Una sfida chiamata droga
Legalizziamo tutti i mali del mondo

Di Roby Noris


Depenalizzare il consumo di stupefacenti: lo auspica il nostro Consiglio di Stato rispondendo qualche settimana fa alla consultazione federale, affermando anche nello stesso testo che "Una società senza tossicomanie è l'obiettivo teorico di riferimento". Ma se c'è contraddizione è solo apparente perché il termine "teorico" qui è verosimilmente inteso come utopia e quindi sottintende che una società senza droga è comunque irrealizzabile.
Anche se questa è ormai la linea vincente - sembra persino ragionevole! - a Bellinzona come a Berna, vale la pena di opporsi ancora a questo errore madornale: credere che si possa vincere o comunque tenere sotto controllo una piaga sociale che parte da un comportamento autodistruttivo, cambiando solo alcune condizioni esterne, gli effetti secondari. Un'operazione di cosmesi che non tocca il punto nodale su cui lo stato sta gettando la spugna: l'uso della droga distrugge e deve essere impedito.
E' una bella ipocrisia togliere dalla strada i tossicodipendenti, non più costretti a rubare e a prostituirsi, fornendo loro gratuitamente la droga legale, in luoghi asettici dove suicidarsi lentamente in condizioni socio-sanitarie migliori, lontano dagli occhi degli elettori.
La droga di stato uccide quanto quella dei narcotrafficanti. Inutile giocare sui termini e sulle strumentalizzazioni ideologico-politiche: ciò che manca è il coraggio di un giudizio che stigmatizzi inequivocabilmente l'uso della droga; un fatalismo poco elvetico all'insegna del male minore spacciato per pluralismo. La campagna contro l'AIDS che imperversa da anni in tutta la Svizzera senza lesinare sui mezzi di comunicazione è l'esempio lampante di questa logica che sta educando tutta la Svizzera con messaggi minimalisti da far rabbrividire: fate quel che vi pare e vi piace purché lo facciate in certe condizioni di sicurezza; in questo caso una siringa sterile e un preservativo col marchio di qualità liquidano ogni giudizio di valore. Ma se una società abdica sui giudizi etici e morali perché sembra troppo difficile trovare soluzioni ai mali che si manifestano, si minano irrimediabilmente le fondamenta su cui costruire una società sana. Inutile impegnarsi e teorizzare sulla prevenzione primaria e secondaria quando si è incapaci di sostenere coerentemente l'unica verità sulla droga da cui sviluppare poi tutte le forme di prevenzione: la vita è un bene inestimabile da difendere e la droga è un male da combattere con tutte le forze, sempre, comunque, e senza condizioni. Ma il top delle mistificazioni sul tema droga è ben sintetizzato nel comunicato stampa del Consiglio di Stato quando giustifica la depenalizzazione del consumo di stupefacenti "per rendere evidente la modificazione del concetto di lotta contro la tossicodipendenza in una politica generale di promozione della salute". E' aperta ormai la strada alla legalizzazione di tutti i mali del mondo purché si cataloghino fra quelli inevitabili. Alla stessa stregua con "una politica generale di promozione della salute" qualche stato asiatico potrebbe legalizzare, non riuscendo a combatterli, la prostituzione infantile o il traffico di organi.
Nessuna piaga sociale si risolve con la repressione, ma da uno stato poliziesco e repressivo a uno che legalizza ciò che non riesce a combattere è come cadere dalla padella alla brace.
(dal GdP del 23.7.96)