Sostegno a un progetto di Caritas Uruguay
Alla ricerca dell'acqua perduta
Impegnata in Uruguay come coordinatrice di un progetto appoggiato da Caritas Ticino, che prevede il miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti di un villaggio, concentrando principalmente l'attenzione sul problema acqua, Mara Tumelero di Carabbia, ci racconta i primi sei mesi di attività a Pueblo del Barro.

Di Mara Tumelero


A
ereoporto di Zurigo, 26 luglio1996: apro il rubinetto nel bagno e violentemente uno scroscio di acqua limpida, calda, abbondante riempie le mie mani.
Scuola n. 103, Pueblo del Barro, Dipartimento di Tacuarembó, Uruguay, 20 giugno 1996: la cuoca della scuola esce, va dietro l'edificio, butta il secchio nel pozzo, agita la corda e lo tira su: dalla profondità di 7 metri riappare con dell'acqua. Lo svuota in un recipiente e rientra. Prende la bottiglia di candeggina (ipocloruro di sodio) e ne aggiunge qualche goccia all'acqua. Dovrà attendere una buona mezz'ora e poi si potrà bere quell'acqua, il cui sapore ricorderà immediatamente l'ambiente di una piscina.
In questo villaggio, situato nel nord dell'Uruguay, in una regione di immensi pascoli sconfinati, caratterizzata dal latifondo e da gravi problemi economici e sociali, le sue 40 famiglie vivono da sempre nell'angoscia dell'acqua: poca e inquinata.
Infatti, da un primo incontro organizzato a Pueblo del Barro con i suoi abitanti, quasi esclusivamente donne, le vere protagoniste del processo di sviluppo del villaggio, il tema dell'assenza di acqua potabile è stato chiaramente indicato come il più preoccupante e urgente.
Ma come poter risolvere una situazione di questo tipo, in un villaggio senza alcuna importanza economica, produttivamente insignificante, escluso dagli interessi dello Stato e dai suoi miseri programmi di assistenza e sviluppo sociale?
A seguito di una serie di visite al villaggio, di riunioni con i suoi abitanti e di conversazioni avute con esperti in materia, l'idea originale del progetto di sostituire i tetti di paglia delle casette esistenti con tetti di lamiera per favorire la raccolta dell'acqua piovana, ed altre proposte alternative sono state scartate perchè considerate poco igieniche o troppo care. Si è giunti quindi alla conclusione che la soluzione migliore era tentare una perforazione a 30-40 metri di profondità, la costruzione di un pozzo e la distribuzione di acqua pura alle famiglie. Questa opzione è l'unica in grado di garantire un rifornimento duraturo e costante, che non dipenda dalle condizioni climatiche e dai millimetri di pioggia caduti.
E così, individuato il nemico, l'assenza di acqua potabile, consolidate le alleanze, con il maestro direttore della scuola elementare di Pueblo del Barro, Jesús Duarte, collaboratore prezioso, e con tutta la popolazione del villaggio, chiarita la strategia, un pozzo profondo, la pacifica battaglia si sarebbe sviluppata principalmente su due fronti.
Innanzitutto in città, Tacuarembó, capitale dipartimentale, a 75 chilometri da Pueblo del Barro. È in città dove ho potuto realizzare gli indispensabili contatti con chi conosce meglio di me la situazione del villaggio e le azioni intraprese in passato. Ho incontrato i tecnici della Regia nazionale dell'acqua potabile, OSE (Obras Sanitarias del Estado), un esperto in sviluppo rurale, delle assistenti sociali, alcuni funzionari municipali, un rabdomante, delle suore, un paio di geologi, il sindaco in persona e l'attuale Presidente nazionale di OSE, già ministro dei lavori pubblici nell'ultimo governo. Ho sempre ricevuto appoggi e buoni consigli da tutti, che, con le loro esperienze, conoscenze, simpatia e disponibilità, hanno chiarito dubbi, incertezze e misteri ad una svizzera catapultata a Pueblo del Barro, mondo completemente sconosciuto e profondamente differente dal nostro.

