Ripresa economica, programmi occupazionali, assistenza sociale, progetti di integrazione lavorativa
Disoccupazione di lunga durata: che fare?

Di Luigi Brembilla


Con la ripresa economica sarà possibile un calo della disoccupazione?

Il dato ormai certo é che la produzione di beni si sta spostando da Nord a Sud e da Ovest a Est del mondo e cioè dove il costo della manodopera é molto più basso del nostro.

Riconvertire é diventato un imperativo in campo economico-produttivo, nuovi impianti, nuove tecnologie e nuove professionalità. Molto spesso professionalità che richiedono basi culturali, scientifiche e tecniche di livello medio-alto (specializzazioni post diploma e post laurea).

Gli investimenti economici vanno verso la direzione della ricerca scientifica, della produzione di alta tecnologia e di servizi altamente qualificati.

Non é più pensabile una ripresa economica con grande assorbimento di manodopera a basso contenuto professionale tantomeno senza alcuna formazione. Risulta evidente sin da ora che non é possibile un assorbimento della disoccupazione di lunga durata nel mercato del lavoro nei prossimi anni.

I Programmi occupazionali possono rispondere all'obiettivo del reinserimento lavorativo di disoccupati di lunga durata?

Premesso che la situazione della disoccupazione di lunga durata presenta un'offerta di lavoro mediamente senza formazione alcuna; che gli spazi di mercato per queste figure professionali si stanno riducendo in modo vertiginoso, il reinserimento lavorativo di queste persone si riduce alla copertine/copertura del ricambio fisiologico di manodopera di pari livello.

L'organizzazione di Programmi Occupazionali con finalità di formazione e/o riqualificazione professionale del disoccupato di lunga durata, non é realistica se non su situazioni particolari e ben finalizzate a richieste specifiche di mercato. Questo perché non é possibile portare, in 6 mesi, persone senza alcuna formazione a livelli professionali adeguati alle opportunità di lavoro oggi disponibili.

La formazione possibile al disoccupato di questa fascia diventa in prima istanza: l'assunzione di responsabilità verso un contratto, l'assolvimento degli impegni contrattuali e il riconoscimento del valore di scambio delle prestazioni. Di fatto si tratta di riprendere o instaurare un rapporto di fiducia oltre che un rapporto contrattuale.

Quindi i contenuti formativi diventano prestazioni in tempi adeguati, qualità, garanzia di continuità prima ancora che contenuti professionali veri e propri.

A questo punto però subentra un aspetto importante della legge istitutiva dei Programmi Occupazionali. Le attività svolte dai Programmi Occupazionali non debbono essere in concorrenza con le attività produttive già esistenti. Se questo principio é sacrosanto per la natura stessa del mercato, dall'altra mette i Programmi Occupazionali in situazioni di dover operare su attività di difficile reperimento e con scarse garanzie di continuità.

Altro aspetto importante per l'organizzazione di un Programma Occupazionale é il contenuto delle attività che devono mantenere caratteristiche di utilità. Attività inutili o con scarso senso di realtà e di utilità peggiorano la già critica situazione delle persone in difficoltà.

Il reperimento di nuovi ambiti di attività diventa un elemento cruciale per possibili espansioni e/o riorganizzazione dei nostri Programmi Occupazionali.

Si stanno dimostrando aree interessanti quelle del riciclaggio in quanto il normale mercato non può sostenerne i costi per l'elevata richiesta di manodopera. Oppure lo sviluppo di attività di produzione di prodotti e/o semilavorati importati. E in questa prospettiva va considerata la sperimentazione nel campo dell'orticoltura in atto da due anni nel programma di Caritas Ticino di cui si parla in questa rivista nell'articolo di Sergio Treta.

In sintesi: la formazione possibile per persone in disoccupazione di lunga durata diventa quella della ripresa di ritmi, stile e coscienza lavorativa; la progettazione di Programmi Occupazionali che facilitino questi obiettivi devono avere caratteristiche di situazioni produttive significative, qualificate, riconosciute e valorizzate dal mercato. A tutti gli effetti la situazione dei Programmi Occupazionali dovrà assomigliare sempre di più ad un "Programma d'Impresa".

Per la realizzazione di questi obiettivi necessita però una stretta collaborazione tra mondo economico (istituzioni e imprese) e soggetti gestori di Programmi Occupazionali.

Assistenza sociale: quale risposta al bisogno di occupazione?

Ma se il numero di possibili reinserimenti professionali dati dalle misure a sostegno dell'occupazione e del reinserimento è limitato, l'assistenza sociale resta l'ultimo sistema di difesa per le persone senza possibilità di produrre reddito.

Dalla "Legge sull'Assistenza Sociale" citiamo:

"Art. 1.-: Lo stato provvede, nel rispetto della dignità e dei diritti della persona, all'attribuzione delle prestazioni sociali stabilite dalla legislazione federale o cantonale e, in particolare all'assistenza di quanti stanno per cadere o siano caduti nel bisogno.

