lunghe dalle quali nascono figli, evitando di formalizzarle in un patto riconosciuto civilmente o religiosamente.
Il quadro è complesso e la stessa definizione di genere sessuale è discussa, per cui si propongono, non a livello di isolati fautori radicali della libertà estrema, ma in consessi internazionali come la conferenza del Cairo o di Pechino, almeno cinque generi sessuali: maschile, femminile, omosessuale per lui o per lei, transsessuale.
Di questo e di altri temi correlati con l’evoluzione della famiglia nel millennio che ci attende abbiamo parlato con mons. Angelo Scola, Rettore della facoltà Lateranense di Roma e Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia.
Qui di seguito, vi proponiamo uno stralcio dell’intervista rilasciata da mons. Scola ad una emittente spagnola, in occasione del decimo congresso su diritto canonico e matrimonio alle soglie del terzo millennio, tenutosi a Navarra, trasmessa da Caritas Insieme TV il 31 luglio scorso.


Non solo natura

D: Fra mille anni si parlerà ancora di diritto canonico e matrimonio?
R:
Sicuramente, perché il matrimonio non è qualche cosa di accessorio nella vita dell’uomo, ma è, come tutti noi sperimentiamo, profondamente radicato nella natura e nella cultura dell’uomo. E si parlerà, io credo, anche del matrimonio canonico, semplicemente perché il diritto canonico studia quella rivelazione della verità compiuta del matrimonio, che Gesù Cristo ha reso manifesta. Siccome anche l’uomo di oggi, per quanto si confonda nelle cose, ha nel cuore una sete di verità inestinguibile, inesorabilmente cercherà sempre la verità del matrimonio e quindi incontrerà sempre sulla sua strada l’offerta che Cristo fa alla verità del matrimonio che è il sacramento.


Il sesso, esperienza naturale per scopertine/coprire la Trascendenza

D: Nella sua relazione di apertura al congresso, ha parlato delle basi teologiche della sessualità, del matrimonio e della famiglia. Quali sono in sintesi?
R:
L’espressione è un po’ difficile, ma è un modo proprio per dire le due cose che ho anticipato ora.
Se noi riflettiamo un istante sulla nostra esperienza umana elementare, lo può fare chiunque che abbia studiato tanto o poco, ci rendiamo conto di un dato evidente: noi siamo degli esseri sessuati. Non esiste in giro per la strada l’uomo. Esiste sempre e solo questo uomo o questa donna. Qual’è il senso di tutto ciò? Perché esiste questo dato di fondo?
Perché possiamo dire: colui che ha creato l’uomo lo ha voluto come uomo o come donna?
Perché questa è una strada offerta a tutti e obiettivamente contenuta nell’esperienza e nella natura elementare di tutti; per scopertine/coprire il peso dell’altro, il posto dell’altro nella mia vita.
Il senso di questa esistenza è per finire il matrimonio e la famiglia, come strada per il compimento totale dell’io, attraverso il dono integrale di sé.


Dal sesso vietato al sesso consacrato

D: La parola sesso per molto tempo è stata una parola tabù per tanti credenti, adesso sembra che sia in bocca a tutti e addirittura sia qualche cosa di sacro. Perché è avvenuto questo cambiamento, e quando?
R:
Cominciamo a fare una riflessione di carattere generale, che secondo me dei padri e delle madri possono capire molto bene. Chi è il papà o la mamma, di fronte al figlio o alla figlia che entra nella fase della pubertà, per quanto voglia essere libero e lasciare libero il figlio, che non è preso un poco da timore e da tremore, dinanzi alla sua maturazione sessuale?
Tutti percepiamo che lì si gioca uno dei fattori assolutamente decisivi della vita della persona. Quindi se uno vuole veramente bene al figlio o alla figlia, non può non essere teso a che il dramma che si gioca nella maturazione della sua affettività, sia per la libertà, per la verità e per il compimento di sé.
Dietro la parola e il fatto del sesso, dunque, sta qualche cosa di drammatico, nel senso nobile del termine, cioè che implica l’azione libera dell’altro, ma che nello stesso tempo è esposto a gravi possibilità di equivoco o di fraintendimento.
Io penso che nella storia del singolo e dell’umanità, sempre, quando l’uomo ha avuto a che fare con le questioni decisive della sua vita, si è trovato di fronte a questa strutturale o organica ambivalenza e quindi, come spesso noi facciamo, anziché trovare la giusta via media, per il limite che ci caratterizza, ha fatto un poco come il pendolo, oscillando da un estremo all’altro. Così si potrebbero ora indagare molti fattori storici per spiegare questo dato, fin da una certa epoca. Quello che è sicuro, per quanto riguarda i cristiani, è che non sono mai stati sessuofobi, non hanno mai avuto paura del sesso, perché sono sempre state ferme le posizioni della Chiesa sulla positività di questo aspetto, a partire da Gesù Cristo stesso, il cui comportamento nei confronti della donna, e il cui modo di parlare del matrimonio, ecc. è sempre stato pieno di libertà e teso a valorizzarne la positività.
Poi, ovviamente, anche tra i cristiani come in altri ambiti si sono commessi errori a questo livello, si sono corsi rischi di esagerare in un senso o nell’altro, però direi che non dobbiamo dimenticare qual’è la ragione per cui una dimensione così complessa dell’Io può produrre atteggiamenti di questo genere. Oggi lo vediamo proprio in quel nucleo fondamentale di educazione all’affettività che è la famiglia. Anche lì c’è sempre questo rischio di oscillazione, perché l’amore non è subito capace di libertà, ha bisogno di educarsi.


