Disoccupazione: non solo CRISI
Prima dei diplomi è necessaria una corretta mentalità verso il lavoro


Di Giovanni Pellegri



Dieci anni di attività, 1’650 persone assunte dal PO "Mercatino" di Caritas Ticino, sono stati un’occasione per osservare e analizzare la disoccupazione ticinese e per mettere in atto qualche strumento per combatterla. Dalle situazioni concrete che abbiamo incontrato ci pare che il fenomeno disoccupazione meriti di essere affrontato in termini non solo economici, ma anche educativi. Spesso infatti, quello che manca non è il posto di lavoro, ma una corretta mentalità rispetto le offerte dal mercato del lavoro. Potremmo dire, in modo provocatorio, che anche se magicamente creassimo 10’000 posti di lavoro, parecchie persone resterebbero in ogni modo disoccupate, perché non possiedono i requisiti minimi per affrontare con la testa giusta le nuove sfide professionali. In questo senso abbiamo bisogno di educarci al lavoro, di riscopertine/coprire nonostante le fatiche quotidiane, che il lavoro serve innanzitutto alla persona, non all’impresa.

I datori di lavoro cercano persone che sappiano investirsi nel lavoro. I titoli di studio sono importanti, ma secondari ad alcuni criteri importanti, indispensabili per trovare e mantenere un posto di lavoro, come l’affidabilità, l’inventiva, l’elasticità, i ritmi di produzione. Oggi, si preferisce assumere una persona con l’atteggiamento giusto verso il lavoro, piuttosto che un operaio specializzato e diplomato, ma non affidabile e poco elastico. La prima persona saprà offrire molto di più e nello spazio di alcuni mesi imparerà le tecniche necessarie per svolgere il suo lavoro, anche senza i diplomi.

Ci si lamenta della rivoluzione informatica in atto, che non ha fatto altro che creare disoccupazione. A guardare bene, però, ci si accorge che il problema principale non è nemmeno questo. Vi sono persone che conoscono perfettamente un PC, ma che non hanno la testa giusta per giocarsi fino in fondo nel campo professionale, come persone che non conoscono l’informatica, ma che nello spazio di pochi mesi sanno già affrontare le nuove sfide in modo positivo. Quello che è evidente è che nessun corso di informatica saprà trasmettere quelle competenze minime indispensabili per trovare e mantenere un posto di lavoro.

Oggi, si preferisce assumere una persona con l’atteggiamento giusto verso il lavoro, piuttosto che un operaio specializzato e diplomato, ma non affidabile e poco elastico.


È doveroso denunciare le situazione sbagliate presenti nel mondo del lavoro, dove troviamo ancora spesso paghe insufficienti o datori di lavoro incapaci di saper offrire un ambiente professionale positivo. È anche giusto però, ricordare che indipendentemente dai fattori del mercato del lavoro e delle situazioni professionali o salariali concrete, ci troviamo davanti ad una diseducazione rispetto al lavoro. Bisogna quindi insistere nell’ambito educativo perché se al periodo economico sfavorevole aggiungiamo anche una mentalità sbagliata, ci accorgiamo che la crisi c’entra, ma solo come un elemento fra i tanti.

La crisi non ha fatto altro che mettere in evidenza tutte quelle situazioni sbagliate rispetto al lavoro, che, a torto e solamente in nome di un periodo economico favorevole, erano tollerate nel passato. In Ticino, siamo tutti cresciuti con una mentalità sbagliata verso il lavoro. Il posto che tutti hanno desiderato per i propri figli era un posto di lavoro sicuro, possibilmente statale, vicino a casa, e dove non è necessario investirsi più di quel tanto. Oggi questa mentalità ha un corto respiro. Chi non ha l’atteggiamento giusto, una disponibilità maggiore, un’elasticità, non troverà lavoro. La società ci ha diseducati sul senso del lavoro. Questa mentalità applicata per decenni sta dando oggi i suoi frutti amari.