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Dalla SIBERIA
CON AMORE
L’orfanotrofio di Caritas in Siberia, luogo di accoglienza e di rinascita: un piccolo segno di grande speranza

Di Dani Noris


Novosibirsk che ha appena compiuto cento anni, è sorta attorno alla cappella dedicata a San Nicola, un gioiellino dell’architettura bizantina, con magnifici mosaici e delle cupole dorate, edificata nel punto calcolato dai geografi dello zar come il centro esatto dell’impero russo.

Nel 1910 Novosibirsk, allora chiamata Novonikolaevsk, contava 52’000 abitanti. Durante la seconda guerra mondiale vennero trasferite le principali industrie pesanti che si trovavano nella Russia europea e la popolazione si decuplicò,
la città divenne il centro industriale più importante della Siberia.

Nel 1957 fu fondata la Akademgorodk (città della scienza) nata dall’ambizioso progetto di impiantare nel cuore della taiga siberiana un centro di ricerche scientifiche.

La cappella, come tutte le altre chiese, fu tolta di mezzo durante gli anni del regime sovietico, fu però conservata e recentemente è stata riposta al centro della città, in piazza Lenin, a pochi metri dalle cupe ed opprimenti statue
degli eroi della rivoluzione.

Il fiume Ob scorre lento e maestoso, attraversato da ponti giganteschi. L’energia elettrica è prodotta con il carbone e dalle ciminiere si alzano colonne di fumo grigio, che si deposita sui palazzoni "staliniani", sulle case di tronchi, sulle auto e sulle persone. All’alba e al tramonto il fumo si tinge di rosa, la nebbia si alza dal fiume e l’atmosfera si fa intensa, carica di malinconia, come se dalla terra uscisse il racconto del dolore di cui è stata testimone: deportazioni, fucilazioni, lavori forzati, gelo, fame. La Siberia è terra di dolore e di paura, di delitto e di morte.

La popolazione di Novosibirsk è di circa 2 milioni e mezzo, i disoccupati sono moltissmi, e chi ha la fortuna di avere un lavoro guadagna così poco da non poter sfamare la famiglia. Parallelamente alcuni si arricchiscono attraverso
la mafia.

Il degrado sociale è un concime fertile per coltivare violenza, inganno e tutte le forme di malavita.

L’alcolismo e la droga, rappresentano per circa la metà della popolazione, il modo con cui affrontare, o meglio evitare la realtà. E i bambini pagano caro il prezzo di tutto questo, i bambini di strada sono migliaia e passano la giornata alla ricerca di qualche copertine/copeco per comprarsi un po’ di colla da annusare.

A guardare questi bambini, sporchi, denutriti, copertine/coperti di pidocchi, con gli occhi carichi di angoscia ci si sente mancare il fiato e nasce il desiderio incontenibile di poter fare qualcosa e di incontrare dei segni che confermino
che comunque, ovunque è possibile la speranza in qualcosa di nuovo e di migliore.

Grazie all’incontro con Padre Ubaldo, sacerdote italiano, missionario in Siberia dal 1991, direttore della Caritas parte asiatica della Russia, abbiamo potuto toccare e vedere uno di questi segni: accanto a edifici fatiscenti che
l’incuria ha trasformato in topaie, il "Priut" orfanotrofio o asilo per bambini abbandonati, figli di genitori alcolizzati o in carcere, è un grido di gioia che risuona e che afferma che davvero si può sperare contro ogni speranza.

La costruzione è luminosa, curata nei particolari, tutto è bello, ordinato, accogliente, ci sono piante e fiori dappertutto. I bambini, due per camera, hanno uno spazio loro e dei locali comuni per le varie attività. Il clima che
si respira è quello di casa, dove ogni persona ha il suo spazio. Le suore, dell’ordine di Santa Elisabetta d’Ungheria, sono donne forti, in gamba, capaci di trasmettere ai bambini amore e sicurezza a piene mani. Bambini feriti profondamente nell’anima, che hanno vissuto drammi incredibili, (qualcuno ha visto il padre uccidere la madre), ritrovano in questo ambiente, fiducia e coraggio. I più grandi si occupano dei più piccoli, c’è allegria, serenità, gusto per la vita. I visi sono luminosi e c’è una grande tenerezza nei gesti e nel modo di rapportarsi. Quando i bambini rientrano in casa si tuffano in grembo alle suore, che li abbracciano con rispettosa affezione. Ogni bambino vive l’esperienza di essere unico e irrepetibile, di avere il suo posto nel cuore di chi lo cura, di non essere più solo.

I bambini attualmente sono 38, ma a costruzione ultimata se ne potranno ospitare 50, vanno dai sei ai sedici anni. Ma è prevista la costruzione di un’altra ala, affinché in seguito chi deve lasciare l’orfanotrofio, per andare a studiare o a lavorare, possa avere la possibilità di ritornare a casa, come i figli grandi di qualsiasi famiglia normale.

I bambini del Priut frequentano la scuola pubblica, non si vuole che crescano in un oasi staccata dalla realtà. All’inizio è stata una dura battaglia farli accettare perché generalmente i bambini ospiti degli orfanotrofi sono
causa di grossi problemi. Quelli del San Nicola invece, si sono rivelati una grande ricchezza per i compagni, e al termine dello scorso anno scolastico, la direzione della scuola pubblica ha inviato una lettera di ringraziamento
per il loro contributo positivo.

Il vescovo di Novosibirsk, Mons. Werth, ci raccontava che all’inizio era scettico di fronte al Priut, si chiedeva perché questo orfanotrofio dovesse essere così bello, quando nella maggior parte delle strutture i bambini avevano
solamente il minimo per sopravvivere. Poi si è chiesto: "Perché i bambini devono avere solo il minimo?" E il fatto della sovrabbondanza è diventato il criterio per l’accoglienza, perché sovrabbondante è stata la grazia che il Signore ha offerto a chi lo segue.

Una goccia nel mare, come amano dire i missionari, ma una goccia che disseta quelle piccole creature e offre loro una vita che pulsa e scopertine/coppia dentro il cuore.