Alle soglie 
  del terzo millennio
  La chimera di un'etica senza 
  Dio
  All'unico desiderio di infinito è venuto 
  sostituendosi un indefinito numero dia desideri finiti che lasciano l'uomo sempre 
  più solo 
  
  Di don Graziano Borgonovo  
  
  
  
  Nella Gaia scienza, Friedrich Nietzsche fa risuonare, per bocca dell'uomo 
  pazzo, l'annuncio che finalmente! Dio è morto. "Che ne è 
  di Dio? lo ve lo dirò. Noi l'abbiamo ucciso - io e voi. Noi 
  siamo i suoi assassini!". Sulle sue ceneri deve innalzarsi il super-uomo, 
  l'uomo nuovo, impastato dell'ideale dionisiaco che "amala vita" e 
  che, voltando definitivamente le spalle alle illusioni del "cielo", 
  prenderà pieno diletto per la sanità della "terra". 
  Il cristianesimo, suprema perversione di tutti i valori, lascia il posto alla 
  volontà forte, all'ebbrezza, ad un nuovo, salutare, e profondo orgoglio. 
  "Un nuovo orgoglio - proclama Zarathustra - mi insegnò 
  il mio lo, e io l'insegno agli uomini: non cacciate più la testa nella 
  sabbia delle cose celesti, ma portatela liberamente: una testa terrestre, che 
  crea essa stessa il senso della terra". Ecco l'uomo nuovo, finalmente padrone 
  a casa sua!
  
  Nell'epoca che si è da poco aperta - la fase "matura" della 
  modernità, l'epoca cosiddetta "post moderna" -, e con un certo 
  anticipo rispetto al nuovo millennio, intellettuali illuminati si sono imposti 
  il nobile compito di far procedere l'umanità oltre Nietzsche: la "trasvalutazione 
  dei vecchi valori", che in Al di là del bene e del male e nella 
  Genealogia della morale si pensava ancora dovesse comportare la costituzione 
  di "nuove tavole" chiamate a rimpiazzare quelle andate in frantumi, 
  non necessita invece - udite con trasporto l'annuncio dell'imminente, definitiva, 
  liberazione - di alcuna "fondazione assoluta". Non c'è nessun 
  bisogno di motivazioni assolute; si può vivere da perfetti nichilisti, 
  quel nichilismo che il grande filosofo cattolico italiano Augusto Del Noce definiva 
  "gaio". "Il nichilismo oggi corrente è il nichilismo gaio, 
  nei due sensi che è senza inquietudine (forse si potrebbe addirittura 
  definirlo per la soppressione dell'"inquietum cor meum" agostiniano) 
  e che ha il suo simbolo nell'omosessualità (si può infatti dire 
  che intende sempre l'amore omosessualmente, anche quando mantiene il rapporto 
  uomo-donna)". Dopo il nichilismo tragico, il nichilismo dolce dunque, come 
  la buona morte. All'unico desiderio di infinito è venuto sostituendosi 
  un indefinito numero di desideri finiti, che lasciano l'uomo - lo si constata 
  in modo vieppiù frequente e drammatico - sempre più solo.
  
  Il Cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, ha di recente ribadito che, 
  per parlare di imperativi etici oggettivamente vincolanti, occorre in primo 
  luogo affrontare la questione di Dio. "Se c'è, è Lui e non 
  io a stabilire che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato". "Il 
  problema è invece dimostrare - si è subito risentito qualche laico 
  incallito, preoccupato di un'insopportabile reviviscenza di integralismo cattolico 
  ...- che se anche Dio è morto, non tutto è permesso" (Salvatore 
  Veca). Ciò su cui il grande Fedor Dostoevskij sembrava decisamente non 
  convenire. Di fronte alla diabolica allucinazione di Ivan nel racconto de I 
  fratelli Karamazov - "una volta che l'umanità intera abbia 
  rinnegato Dio, cadrà la vecchia morale e tutto si rinnoverà" 
  - (qualcosa dunque di molto simile al già citato super-uomo 
  di Nietzsche), il romanziere russo non esita a replicare, con immediata e vigorosa 
  efficacia, che, "se Dio non esiste, allora tutto è lecito", 
  irrimediabilmente. Basti osservare l'esperienza, in tutte le sue sfaccettature 
  personali e sociali e senza necessità di dilungarci qui in ulteriori 
  considerazioni astratte, per averne dolorosa conferma. 
  