Esse hanno lo scopertine/copo di favorire l'inserimento sociale e professionale dei beneficiari".

Sicuramente la revisione fatta il 3.4.94 con il cpv. 2 é una grossa conquista nel concetto dell'assistenza. Apre una strada verso il diritto ad un "posto" nella società, uno "spazio" d'azione verso l'autosufficienza e autodeterminazione della persona.

Purtroppo però anche questa conquista legislativa deve fare i conti con il mercato del lavoro. Niente posti di lavoro, niente spazi per l'inserimento sociale e professionale.

L'assistenza ritorna ad essere prevalentemente "provvedimenti assistenziali propriamente detti".

Ora, dato il grande numero di persone che dalle misure di crisi sono passate all'assistenza o addirittura fuori dal controllo sociale, non é chiaro quali siano i costi sociali di tale fenomeno. Costi sociali diretti e costi sociali indiretti. Diretti sono i costi dei provvedimenti assistenziali; indiretti i possibili risvolti culturali conseguenti alla effettiva emarginazione subita. Se per i primi i conti si possono facilmente fare, per i secondi no. I risvolti culturali dati dall'emarginazione mettono in atto concetti e abitudini di dipendenza, di negazione, di impossibilità, di malattia, di lassismo, di dovuto, di devianza e quindi difficilmente quantificabili anche perché i "frutti" di questa cultura arrivano a "maturazione" anche a distanza di tempo.

Progetti di integrazione lavorativa

Viste le parziali risposte che il mercato del lavoro, i programmi occupazionali e l'assistenza sociale danno al bisogno di occupazione, non resta che attivare nuove risorse in nuove iniziative.

Risorse che devono scaturire dall'incontro tra "servizi". Servizi economici (Dipartimento Economia) e servizi sociali (Dipartimento Opere Sociali). Se legislazioni a sostegno dell'economia, a sostegno dell'occupazione e a sostegno della persona, separatamente, non portano a risultati soddisfacenti, l'ipotesi di un incontro diventa inevitabile.

Quindi il "Promuovimento Economico" potrebbe dare un contributo di indirizzo e sostegno a iniziative di "attività economiche" sussidiate.

Così pure l'Ufficio dell'assistenza sociale con i "Comitati sulla valutazione dei progetti" possono concorrere allo sviluppo di "progetti continuativi" per l'occupazione di soggetti in "assistenza" e/o emarginazione sociale.

Non più interventi per "settore" ma progetti per "problemi". Non più leggi dipartimentali ma "leggi" di "rete" istituzionale. Se la LADI tenta di risolvere il problema del reinserimento lavorativo con i Programmi Occupazionali e la LAS la sussistenza e l'inserimento sociale e professionale individuale, un anello di congiunzione tra le due potrebbe permettere anche un lavoro "sussidiato" per chi é fuori da queste possibilità.

Si tratta ora di dare l'opportunità a chi professionalmente non ha più prospettive e risorse individuali per il rientro nel mercato del lavoro, di potersi "guadagnare" il sussidio previsto dall'assistenza sociale.

Quindi tutta l'esperienza dei Programmi Occupazionali potrebbe essere un punto di partenza per sperimentazioni di nuovi progetti di lavoro sussidiato.

Gli ambiti di lavoro potranno essere tutte quelle attività di servizio o di produzione di beni considerati socialmente utili. Interventi che possono andare da servizi alla persona, all'ambiente e perché no all'economia locale; sostegno ad associazioni non a scopertine/copo di lucro, associazioni di imprese o federazioni di produttori. Soprattutto queste ultime potrebbero rivelarsi buone opportunità. Una "programmazione economica sussidiata" a sostegno dell'economia primaria.

Un'economia parallela e controllata che non crei concorrenza o ostacoli ma contribuisca al rafforzamento della produzione. Attività rivolte non a soggetti o imprese individuali, ma a gruppi riconosciuti e legittimati.

Punti qualificanti di questi progetti sono:

1. restituzione di un diritto negato: il lavoro

2. risposta a situazioni di emarginazione sociale e culturale conclamate

3. recupero di potenzialità

4. prevenzioni di situazioni a rischio

Resta molto difficile ora fare valutazioni di merito sulla proposta, necessita di analisi approfondite sia sulla consistenza del bisogno sia sulle fattibilità del percorso. L'esperienza fatta con i Programmi Occupazionali Caritas Ticino, ci indica che siamo di fronte a impegni inderogabili rispetto al bisogno e a possibilità concrete rispetto a sperimentazioni.

I rischi di un processo per una economia parallela o sussidiata ci possono sicuramente essere. I rischi di un processo di emarginazione su una percentuale non indifferente della popolazione sono già presenti.

Aprire un dibattito sul tema é doveroso, avviare progetti sperimentali ci sembra già possibile.