Progetto 
  AGAR 
 per non restare sulla strada
  Una famiglia ticinese crea un centro di accoglienza per donne 
  e bambini in Cambogia 
  
  Di 
  Marco Fantoni
  
  
  
  Da circa 4 anni i coniugi Piergiorgio e Simonetta Tami, ticinesi, attivi con 
  Gioventù in Missione, un'organizzazione internazionale cristiana che 
  attua aiuti d'emergenza, sono impegnati nel progetto Agar nella capitale cambogiana 
  Phnom Penh. Un'iniziativa nata da loro stessi, partita dal nulla e che ha come 
  scopertine/copo il potenziamento ed il miglioramento delle vite delle madri e dei loro 
  figli che vivono nelle strade, come pure dei bambini in situazioni difficili. 
  
  
  La risposta che la famiglia Tami cerca di dare a questa situazione è 
  quella di un'assistenza globale con un programma di sviluppo comunitario integrativo 
  e con programmi di autosostentamento e di riabilitazione. 
  
  Recentemente Piergiorgio Tami è tornato in Ticino per una breve visita 
  e così si è espresso durante l'intervista nel nostro programma 
  televisivo Caritas Insieme: "Siamo partiti con il Centro d'accoglienza 
  per dare un aiuto immediato allo stato d'indigenza in cui si trovano mamme e 
  bambini. Ci sono nelle strade di Phnom Penh dai 6000 ai 10000 bambini non accompagnati 
  e 3000 o più famiglie, mamme con i bambini che mendicano, mangiano i 
  rifiuti, bevono l'acqua dalle fogne e vivono in stato molto indigente, sono 
  quindi vulnerabili alla violenza ed al problema della prostituzione. Il Centro 
  offre immediatamente un aiuto, un'assistenza medica, vitto ed alloggio e attraverso 
  un programma globale si offrono programmi di consulenza che seguono mamma e 
  bambino, il loro stato psicologico ed emotivo per cercare di aiutarli. Oltremodo 
  si offre un futuro, una speranza, quindi una formazione professionale per le 
  mamme e per le ragazze. Un asilo per i bambini più piccoli ed una scuola 
  per i bambini che non l'hanno mai frequentata". 
  
  Al termine del programma di aiuto, le mamme ed i bambini nel limite del possibile 
  vengono reintegrati nei loro villaggi natali o nella città di Phnom Penh. 
  Non per tutti però questo è fattibile. Per diverse cause come 
  violenza in famiglia, assenza del marito a causa di divorzio o perché 
  morto in guerra o la perdita del terreno, queste donne con i loro figli vengono 
  accolti nel Villaggio Agar. È un nuovo villaggio di 13 ettari, donato 
  dal Municipio di Phnom Penh, situato su un isola a 20 km dalla capitale, dove 
  i programmi di sviluppo possono accogliere fino a 50 famiglie. 
  
  Per le donne e bambini che tornano nei loro villaggi o in città l'impatto 
  non è sempre facile. Escono infatti da una situazione "privilegiata" 
  all'interno del Centro d'accoglienza e i pericoli sono sempre in agguato. In 
  proposito Piergiorgio Tami si era così espresso: "Questa è 
  un po' la controparte del programma, in quanto per 6 mesi le persone vivono 
  una situazione "artificiale". L'obiettivo principale è quello 
  di reintegrarli nella società. Loro sanno che il nostro Centro non è 
  una casa, ma un luogo di protezione temporaneo, in seguito si dovrà tornare 
  nella società. L'impatto dipende anche dalla situazione personale. Per 
  molti che hanno ben assimilato le diverse nozioni, specialmente una buona formazione 
  professionale, siamo riusciti a trovare dei posti di lavoro, se la cavano egregiamente, 
  chi nei loro villaggi e chi a Phnom Penh. Vengono poi seguiti secondo i mezzi 
  possibili e sanno anche che possono ritornare se dovessero avere delle crisi 
  economico finanziarie o sociali. Il problema più grande è che 
  una donna della strada rimarrà sempre la donna della strada. Una bambina 
  venduta in prostituzione sarà una ragazza marchiata per sempre. L'integrazione 
  a livello sociale è la barriera più difficile perché è 
  la società che non li accetta più." 
  
  Una situazione d'integrazione non facile che tocca anche noi, dove il problema 
  del pregiudizio richiama un cambiamento culturale e la proposta del Progetto 
  Agar va in questa direzione. 
  
  La validità dello stesso è stata riconosciuta da governi ed enti, 
  come l'UNICEF che l'ha scelto come progetto pilota o lo stesso governo cambogiano, 
  il governo norvegese che da quest'anno lo finanzia, quello di Israele che appoggia 
  lo sviluppo del programma agricolo. 
  
  Tutto questo ha voluto essere completato con una conoscenza nella Svizzera Italiana. 
  È per questo che i promotori del progetto hanno sentito l'esigenza di 
  creare un ponte dalla Cambogia fondando l'Associazione Bambini Bisognosi d'Asia, 
  ABBA, che ha lo scopertine/copo di sensibilizzare i bambini ed i giovani della nostra 
  regione mettendoli a conoscenza dei problemi di loro coetanei cambogiani. 
  
  Sottolineare problemi quotidiani, come l'abuso sessuale dei bambini, l'AIDS, 
  le mamme in difficoltà, problemi vissuti quotidianamente in luoghi distanti 
  ma che sono d'attualità anche da noi. Pure importante il sostegno finanziario 
  che gli amici di Piergiorgio e Simonetta intendono raccogliere tramite ABBA 
  per garantire la continuità di quest'opera. Chi volesse contribuire può 
  farlo versando il proprio sostegno sul ccp 90114717 2 intestato all'associazione 
  ABBA. 
  
  Impegno notevole quello di Piergiorgio e Simonetta Tami con la loro famiglia, 
  che come altri, può essere portato ad esempio di segno di solidarietà 
  vissuta in modo propositivo che va verso quel rispetto della dignità 
  umana spesso dimenticato.