Santi da scopertine/coprire di Patrizia Solari
Santi da scopertine/coprire: fermiamoci un momento


All'inizio di questo nuovo anno, facciamo una pausa nel nostro ripercorrere le biografie dei santi, per cogliere alcuni spunti di riflessione che ci permettono di proseguire meglio nell'incontro con queste persone, per le quali Dio è diventato l'avvenimento che ha cambiato la vita per condurla alla sua verità più profonda. E anche per capire che questo avvenimento accade a ognuno di noi.

Riportiamo a questo scopertine/copo alcuni stralci dell'introduzione al primo volume di Antonio Sicari "Ritratti di santi", autore dal quale abbiamo attinto a piene mani le notizie sulla maggior parte dei santi proposti in questa rivista.

Santità come dono e come ricchezza

"Anzitutto la santità è un dono-avvenimento. Qualcosa che accade gratuitamente ("grazia") all'uomo e lo modifica sostanzialmente.

La Parola scritta di Dio descrive ciò come 'nuova creazione', 'rigenerazione', 'vita nuova', 'nuova nascita', 'inseminazione divina', 'adozione', 'filiazione', inabitazione dello Spirito Santo', 'vita eterna'(...).

La tradizione ha riunito quasi tutto in un celebre frammento di Giovanni Crisostomo, citato da S. Agostino: 'Ecco che godono di una serena libertà coloro che (= i neo-battezzati) fino a poco fa erano ancora prigionieri, e sono divenuti cittadini della Chiesa coloro che erano nello smarrimento del vagabondaggio, e si trovano nel benessere della giustizia coloro che erano nella confusione del peccato. Infatti essi non sono soltanto liberi ma anche santi; non soltanto santi ma anche giusti; non soltanto giusti ma anche figli; non soltanto figli ma anche eredi; non soltanto eredi ma anche membra; non soltanto membra ma anche tempio e organi dello Spirito. Vedi quanti sono i doni del battesimo! E alcuni pensano che la grazia celeste consista solo nella remissione dei peccati! Noi invece abbiamo enumerato dieci privilegi. E' per questo che battezziamo anche i bambini, benché non abbiano commesso peccati: affinché ad essi venga data la santità, la giustizia, l'adozione, l'eredità, la fraternità di Cristo: perché siano sue membra' (cf. Contra Julianum 1,5, 21).

Questa descrizione -che potrebbe essere molto più diffusamente trattata- ci ricorda che nel cristianesimo tutto l'essenziale consiste in un gesto divino che prende gratuitamente la debole e peccatrice creatura e la mette in vitale comunione col Santo Figlio di Dio fatto uomo." (pagg. 13-14)

"Forse non c'è mai stata nella storia della Chiesa eresia più grave e ricorrente di questa: che, quando si parla di santità e del necessario impegno morale dell'uomo per rispondere alla grazia di Dio, per 'operare il bene', inavvertitamente ma tenacemente l'uomo tende a dimenticare l'essenzialità del dono preesistente, di ciò che Dio ha già-fatto e tende di conseguenza a ridurre Cristo a un modello da imitare. Diceva già Agostino ai Pelagiani: 'questo è l'orrendo e occulto virus della vostra eresia, che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel suo esempio e non nel suo dono' (Contra Julianum).

In certe epoche storiche, la dimenticanza di Cristo-dono (e dei suoi doni) e la sua riduzione a modello esprime una ottimistica e orgogliosa fiducia nelle forze umane, in altre epoche esprime piuttosto la paura di alienarsi. In alcuni cristiani essa si esprime come apatia e sfiduciata dimenticanza, in altri come esasperato attivismo. Ma, a conti fatti, è sempre una 'perdita di Memoria' che trascura come all'origine della (possibile) santità umana sta solo un gesto di pura misericordia gratuitamente offerto e continuamente offerto e offerto a tutti. Come diceva Adrienne von Speyr- ci si dimentica che 'la santità non consiste nel fatto che l'uomo dà tutto, ma nel fatto che Dio prende tutto': e Dio dona esattamente il gesto con cui prende.

