Le pari opportunità in Norvegia

A cura di Dani Noris



La Norvegia è un Paese per molti versi simile alla Svizzera interna. Stesso popolo ordinato e lavoratore, stessa cura delle case con i balconi grondanti di gerani, stesso verde dei prati con mandrie di mucche placide, stesse foreste di pini ... ma c'è un aspetto che rende i due Paesi diametralmente opposti, anzi agli antipodi; è la questione dell'assicurazione maternità.
All'indomani della drammatica votazione che ha visto il popolo elvetico rifiutare delle misure minime a favore della maternità, abbiamo incontrato la vice-presisente per le Pari Opportunità in Norvegia, Mona Larsen Asp

D: Ritiene che in Norvegia vigano realmente le pari opportunità?
R:
La legge che tutela le pari opportunità in Norvegia esiste da molto tempo, ma la tutela giuridica non è abbastanza, c’è bisogno di altri mezzi per realizzare concretamente la parità dei sessi.

D: A quali mezzi si riferisce?
R:
In ambito politico fondamentale è stata la legge di quotazione che garantisce almeno il 40% di donne al governo. Questa legge è stata introdotta da Gro Harlem Brundtland durante il suo mandato come capo del governo in Norvegia. È una legge rispettata da tutti: nessun premier può prescindere dalla prevista quotazione di donne nel proprio governo. In ambito privato si è, invece, registrato solo il 5 % di donne negli incarichi più alti e questa situazione si è protratta nel tempo. In questo campo c’è ancora tanta strada da fare.

D: E nell’ambito lavorativo pubblico?
R:
La differenza tra il settore pubblico e quello privato è che in quello pubblico lavorano più donne: ben il 70 %. Nel settore privato lavorano più uomini e questo rende ancora più ardua la presenza femminile; un altro vantaggio nel settore pubblico è che non c’è nessuna discriminazione di salario.

D: E come spiega che in un paese civile come la Norvegia il tasso di donne nel settore privato sia così basso?
R:
È difficile dare una risposta completa a questa domanda. Il problema più grande è l’attitudine degli uomini a non identificare nelle donne potenziali risorse. Questi uomini si scusano, attribuendo l’assenza delle donne al fatto che queste non ambiscano a incarichi di prestigio. L’obiettivo non è che le donne debbano fare le stesse cose degli uomini, ma che abbiano le stesse opportunità. Sulla base di questo principio il dipartimento per le Pari Opportunità norvegese ha creato una banca - dati che include solo nomi femminili che possono, così, facilmente essere reclutate in ambito privato. In questo modo, gli uomini non avranno più scuse..

D: Cosa pensa che si possa ancora fare in Norvegia per la parità dei sessi?
R:
Nell’ambito della parità dei sessi esistono molti miti. Le prime battaglie sono iniziate negli anni 70. Il mito più grande è che la parità dei sessi si sia ottenuta, ma di fatto si è raggiunta solo formalmente. La realtà, però, è ben altra e persino in Norvegia c’è una lunga strada da percorrere. Negli anni 70 la battaglia per la parità dei sessi aveva un carattere di massa. Oggi, invece, si punta su singoli progetti: la politica, la maternità, il settore privato dell’economia. E mi rendo conto che bisognerà puntare sempre più su singoli fattori, per esempio capire il perché le donne non entrino facilmente nel settore privato, scopertine/coprire perché il loro guadagno è inferiore, rispetto a quello degli uomini e, soprattutto, rendersi conto che la parità dei sessi non si otterrà mai interamente. Si tratta, piuttosto, di cambiare la visione che l’uomo ha della donna.

D: In Norvegia alla donna viene concessa un’assicurazione maternità pari a 52 settimane pagate all’80%, di cui le prime 42 pagate al 100 %. Sono previste modifiche alla legge sulla maternità?
R:
Non è prevista alcuna modifica. Si sta pensando, tuttavia, ad aumentare il periodo di maternità attribuibile al padre, che ora ammonta a 4 settimane. Per quanto riguarda la donna riteniamo che siano sufficienti 52 settimane. Inoltre vogliamo apportare qualche modifica alla regolamentazione della ‘paternità’. Ora i sussidi dipendono dal lavoro della donna, cioè se la moglie fa un lavoro part-time anche la ‘paternità’ si dimezza. Noi esigiamo che l’assicurazione maternità per l’uomo sia regolamentata esclusivamente sulla durata del proprio lavoro.

D: Quale è la percentuale di uomini che scelgono di andare in paternità?

R: È una domanda molto interessante. C’è stato un grande dibattito prima dell’introduzione di questa legge nel 93 e soprattutto si temeva che i padri non si servissero di questa possibilità. Oggi 8 uomini su 10 scelgono questa opportunità.

D: Come è la situazione delle donne non lavoratrici in Norvegia. Quale è il sussidio che ricevono durante la maternità?
R:
Le madri senza lavoro ricevono un sussidio al momento del parto, oltre ad altri sussidi previsti dallo Stato per donne senza lavoro. Per 5 anni riceve aiuti per la crescita del bambino.

