Scuola in RUANDA, l'incertezza del futuro
Difficile la scelta per intraprendere una professione

Di Marco Fantoni



Con la metà di luglio è terminato l’anno scolastico per le scuole secondarie in Ruanda. Caritas Ticino, con la partecipazione del Gruppo Missionario della Parrocchia di Giubiasco ha sostenuto, appunto durante l’anno scolastico 1998-1999, le spese scolastiche, in alcuni casi l’alloggio e materiale diverso per 450 allievi. I giovani e le giovani, sono per la maggior parte orfani, o figli di famiglie rimpatriate dall’ex Zaire o figli di genitori ammalati di AIDS, in generale di bambini poveri. All’inizio era previsto un aiuto a soli 300 allievi, ma in seguito, grazie ad alcune condizioni particolari, il numero ha potuto essere superiore. Gli allievi, sostenuti dalla Caritas diocesana di Gikongoro, prefettura nella parte sud-ovest del paese, hanno potuto così avere la possibilità di frequentare l’anno scolastico senza dover avere anche la preoccupazione delle spese scolastiche.
Durante il mese di giugno, per una settimana, con il collega Luigi Brembilla, abbiamo potuto verificare sul posto quanto fatto dalla Caritas diocesana di Gikongoro. In effetti con il suo direttore, l’Abbé Emmanuel Twagirayezu, ci siamo recati in alcune sedi scolastiche dove gli allievi sostenuti hanno frequentato l’anno. Si tratta perlopiù di scuole diocesane, in quanto, in Ruanda molte appartengono a diocesi o ordini religiosi, lo stato si occupa del finanziamento della gestione ordinaria. In queste abbiamo potuto dialogare con i direttori, i professori e soprattutto con gli allievi. Il discorso dell’insegnamento scolastico che può sicuramente essere definito di buon livello, non può essere disgiunto dalla situazione generale in cui si trova il paese. Bisogna dunque tener conto di tutte quelle conseguenze avvenute dopo il genocidio del 1994 e delle guerre precedenti, come pure della crescita demografica di questi ultimi venti anni dove la popolazione è pressoché raddoppiata, senza dimenticare la situazione economica generale, i problemi dell’alimentazione e della salute. Le ricadute dunque a livello scolastico sono enormi, dalla scuola primaria che prevede 6 anni, come pure per quella secondaria che ne prevede altrettanti. Le possibilità degli allievi a poter frequentare le scuole sono limitate. Le famiglie devono spesso vendere quelle poche risorse che permettono loro di vivere, come ad esempio gli animali. Questo con lo scopertine/copo di poter avere figli istruiti. Molti, purtroppo, non hanno ancora la possibilità di ricevere un’istruzione. Le conseguenze della guerra hanno lasciato il segno a molti bambini, traumatizzati dai fatti e dalle conseguenze, rifiutano la scuola per evitare il confronto con i compagni, oppure ostacolati dalle stesse madri che non vogliono che il proprio figlio sia emarginato all’interno della stessa scuola, perché affetto appunto da traumi subiti. Non da ultimo l’oggettiva possibilità di molte famiglie a poter sostenere i costi scolastici.
In effetti, quanto è stato sottolineato maggiormente dagli allievi incontrati, è la difficoltà ad avere la garanzia di frequentare il successivo anno scolastico per l’incertezza finanziaria. Ma non solo per quanto riguarda i "Minerval", le spese d’iscrizione, ma anche per poter aver a disposizione il resto del materiale. Ad esempio il materasso, di un coso di circa Fr. 40. Molti degli allievi della prefettura di Gikongoro, provengono da altre zone del paese e rimangono nella scuola come interni, ritornando a casa alla fine di ogni trimestre, due settimane, e tre mesi durante la pausa estiva. Dunque anche e soprattutto quello che serve per il soggiorno nella scuola ed il materiale scolastico, come libri e quaderni, è quanto pesa maggiormente sulle spalle degli allievi e delle loro famiglie. Molti, tra l’altro, sono orfani e dunque con maggiori difficoltà.