  Non che vi sia stata un'epoca in cui l'uomo non abbia commesso il male. Sempre, 
  da che mondo è mondo, dopo il peccato originale, gli uomini hanno trasgredito 
  il Decalogo. Lo hanno però sempre riconosciuto come normativo. 
  Bandita invece da alcuni secoli l'idea stessa di una verità 
  da riconoscere, l'uomo moderno, che vuole essere semplicemente sincero, e sa 
  di non poter corrispondere pienamente ai comandamenti sulla base delle sue sole 
  forze, ne nega il valore. E nega perciò la necessità della Grazia 
  di Cristo. Pretende autogiustificarsi. Ancora il Cardinal Biffi: "il 
  male di oggi è nuovo: è quello di insegnare alle nuove generazioni 
  che i comandamenti non tengono più ... Soprattutto all'umanità 
  post sessantottina, che ha tra i dogmi più venerati della sua cultura 
  quello che "è vietato vietare", i comandamenti riescono particolarmente 
  antipatici, perché sono percepiti come imposizioni arbitrarie". 
  Detto con le parole dell'Enciclica Evangelium vitae ed esemplificando: 
  siamo di fronte oggi ad "un altro genere di attentati, concernenti la vita 
  nascente e terminale, che presentano caratteri nuovi rispetto al passato e sollevano 
  problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella 
  coscienza collettiva, il carattere di "delitto" e ad assumere 
  paradossalmente quello del "diritto", al punto che se ne 
  pretende un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato ..." 
  (n. 11).
  
  Se Dio non c'è, i diritti non potranno che discendere dallo 
  Stato: i singoli effettivi comportamenti allora (cioè le voglie 
  culturali degli individui, comprovate dalla maggioranza della popolazione abitante 
  in un certo territorio) tenderanno vieppiù a ricevere legittimazione 
  da parte degli Stati sovrani stessi, unici possessori del diritto (qualcosa 
  di simile può già essere rintracciabile sia nella dottrina politica 
  di Hobbes, teorico dello Stato assoluto, che in quella di Hegel, massimo esponente 
  dell'idealismo).
  
  Oggi "gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dèi, dicono, 
  ma per nessun dio; e questo non era mai accaduto prima / Che gli uomini negassero 
  gli dèi e adorassero gli dèi, professando innanzitutto la Ragione 
  / E poi il Denaro, il Potere, e ciò che chiamano Vita, o Razza, o Dialettica. 
  / La Chiesa ripudiata, la torre abbattuta, le campane capovolte, cosa possiamo 
  fare / Se non restare con le mani vuote e le palme aperte verso l'alto . 
  È la Chiesa che ha abbandonato l'umanità, o è l'umanità 
  che ha abbandonato la Chiesa? / Quando la Chiesa non è più considerata, 
  e neanche contrastata e gli uomini hanno dimenticato / Tutti gli dèi, 
  salvo l'Usura, la Lussuria e il Potere". Thomas S. Eliot, lungimirante 
  poeta americano, scrivendo nel 1934 i Cori de La Rocca, presentava 
  così, in termini profetici lucidissimi, la drammatica situazione religiosa 
  della maggior parte degli uomini a noi contemporanei. Nessun assoluto; 
  tutti gli dèi dimenticati, salvo l'Usura (l'Interesse comunque 
  procacciato), la Lussuria (il Piacere comunque perseguito) e il Potere 
  (in tutte le sue molteplici forme e da raggiungere con qualsiasi mezzo), idoli 
  cui una morale non assoluta inesorabilmente conduce. 
  
  La chimera designava nell'antichità classica un mostro mitologico dalla 
  testa di leone, il corpo di capra, la coda di drago, e alitante fiamme. In senso 
  figurato, il termine è passato ad indicare poi un sogno irrealizzabile, 
  un'idea priva di fondamento, un'immaginazione strana e impossibile. Letica senza 
  Dio rappresenta senz'altro tale tipo figurato di chimera. Dati però i 
  recenti progressi nel campo della biologia e dell'ingegneria genetica, chissà 
  che un giorno l'uomo non riesca a realizzarla nella sua primitiva accezione 
  letterale ...