CARITAS TICINO non è un’isola
A colloquio con don Sandro Vitalini, per conoscere di più la nostra Diocesi e in particolare il settore a cui apparteniamo: la Diaconia, di cui è responsabile


A cura di Dante Balbo



Le pagine della nostra rivista abbracciano ogni due mesi ambiti i più diversi, dalla cultura ai santi, dai giovani ai poveri e alle battaglie politiche. A tenere insieme questa pletora di argomenti è un obiettivo semplice e pretenzioso: la convinzione che oggi la Carità, come sempre nella storia della Chiesa, sia un intervento a tutto campo, che incontra e sostiene l’uomo là dove si trova, con i suoi pensieri e i suoi affanni, con il quotidiano sforzo per sbarcare il lunario e la sua difficoltà a ritrovare Dio nel relativismo culturale dell’ideologia dominante.
Questa non è una tesi di Caritas Ticino, ma la pastorale della Carità come scelta e accolta anche dalla nostra Diocesi.
Abbiamo intervistato in proposito don Sandro Vitalini, responsabile del settore Diaconia, nato dalla ristrutturazione degli organismi diocesani messa in opera da qualche mese.
Ecco un estratto di quanto ci ha detto in un’intervista andata in onda in Caritas Insieme Tv il 3 e 4 luglio.

D: La Diocesi all’inizio dell’anno si è ristrutturata e si è organizzata in settori. Che cos’è, don Sandro, questo settore della Diaconia della Carità?
R:
Il settore diaconia, abbraccia una serie di commissioni, di organi: la Caritas, la commissione Pastorale famigliare, la commissione missionaria, quella per la Pastorale giovanile, la commissione per le vocazioni, per il sacrificio quaresimale, quella per l’ecumenismo, quella per le questioni sociali, la conferenza San Vincenzo, l’OCST e l’opera diocesana pellegrinaggi.
Il settore intende raggruppare questi organi, queste commissioni, questi enti, perché abbiano a collaborare tra di loro, evitando collisioni di percorso. Nel medesimo tempo, lavorando, perché in Diocesi si abbia a prendere coscienza che la diaconia non è semplicemente un servizio di elemosina nei confronti di colui che si trova nell’indigenza, ma piuttosto un servizio di vaste proporzioni che rende credibile la Chiesa, in quanto, soltanto se serviamo il prossimo nei suoi vari bisogni materiali, spirituali, morali, possiamo essere credibili.

D: Quindi, diaconia significa servizio a tutto campo. Per questo, commissioni molto diverse fra loro hanno il medesimo diritto di ingresso in questa idea di Carità concreta. Questo settore, a sua volta, lavora con altri, come funziona?
R:
Sì, è uno dei cinque dicasteri, per così dire, della Diocesi, insieme al settore cultura, dei mezzi di comunicazione, della liturgia e dell’amministrazione dei beni diocesani.
Noi, i capi settore con il Vescovo e i due Vicari, generale ed episcopertine/copale, ci riuniamo alcune volte durante l’anno, per coordinare meglio questo servizio. Devo precisare che siamo proprio agli inizi, per cui non abbiamo alle spalle una grande esperienza, incominciamo a costruire una realtà un po’ tutta in divenire.

D: Per il settore Diaconia vi sono progetti, sta emergendo una linea precisa o siamo ancora in fase di consultazione?
R:
Se ci sono dei progetti specifici, sono valutati nell’ambito delle varie commissioni.
In particolare voglio ricordare la commissione missionaria, che sta studiando la possibilità, ancora però non ben delineata, di proporre alla Diocesi, in futuro, un altro progetto Comune. Attualmente abbiamo un progetto missionario in corso, che ha dato frutti consolanti, il progetto Baranquilla, ma non escludiamo che la Diocesi possa essere chiamata anche a riflettere su un altro progetto diocesano, qualora si possa dimostrare, e penso che ci siamo quasi arrivati, che in fondo Baranquilla oramai si sostiene sulle proprie gambe.

D: Quindi diaconia significa anche aiutare le persone ad attingere alle proprie risorse.
R:
Sì, in particolare in questo settore è importante l’opera di Caritas Ticino, che non si limita, anche se lo fa, ad assistere coloro che si trovano in particolari situazioni di emergenza, ma cerca di animare il tessuto diocesano, di farlo anche riflettere sul fatto che bisogna aiutare il povero a uscire dalla propria povertà, il disoccupato ad uscire dalla propria situazione di disoccupazione. Dunque si tratta davvero di un lavoro di ampio raggio.

D: È sorprendente, comunque, come si sia trasformato il concetto di diaconia.
R:
Credo di sì. In passato, abbiamo insistito abbastanza, forse anche in maniera eccessiva, soltanto sul servizio da prestare a colui che si trova in una situazione di indigenza, mentre di per sé la diaconia, così come la immagina però tutta la Bibbia, è la realtà che rende credibile la Chiesa, in quanto noi traduciamo l’amore di Dio nel servizio del prossimo. Il prossimo è colui che ha fame di pane materiale, ma anche colui che ha fame di verità, per cui in fondo il servizio diaconale abbraccia un po’ tutto il ministero della Chiesa che si china sui fratelli credenti e non credenti.

D: Il rapporto della commissione diaconia con i movimenti ecclesiali, quelle realtà che sono un po’ sganciate dall’ambito più strettamente diocesano, perché magari hanno un referente extradiocesano?
R:
La Pastorale famigliare, ad esempio, sfrutta, se così posso dire, le testimonianze che vengono anche dai vari gruppi ecclesiali e la Pastorale giovanile, poi, abbraccia nella sua stessa organizzazione questi movimenti direi al cento per cento. Credo che qui non vi sia nessuna preclusione, anzi, mi sembra che tutti i movimenti abbiano la loro da dire e il loro contributo da dare nell’ambito della Pastorale giovanile.