Sacramento e natura si sposano: più difficile da dire che da fare

D: A parte questi ultimi anni, mi sembra che il sacramento del matrimonio sia stato un po’ trascurato dalle riflessioni teologiche. Perché?
R:
Sì, questo giudizio è abbastanza obiettivo, entro certi limiti. La Chiesa, infatti, si è sempre occupata molto attentamente del matrimonio, perché è sempre comunque stata molto vicina agli uomini e ai popoli e quindi non poteva non occuparsi di matrimonio e di famiglia, che, assieme al lavoro, è una delle due dimensioni costitutive della vita di tutti i giorni. Tutti noi viviamo di queste cose. Magari se ne è occupata, prevalentemente, con un’attenzione ai risvolti pratici e ai comportamenti.
E’ vero che c’è stato un impaccio abbastanza grave negli ultimi secoli a riflettere sul matrimonio come sacramento, cioè come quella realtà dell’amore tra un uomo e una donna, oggettivamente aperta al figlio, su cui si costruisce la famiglia, che è stata da Gesù stesso, in un certo senso, portata alla sua pienezza.
E’ utilizzata per essere segno dell’efficacia sacramentale del rapporto tra Cristo e la Chiesa, e attraverso di essa Cristo, che è definito anche come lo sposo della Chiesa, sua sposa, educa ad un amore veramente disinteressato, libero e totale, l’uomo, la donna e il figlio.
Da questo punto di vista, io penso che la difficoltà a riflettere sia connessa con questo intreccio meraviglioso tra l’amore che scatta tra un uomo e una donna, e che ha dentro di sé l’esigenza del "per sempre", che la Chiesa in un certo senso accoglie e rende indissolubile sacramento dell’unità dei due, carico di fecondità e nello stesso tempo strada attraverso la quale passa in concreto la possibilità di incontrare Cristo. Oggi il motivo per cui si è faticato a riflettere su questo, sta proprio nel fatto che, a differenza degli altri sei sacramenti, il matrimonio appare come un fenomeno già costituito in sé. Ha a che fare appunto con il cuore, con la bioistintualità, con l’intelligenza e con la volontà, secondo una precisa gerarchia dell’uomo e della donna, non ha a che fare con una materia, sia pur nobile, come il pane, il vino o l’acqua.
Ha a che fare con qualcosa che muove subito la libertà. Quindi, forse sembrava una cosa già fatta nella natura, già ovvia. E’ vero che negli ultimi anni, dopo grande fatica, e soprattutto grazie all’impulso straordinario che con una libertà profonda Giovanni Paolo II ha dato alla riflessione sulla sessualità, sul corpo umano, sul rapporto uomo donna, sta rinascendo una nuova riflessione sul matrimonio come sacramento, cioè su che cosa significhi che l’esperienza amorosa del rapporto uomo donna, incontra la sua verità solo se nella Chiesa è portata alla sua pienezza, al suo compimento.