In questa fase, oltre che dal maestro Jesús, sono stata aiutata ed assistita da Padre Juan Costa Rocha, da trent' anni sacerdote a Tacuarembó, che ha sposato se non battezzato gran parte delle persone contattate, tutte rigorosamente uruguaiane.
L'altro fronte di combattimento era logicamente Pueblo del Barro. Tenendo sempre presente la necessità di integrare la popolazione ai vari aspetti di un'attività di sviluppo, così da favorire la promozione e non la cruda e sterile assistenza, abbiamo organizzato molti incontri con gli abitanti, dove si dialogava apertamente sull'evoluzione del progetto, apportando chiarimenti e suggerimenti reciprocamente. All'inizio, davanti ad un'assemblea diffidente, scostante, sorpresa, forse disillusa e stanca, comunque apparentemente interessata, ma soprattutto molto silenziosa e poco partecipativa. Ma poi, con il passare delle settimane, con una mutua e progressiva conoscenza, con attività ricreative e incontri personali, il rapporto con le donne del villaggio è notevolmente migliorato. Sono le donne che si occupano della casa, dell'educazione dei figli, della piccola mandria di mucche che le più fortunate riescono a possedere, del pezzetto di terra che, acqua permettendo, coltivano dietro casa, che si addossano delle enormi responsabilità in profonda solitudine, senza poter contare sull'aiuto degli uomini. Infatti, come testualmente mi dicevano: « Los hombres nunca están, y cuando están, no sirven ! » (Gli uomini non ci sono mai, e quando ci sono, non servono!).
Due sono le importanti vittorie conseguite fino ad oggi, in un contesto sconosciuto, dove ambientarsi ed orientarsi mi risultava difficile: uno studio idro-geologico preciso e dettagliato che ha rivelato da un lato la scarsità di acqua nel sottosuolo della zona, ma dall'altro la probabilità di trovare acqua pura e sufficiente in almeno tre punti determinati del villaggio, dove presto si inizieranno gli scavi e le prove di estrazione. Inoltre possiamo contare sulla formale promessa ed impegno del Presidente di OSE (Sr. Wilson Elso Goni) e del sindaco di Tacuarembò, nella cui giurisdizione si trova anche Pueblo del Barro (Sr. Eber da Rosa) a firmare con noi un accordo ufficiale dove Caritas, OSE, il Municipio e la popolazione del villaggio contribuiranno insieme, ma con le rispettive competenze, ad assicurare acqua potabile di qualità, in quantità sufficiente e in modo duraturo al villaggio.
Precisiamo che anche in Uruguay tutto si mette in moto e funziona grazie ed attraverso la politica. In un sistema politico composto da soli tre grandi partiti, le amministrazioni pubbliche, gli enti, le organizzazioni statali ed i singoli personaggi di rilievo si interessano alle varie iniziative solo se il colore di fondo corrisponde al proprio. Probabilmente l'interesse e l'appoggio che abbiamo ricevuto per la realizzazione di questo progetto dipende anche dalla mia completa estraneità a questi inconcludenti conflitti politici, grazie alla mia nazionalità non-uruguaiana.
A questo punto è interessante sottolineare come ad una mentalità come quella svizzera, che preferisce la super attività, l'efficienza, la precisione e la rapidità, possa risultare difficile abituarsi ai ritmi uruguaiani. Infatti essi sono differenti, il tempo non trascorre in modo così frenetico, il domani non è così urgente. In qualsiasi lavoro di stampo sociale, dove i cambiamenti sono lenti, e soprattutto all'estero, in culture in cui l'aspetto umano domina l'efficienza ad ogni costo, risulta fondamentale saper rispettare i ritmi. Agire con decisione e qualche sollecitazione in più è permesso ma sconvolgere il caratteristico andamento di una società -nazionale o di un semplice villaggio- rappresenta la causa principale del fallimento di molti progetti di sviluppo o di cooperazione internazionale.
La tattica da adottare per i prossimi sei mesi prevede un incremento delle attività sul fronte di Pueblo del Barro per la realizzazione del pozzo e della rete di distribuzione. Ciò comporterà una serie di incontri anche educativi con le donne ed i bambini, aprendo così altri possibili spazi di intervento.

Si sa, la battaglia finale sarà dura, ma a guerra conclusa festeggeremo stappando tutti insieme, nell'esercito della solidarietà e della fratellanza, una splendida bottiglia di ...acqua, di ottima annata, DOC al 100%!