Sviluppo sociale è sviluppo economico
Se non profit uguale profit

Di Mimi Lepori Bonetti


Non è un gioco di parole o uno scioglilingua per l'estate. E' il tentativo di voler guardare alla società valorizzandone tutti i frammenti.

Ma cos'è il settore non profit? E' il settore dove in maniera coordinata vengono posti, sotto lo stesso tetto, l'insieme di organizzazioni presenti sul territorio. Il termine organizzazioni sta per associazioni, fondazioni, imprese sociali, gruppi; il termine non profit, presente nelle società anglosassone da più di dieci anni e imprestatoci dalla letteratura nordamericana, è paragonabile ad alcune definizioni usate da studiosi europei agli inizi degli anni ottanta, quali per esempio terzo settore, terza dimensione, privato sociale. Tutte queste definizioni, mi si perdoni la semplicità di accostamento, determinano, nelle diverse sfaccettature e secondo l'angolazione che si vuole dare, quel grandissimo settore che è il volontariato e che da sempre accompagna la crescita civile di una società. Ma è chiaro che il non profit, e lo vedremo in seguito, non può essere identificato solamente con il volontariato.

In Ticino, soprattutto durante l'ultimo decennio, si è parlato molto di volontariato, restituendogli quello statuto e quel riconoscimento venuti meno all'inizio dello Stato sociale. Inoltre, durante la crisi del Welfare State, soprattutto tra addetti ai lavori, si è guardato al privato sociale quale attributo dinamico e creativo del tessuto sociale, capace di organizzarsi e di produrre, oltre che beni pubblici (Stato) e privati (mercato) anche quelli legati a beni relazionali primari e collettivi (questa teoria vede in Donati un esponente di rilievo). Il privato sociale quindi, al di là della sua capacità di essere creativo e di elaborare risposte a nuovi bisogni, ha reintrodotto con forza nel dibatitto sulle politiche sociali il valore della società civile, nel suo insieme, quale attore determinante per riorganizzare lo stato sociale. Il settore non profit, quindi, allarga il perimetro della sua definizione e accoglie anche tutte quelle forme di organizzazioni con una chiara matrice economica. Queste imprese però, pur operando nel mercato, non hanno come unica finalità il raggiungimento di un utili economico, ma degli obiettivi sociali, culturali, ambientali. Infatti, se l'impresa ha il compito di produrre ricchezza, valore -questo è il passaggio chiave- non necessariamente questa ricchezza deve essere solo finanziaria. La letteratura di questi ultimi anni è ricca di analisi economiche che danno come indicatore privilegiato, oltre al capitale fisico (logistico e di mezzi tecnici) e al capitale umano (la formazione e il continuo aggiornamento), un terzo capitale quale elemento indiscutibile per lo sviluppo di un' impresa: il capitale sociale, inteso come somma di relazioni che si stabiliscono tra le persone (beni relazionali). Queste analisi devono essere applicate anche alle diverse forme di organizzazioni non profit, di cui, ricordiamolo, la società svizzera e ticinese è ricca.

A noi il compito di voler leggere la realtà ticinese con occhi che sanno valorizzare e dare spazio a queste nuove forme di impresa, che in maniera irrinunciabile fanno parte integrante del patrimonio economico di una società democratica. Ma allora, se parliamo di settore non profit in questa chiave, perché aggiungiamo che il non profit è uguale a profit? Perché sarebbe riduttivo pensare che il non profit è composto unicamente da quell'esercito di volontari che svolgono attività di utilità pubblica. Certo, loro ci sono e il loro peso numerico e economico è grandissimo (a quando uno studio quantitativo e qualitativo sulla presenza di volontari e sul loro apporto economico?) Non possiamo dimenticare infatti che la presenza di questi volontari in lavori di utilità pubbliche fa risparmiare milioni e milioni di franchi allo Stato. Questo non solo perché producendo servizi, molto spesso copertine/coprono i bisogni che senza il loro contributo sarebbero di competenza dello Stato, ma anche perché il loro stesso rendersi utili permette a gruppi di persone (anziani ancora autosufficienti, disoccupati, persone sole, adulti) di vivere esperienze positive, incidendo sicuramente in maniera inferiore sul sistema di sicurezza sociale. Ma il non profit comprende pure imprese sociali dove, soprattutto in questi ultimi anni, si sono visti moderni sistemi di management, tesi a soddisfare vincoli di carattere economico e raggiungere fini di carattere sociale, creando quelle condizioni di benessere necessarie per produrre solidarietà o beni relazionali. Dove alla parola solidarietà non si dà più un'accentuazione di buonismo o sostitutiva, ma le si riconsoce un ruolo importante e nuovo capace di produrre sviluppo. Il profit delle organizzazioni non profit è dato quindi dalla capacità di produrre beni relazionali e beni economici da reinvestire nella società.
Ecco perché anche il settore non profit, con le dovute distinzioni, avrebbe dovuto trovare una sua dignità nel documento delle 101 proposte economiche. Infatti, pensare al rilancio economico di una regione, vuole dire comprendere tutti i frammenti di una società, dando loro uno statuto e un riconoscimento nuovi rispetto al modello economico in cui si vive. Il settore non profit non è quindi un qualcosa che deve essere messo da parte, ma proprio perché la sua rivalorizzazione ha acquisito riconoscimento nella società post industriali, crediamo che una sua collocazione nella grande scacchiera economica di un Paese sia doverosa.