Il coraggio della realtà

D: Come fare a parlare di queste cose con i non credenti, laddove matrimonio e famiglia non coincidono più nella prassi?
R:
Io credo che qui la cosa più importante, assolutamente importante, sia l’energia, il coraggio di partire dalle cose così come sono. Io penso che uno dei limiti di fondo della nostra vita di uomini, è che spesso non siamo capaci di ascoltare la realtà per come essa si offre e quindi non riusciamo ad accoglierla, abbracciarla e impararla. Allora il punto di partenza, per capire in profondità il matrimonio e la famiglia, è domandarsi: cosa c’è in gioco? cosa mi dice la realtà?
Già abbiamo fatto l’annotazione circa la natura sessuata dell’Io. Perciò l’altro non è solo fuori di me, non è qualcuno che mi sta davanti e basta, perché io in realtà fin dal mio concepimento sono immesso in una relazione con gli altri, con il papà e con la mamma. E’ vero a tal punto, che il bambino non può dire neanche "io", non impara neanche a dire "io", se non attraverso l’altro.
Sappiamo che una delle più terribili malattie psichiche è l’autismo, che si dà proprio quando l’altro non prende il giusto posto nel costruirsi del soggetto.
Oppure a tutti noi sarà capitato chissà quante volte di entrare in casa di amici, dove ci sono bambini piccoli e si vede subito che se il bambino non ti conosce si tira vicino al papà, alla mamma, sta lì tutto nascosto, impaurito e poi man mano che si accorge che l’ospite ha un rapporto familiare con il papà e con la mamma, allora si distacca, entra nel circolo della relazione e incomincia ad esprimersi. Quindi l’altro non è qualcosa che mi è estraneo, ma è proprio perché esistiamo come uomini e come donne e veniamo al mondo dentro questa struttura parentale elementare, con un padre e con una madre, che ci accorgiamo del peso dell’altro.


L’amore è ... per sempre

In secondo luogo, quando un ragazzo o una ragazza si innamora, succede che, in maniera gratuita, percepisce di avere nell’altro di cui si è innamorato e che lo corrisponde, una possibilità straordinaria di compimento. Tant’è vero che tutti i rapporti, tutte le cose cambiano. Sono come ridisegnate all’interno di questo orizzonte di amore nuovo e di bene che nasce. Sono realmente tutte ripensate. Allora io sfido chiunque che sia veramente, autenticamente innamorato a dire alla donna cui vuol bene, o all’uomo cui vuol bene, "ti amo", senza aggiungere "per sempre". E’ impossibile dire "ti amo", autenticamente, con verità, senza dire "per sempre".
Lasciamo stare se poi questo "per sempre" dura o no. Però cominciamo a constatare il fatto. Questo è un secondo dato reale. Le cose stanno così.


La garanzia del "per sempre" è ... l’Eterno

Allora, cos’è il matrimonio? E’ il luogo del "per sempre".

Nel matrimonio io devo portare il mio fragile amore di uomo limitato e ferito che, per il suo limite, quando dice alla mamma o alla moglie: ti voglio bene, già si rende conto che non riesce neanche a dirle tutto il bene che le vuole, talmente è sproporzionato.
Ma lo porto di fronte alla comunità cristiana, perché lì esiste la garanzia di un "per sempre" nell’amore che si è prodotto. Cristo Gesù che muore in croce e genera la sua Chiesa sulla croce, è l’esatta risposta dell’uomo alla manifestazione di amore che è la Trinità. Capisco che può sembrare a prima vista difficile, può sembrare un salto, ma voglio spiegare che il motivo per cui Gesù ha reso sacramento il matrimonio, è per esprimere la possibilità del dono totale di sé e per rendere quel "per sempre" che è l’intima essenza nell’amore, realmente praticabile nonostante le incoerenze, le fragilità, i tradimenti, così come l’ha praticato lui, morendo come Misericordia sulla croce per noi e perdonando realmente il nostro peccato. Questo mi sembra un dato che non deve essere sottovalutato, perché fa parte della realtà compiuta, di una considerazione completa della realtà dell’affezione.


Contro l’amore, la divisione passa nell’intimo dell’Io

Noi oggi subiamo dalla cultura dominante, soprattutto da una certa reazione esagerata del razionalismo moderno, il quale si è messo in moto a partire dal romanticismo, una serie di false separazioni, falsi dualismi.
Per esempio, noi reputiamo che libertà sia spontaneità e non sia dovere, che ci sia un’opposizione tra desiderio e compito, o fra volere e dovere. Questo non è vero, perché il compimento totale dell’Io esige invece che si coniughino questi aspetti. L’effettiva realizzazione della libertà implica scopertine/coprire nella propria vita che il compito può essere l’esaltazione totale del desiderio, che il dovere può essere la verità del volere. Comunque la libertà per compiersi ha bisogno di tutte e due queste cose. Allora è chiaro che un uomo che, non sulla base delle sole sue forze, ma fidando in quest’esperienza formidabile di Gesù che ha dato la sua vita per tutti noi, si sposa con serietà in Chiesa, sa che andrà incontro a delle prove, sa che ci saranno delle incomprensioni, magari il tradimento, sa che dovrà fare i conti con l’aspetto sconosciuto dell’altro, perché l’altro ci è sempre altro, però è come se avesse affidato il suo amore ad un albero sicuro, come un fiume di acqua selvaggia che sia stato incanalato e possa così scorrere ordinato fino alla foce.
Questo è il senso, mi pare, del matrimonio cristiano.