Un altro aspetto non indifferente emerso nel dialogo con gli allievi, è la prospettiva futura nel mondo del lavoro. La maggioranza ha la giusta ambizione di proseguire gli studi per l’università o poter insegnare dopo le scuole secondarie. Anche qui però il fattore finanziario condiziona le scelte. D’altra parte abbiamo incontrato pochi giovani che intendono intraprendere professioni nel settore artigianale o agricolo. In effetti questi due settori offrono attualmente maggiori garanzie. Per il settore artigianale i salari sono nettamente superiori a quelli dell’insegnamento e con corsi base e di specializzazione è possibile un buon inserimento professionale. Pensiamo al settore del legno, della meccanica, ecc. Per il settore agricolo anche le possibilità sono molte, il terreno è molto coltivato, fino a sfruttare ogni angolo delle mille e più colline. Il problema è che attualmente si lavora ancora di braccia e soprattutto le donne devono sobbarcarsi sforzi enormi per poter coltivare quel poco che hanno. Non c’è nessuna meccanizzazione o il sostegno di un animale atto ad aiutare l’uomo nel suo lavoro. Manca dunque anche il necessario sviluppo di base in questo importante settore primario.
Abbiamo dunque intavolato con gli allievi incontrati il discorso sul problema di che strada scegliere per il futuro. Un ragazzo della scuola di Kigeme, ha detto che avrebbe voluto studiare medicina, attualmente era al quarto anno di secondaria ed aveva scelto la specializzazione di infermiere, e che nel paese la necessità di medici che lavorano per lo stato è alta. Nel caso non troverà un posto di lavoro in questo senso, avrebbe aperto uno studio medico privato. Qui l’obiezione che gli abbiamo posto è stata quella di come avrebbe trovato il finanziamento per lo studio e soprattutto come avrebbe fatto ad incassare i soldi per il suo lavoro, vista la difficoltà delle persone a poter pagare le proprie visite.
Il problema di verificare esattamente le possibilità d’inserimento professionale, non sono ancora attuate dagli allievi stessi con sufficiente conoscenza della situazione generale. Come succede anche da noi, si ha appunto la legittima tendenza a puntare sugli studi universitari, ma forse ci si dimentica delle altre possibilità offerte dal mercato del lavoro.
Nel paese il discorso dello sviluppo economico è attualmente difficile e non si vedono stati che vogliano investire in questo paese della Regione dei Grandi Laghi. Molti sono i giovani che si arruolano nell’esercito e che così per il momento possono avere un posto di lavoro. Ma il paese ha bisogno di forze giovani, oltre a tutti quegli adulti attualmente in carcere per accuse di partecipazione al genocidio ed in attesa di giudizio, anche nei settori citati in precedenza.
Per quanto riguarda l’impressione sul progetto ed il lavoro svolto dall’Abbé Emmanuel e dalla sua Caritas diocesana, abbiamo potuto constatare l’impegno positivo profuso. Gli allievi sono stati inseriti nelle diverse scuole di ogni tipo, diocesane, pubbliche o altre private, sparse sul territorio e seguiti regolarmente anche grazie alla collaborazione di Maurizio Marmo, collega della Caritas Italiana che è presente dal 1994 in Ruanda con una sede a Kigali e che segue diversi progetti della Regione dei Grandi Laghi.
La prospettiva per molti allievi è quella di sapere se potranno frequentare l’anno scolastico che attraverserà il secolo, sperando di arrivarci con meno difficoltà che in quello attuale. L’impegno di Caritas Ticino in questo senso sarà valutato prossimamente, come pure quello del Gruppo Missionario della Parrocchia di Giubiasco, Parrocchia dove è nato il sostegno alla Caritas di Gikongoro.
Sul prossimo numero della rivista, torneremo più ampiamente sulla situazione in Ruanda con impressioni ricavate da questa visita e con contributi di persone ascoltate.