Agricoltura ai disoccupati: è possibile, ma c'è dell'altro


Abbiamo ipotizzato, in un incontro con l'Ufficio Cantonale del Lavoro, che a partire dall'esperienza orticola del programma occupazionale di Caritas Ticino, tenuto conto dei dati positivi sulla produzione, si allarghi la sperimentazione del lavoro agricolo come programma occupazionale anche ad altre aziende. Vorremmo che non fosse così utopico immaginare che il lavoro agricolo diventi un'opportunità di posti per i disoccupati a rotazione sotto forma di programmi occupazionali.

Dovendo creare in Ticino altri 550 posti in corsi e programmi occupazionali per ragiungere i 1300 previsti dalla nuova legge federale sulla disoccupazione, l'agricoltura potrebbe offrire veri posti di lavoro e non paliativi: si tratterebbe di creare dei programmi occupazionali da offrire alle aziende agricole e orticole che dovrebbero continuare a produrre e guadagnare come prima, ma con operai disoccupati e non più stagionali.

All'azienda si dovrebbe offrirebbe un numero di disoccupati maggiore rispetto alla manodopera stagionale in quanto i disoccupati non hanno esperienza agricola e non riuscirebbero alrimenti a garantire i livelli di produzione necessari. L'esperienza di Caritas Ticino a Pollegio e all'Isola di Cadenazzo dimostra che ciò è posibile. Ce lo conferma anche Nicola Giambonini, capo ufficio cantonale del lavoro durante l'emissione di Caritas Insieme del 2 marzo, di cui proponiamo un passagio.

E sui prossimi numeri di questa rivista cercheremo di proporre ancora nuove piste su cui riflettere, a partire dall'esperienza concreta e quotidiana dei programmi occupazionali di Caritas Ticino e dall'incontro con tutti coloro che sulla disoccupazione non hanno gettato la spugna.RN

Roby Noris: Perché non usare dell'attività orticola/agricola per fare dei programmi occupazionali, come fa Caritas Ticino a Pollegio e a Cadenazzo all'Isola Verde? E' un'esperienza particolare che è andata bene in quelle condizioni o potrebbe essere proposta più su larga scala in Ticino?

Nicola Giambonini: Questo è un settore che l'Ufficio federale a Berna aveva già individuato e aveva fatto partire due anni fa un progetto pilota per l'organizzazione di programmi occupazionali in agricoltura. Era pilota nel senso che avremmo potuto far lavorare dei disoccupati presso delle aziende agricole private, in modo ampiamente sussidiato dalla legge sulla disoccupazione. Questo era una "prima" perché in tutto il resto del settore privato i programmi occupazionali non si possono organizzare per ovvi motivi di concorrenza. Però si era individuato un settore dove la concorrenza sostanzialmente non c'è. E questo era una buona opportunità.

Abbiamo iniziato un discorso con il segretariato agricolo del Canton Ticino, e qualcosa si farà nei prossimi tempi, ma la grossa incognita è l'estrema reticenza da parte degli agricoltori stessi, dei proprietari agricoli a poter pensare che il ticinese, o il residente o il domiciliato possa fare quel lavoro lì. Non riescono a credere che sia possibile.

Si tratterebbe di dare la possibilità all'azienda agricola, di avere allo stesso prezzo di uno stagionale, due disoccupati.

Roby Noris: Con un'organizzazione che gestisce questi disoccupati, le aziende non verrebbero abbandonate...

Nicola Giambonini: Questa è una strada interessante da percorrere.

Ma ritengo ancora più interessanti quei settori o quelle attività nascoste, nel settore industriale che oggi vengono esportate.

Certe fasi del processo di produzione non sono più redditizie. E' una questione di costo di mano d'opera. A questo punto tutte le aziende vanno all'estero; e una possibilità per tenere qui questi lavori, e per dar lavoro alla gente, è quella di sussidiarli abbondantemente.

Roby Noris: Ma come fare per evitare il pericolo di entrare in un pericoloso gioco che potrebbe favorire forme di economia privata sussidiate con denaro pubblico?

Nicola Giambonini: Il tutto corre su un confine molto labile, un confine trasparente fra l'utilità e il pericolo di un programma occupazionale dove si rischia davvero di rovinare il mercato del lavoro. L'incentivare più l'ente , l'organizzatore, il comune o lo stesso cantone ad indirizzarsi su un programma occupazionale perché è una forma a buon mercato piuttosto che creare delle attività sul mercato: questo è un grosso pericolo.

Questa è l'unica attività di controllo che ha l'ufficio del lavoro sui programma. Non siamo un ente autoritario che controlla, ma un ente che stimola la creazione di programmi. Ma dobbiamo avere un occhio di riguardo sulla concorrenzialità con l'economia privata. E questo è un punto molto delicato anche da valutare. Soprattutto facciamo capo alle associazioni professionali per un loro parere.