Caritas Insieme diventa sempre più multimediale, oggi comunica anche con i sordomuti
Io, da piccolo, ho sempre visto di sordomuto
Da alcune settimane il sommario all'inizio e alla fine dell'emissione televisiva di Caritas Ticino viene tradotto nel linguaggio dei segni per sordomuti, e su richiesta si traducono anche i diversi servizi su cassetta VHS.
Dante Balbo e Gerri Beretta-Piccoli hanno parlato di questa iniziativa nell'emissione del 4 maggio 1996

A cura di Dante Balbo


Maggio è il mese delle rose e anche nel pac-chetto informativo di Caritas Insieme sboccia una nuova iniziativa.
Gerri Beretta-Piccoli, operatore sociale presso l'ospedale civico e docente, si è reso disponibile per tradurre nella lingua dei segni, il linguaggio dei sordomuti, il sommario della nostra emissione Caritas Insieme; e su richiesta si realizza anche la traduzione dei servizi.
Se l'iniziativa troverà il favore del pubblico, Caritas Insieme potrebbe essere trasmessa in replica la domenica con i servizi della settimana precedente tradotti integralmente nella lingua dei segni.
Per i ciechi la rivista è già tradotta in vario modo, sia come audiocassetta, sia come giornale elettronico da acquisire sull'edicola dei ciechi.
L'idea di estendere il nostro servizio anche ai sordomuti è venuta una sera ad una nostra collega, guardando un telegiornale spagnolo, tradotto simultaneamente per loro.
Caritas non ha le pretese professionistiche dei colleghi ispanici, né i mezzi per supportare economicamente questa iniziativa.
Il nostro punto di forza sono i volontari, che costituiscono lo zoccolo duro della nostra organizzazione.
Abbiamo trovato in Gerri Beretta-Piccoli una completa disponibilità, ma è sempre gradito l'apporto di altri volontari, capaci di usare questo linguaggio: a Lugano vi è una scuola per traduttori nella lingua dei segni e chissà che a Gerri non si aggiunga presto qualche altro volontario proveniente da questo corso.
La prima trasmissione con traduzione del sommario, è stata occasione per intervistare il traduttore.
Come accade spesso a Caritas Insieme, il risultato è andato ben oltre una questione di tecnica linguistica, coinvolgendo il senso delle relazioni quotidiane e il nostro modo di comunicare con gli altri.
Vi proponiamo perciò un estratto dell'intervista, ricordando ai sordomuti o ai loro conoscenti di scriverci o di mandarci un fax, per comunicare se sono interessati a questa iniziativa.

Intervista a Gerri Beretta-Piccoli di Dante Balbo, trasmessa a Caritas Insieme il 4/5.5.96


D: Cosa significa per Gerri comunicare con i sordi?

G: Per me è facile perché io sono nato da mamma e papà sordomuti ed ho sempre parlato con loro. Non mi ricordo più se quando avevo due, tre, quattro anni quando parlavo con la mamma o con il papà, usassi di più le mani o la bocca per parlare: entrambi sono linguaggi, per me, naturali.
Per molti udenti è difficile, perché quando parlano fanno "facciacce" e un sordomuto non capisce, oppure gridano. E' sbagliato. Bisogna imparare a comunicare con il corpo, con la faccia, con le mani. Bisogna provare, perché molte volte gli udenti stanno fermi, duri come un sasso e non si capisce niente di ciò che dicono.

D: Questo per i ciechi è ancora più difficile, addirittura di noi si dice che abbiamo una faccia figée, che vuol dire che è un po' immobile. Ma comunicare vuol dire anche modificare il proprio linguaggio?

G: Questa è una domanda difficile per me, se per comunicare con i sordomuti io cambio?, un po' sì, perché quando parlo con un udente lo faccio più velocemente, con un sordomuto invece, vado più adagio, perché mi è un po' difficile spiegarmi chiaramente. Allora cerco di essere un po' più lento, ma sicuro che il sordomuto abbia capito.
Mi scuso se dico sordomuto, adesso i moderni dicono audioleso, non voglio offendere nessuno, ma io sono abituato così: da piccolo ho sempre visto dire sordomuto.

D: Abbiamo anche noi lo stesso problema, i ciechi li chiamano non vedenti , io ed un mio amico abbiamo pensato che i vedenti li chiameremo non ciechi ...

G: Ha ragione Dante. Sordomuto, cieco, è uguale, l'importante è capire che è una persona un po' diversa nel parlare, nel comunicare. Un altro, allora, "normale", deve cercare di capire cosa c'è di diverso. Un sordomuto è uguale agli altri, gioca a calcio, va in vacanza, fa i figli, mangia come tutti.Ma per comunicare ha una caratteristica importante, è obbligato a guardare sempre di faccia l'altro.
Gli udenti per dire "stupido" possono andare in un'altra stanza, ma a un sordomuto devo dirlo davanti: "Tu sei stupido!"
Allora credo che un sordomuto sia più onesto, perché deve comunicare guardando in faccia il suo interlocutore, mentre agli udenti è un po' più facile scappare.
D: E notevole quello che stai dicendo perché mette in luce una ricchezza diversa.
C'è nel linguaggio dei sordomuti qualche cosa che permetterebbe di arricchire anche il mondo dei cosiddetti normali?

G: Io credo di sì. Gli udenti sono abituati a sentire molti rumori e non ascoltano chi parla, perché sono distratti da molti stimoli diversi. Allora è importante ascoltare.
Tre anni fa cera un manifesto per i deboli di udito che diceva: "ascolta con gli occhi".
Questo vuol dire anche fermarsi un po' e parlare, non avere sempre fretta, perché la fretta fa perdere il contatto con l'uomo, mentre se si va più adagio si e più tranquilli e più sorridenti.
...I sordomuti sono molto pochi in Ticino, saranno 60-70 persone, ma a Varese e Como, questi amici sordomuti sono molti e ci ascoltano. Non bisogna inoltre dimenticare che se anche i sordomuti sono pochi, vanno aiutati a capire questo nuovo mondo.

D: Un'ultima questione, è difficile imparare la lingua dei segni?

G: Forse è un po' difficile ma adesso ci sono delle scuole. Anche qui a Lugano hanno aperto un corso per imparare a essere traduttore della lingua dei segni.
E' facile se si vuole comunicare, soprattutto se poi si va a incontrare dei sordomuti e provare a scopertine/coprire questo nuovo mondo, un mondo diverso ma simpatico. Io sono nato con loro e ho sempre visto i sordomuti contenti, contenti perché forse non sentono molte cose tristi o noiose.
Bisogna provare.