D: A quanto ammonta questo sussidio?
R:
È difficile quantificare, ma lo scopertine/copo di questo sussidio è quello di garantire una vita dignitosa alla donna e al bambino: il nutrimento, i medicinali e l’educazione del bambino.

D: In quali altri campi vi state battendo per la parità dei sessi?
R:
In tutti i settori della vita sociale: la vita lavorativa, la vita politica, quella delle organizzazioni, delle scuole, nessun settore è più importante dell’altro. Ognuno ha la propria importanza e bisogna dare peso a tutti per ottenere la vera parità dei sessi.

D: E quali modifiche si vogliono apportare al già ottimale sistema scolastico?
R:
La riforma scolastica di 30 anni fa ha portato all’introduzione di lavori tessili, di falegnameria, corsi di cucina riservati ad entrambi i sessi. E inoltre sono stati introdotti dei programmi per insegnare la parità dei sessi. Però i maestri nelle scuole non fanno abbastanza in quest’ambito: si fa ancora troppa differenza tra maschi e femmine.

D: Quindi si vuole puntare piuttosto sull’educazione civica che su corsi pratici?
R:
Bisogna puntare su entrambi. Il 100 % delle persone desidera la parità nei sessi nelle scuole, però da qui a compiere gesti concreti la via è lunga. Un altro esempio sono le sale parto degli ospedali, dove ci sono i bambini vestiti d’azzurro e le femmine di rosa. Le femmine si accarezzano con più dolcezza. Già lì iniziano le differenze, questa tendenza si diffonde.sempre di più.

D: Cosa significa allora per lei realmente parità dei sessi? Perché la donna possa raggiungere la piena parità deve fare delle rinunce a valori come la maternità e, in generale, alla parte rosa che c’è in lei?
R:
Questo fa parte dei miti degli anni 70. Ci si sbaglia pensando che la responsabilità per garantire la parità dei sessi sia delle donne. La responsabilità è della società in generale. Agli uomini è convenuto acquisire la parità dei sessi, perché le sue responsabilità sono diminuite. Non siamo del parere che l’uomo e la donna debbano diventare uguali, però, ci sono dei fattori nella società che provocano queste differenze, come le discriminazioni sul salario. Questi concetti implicano che solo gli uomini possono fare successo, mentre per le donne non è possibile arrivare oltre un certo livello. Ma le donne del 2000 vogliono una formazione, un lavoro, un uomo, una famiglia, del tempo libero significativo. Quindi spetta alla società rendere possibile alla donna tutto ciò.

D: Di recente hanno bocciato un’assicurazione sulla maternità che si aspettava da 52 anni in Svizzera e che avrebbe garantito alla donna in maternità diritti superiori. Cosa ne pensa?
R:
Lo trovo orribile. In Norvegia nel 1977 l’assicurazione- maternità aumenatva da 12 a 18 settimane, il che vuol dire che la Svizzera, rispetto alla Norvegia, sta indietro di circa 25 anni. Anche in Svizzera la società deve avere interesse che nascano bambini. Il governo, la società devono rendere possibile il far nascere figli, garantendo alla donna una sicurezza economica, perché senza questa non si può ottenere una parità sessuale. Bocciare una proposta di 14 settimane di maternità è assolutamente incomprensibile.

D: Cosa pensa allora lei di un Paese in cui le ragioni che hanno portato alla bocciatura della proposta di legge? Sono da ricercare nel fatto che la maternità sia considerata un fatto privato e non un bene pubblico?
R:
Io non conosco abbastanza bene la Svizzera, però, sono convinta che il Paese punti sulle cose sbagliate. Bisogna capire come la società deve essere organizzata per favorire la nascita dei figli. Cioè trovare modi in cui le donne possano ritornare al loro lavoro facilmente anche dopo la nascita dei figli.

D: Se lei dirigesse lo stesso dipartimento in Svizzera, da cosa comincerebbe?
R:
A quanto ho capito la Svizzera ha una lunga strada da percorrere, ma ritengo che principalmente sia da conseguire un rispetto reciproco tra i due sessi e la consapevolezza che anche la donna ha una dignità. Devono fare ancora molto per ottenere la parità dei dirittti, perché la donna ottenga la stessa ricompensa per lo stesso lavoro svolto.

D: La Norvegia prevede dei fondi per il finanziamento di progetti privati volti alla promozione della parità dei sessi?
R:
Il governo ha concesso dei fondi per ogni settore sia pubblico che privato, per stimolare la parità dei sessi.

D: Il governo norvegese sollecita le donne all’apprendimento di materie tecniche?
R:
Si. Si sta cercando di capire in quale modo si possono rendere le materie tecniche più allettanti per le donne. Finora materie come l’informatica erano prerogativa dei ragazzi, oggi sempre più donne scelgono queste materie.Le donne devono diventare grandi, devono smettere di dipendere dall’uomo economicamente.