E' vero che esiste anche il pericolo opposto -documentato già nella tragica crisi protestante, ma non solo in essa- : che cioè la sottolineatura unilaterale del dono conduca al deprezzamento delle opere, a dimenticare la necessità di 'imitare Cristo', di 'continuare a santificarsi ancora' (Apoc. 22,11). Ma ciò paradossalmente conferma che perfino l'affermazione del dono può essere un'opera umana: quando cioè non gli si lascia esprimere tutta la sua 'naturale' tendenza a 'prendere', a far produrre frutto, coinvolgendo la libera responsabilità dell'uomo." (pag. 15)

Santità come compito

"Ogni dono affida un compito. (...) La tradizione ha espresso ciò con un'espressione di rara potenza evocativa: 'diventa quello che sei'.

Dal punto di vista della 'santità' offerta come dono, non c'è alcuna differenza tra un bimbo appena battezzato e un grande mistico, assorto nell'unione con Dio, o un vecchio asceta macerato d'amore e di penitenza. La differenza è solo in questo: che il bambino possiede il dono della santità come possiede il dono della vita: è intero, ma deve ancora spiegarsi, deve divenir 'compito' paziente e generoso, mentre il vecchio asceta ha compiuto la sua vita, ha compiutamente e responsabilmente accolto il dono. Tra i due non c'è realisticamente altro spazio di vera esistenza cristiana se non quella abortita di chi invecchia nella vita, restando a baloccarsi infantilmente col dono inutilizzato di Dio.

E' chiaro che abbiamo parlato di 'vecchio asceta' a titolo puramente esemplificativo, favorendo il gioco dei contrasti, ma ben sapendo che la realtà è molto più complessa e ricca di sfumature e di possibilità.

Innanzitutto la santità non si presenta con un "unico modello. O meglio: ha un unico Modello: 'la santità è il riflesso della figura dell'Unico in cui l'umanità si è compiuta secondo tutte le potenzialità: Gesù Cristo'1). Scrive Paolo ai Tessalonicesi: 'A questo Dio vi ha chiamati... ad acquistare la Gloria del Signore nostro Gesù Cristo' (II, 2, 13-14). Ma questa Gloria si 'riflette sul volto' dei credenti secondo la loro personalissima struttura e storia.

Innanzitutto quindi c'è per così dire un volto comune della santità, che va osservato prima d'ogni altra determinazione: qualcosa che deve essere chiesto indistintamente a tutti. (...) 'Rivestitevi dunque come si conviene a eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente... E soprattutto rivestitevi di carità che è il vicolo della perfezione... qualunque cosa facciate, in parole o in atti, fate tutto nel nome del Signore nostro Gesù Cristo? (Col 3, 10ss).

Non si può barare col dono ricevuto della santità: se esso viene accolto, riproduce infallibilmente nell'uomo la matura dolcezza del volto di Cristo, al di là e nonostante il peccato che continua a travagliare ogni creatura che è per definizione debole e imperfetta." (pagg. 16-17)

"Ma vorremmo piuttosto dedicare alcune riflessioni alla santità considerata secondo quell'impronta particolare che Dio destina ad ognuno 'proprio quondam modo'. (...)

Anzitutto occorre ricordare che la santità è una 'volontà di Dio' (1 Tess 4,3) e a ciò, dal versante umano, corrisponde il 'fare questa volontà'. Il richiamo sarebbe perfino banale, se non ci si ricordasse che non si tratta d'affermare un principio generico, evidente nella sua ovvietà, ma di affermare il preciso risvolto esistenziale: santità per me è fare la volontà che Dio ha su di me, nella sua concreta, unica, preziosa e irripetibile determinazione. 2)

(...) Riconoscere questa volontà determinante e santificante di Dio su di Sé è cosa facile e difficile assieme. Difficile se si affida la ricerca alla mutabilità delle analisi umane e degli umani condizionamenti. Facile se si segue il rigoroso processo di svelamento proprio dell'agire incarnato di Dio.

Ora, la volontà di Dio su ogni uomo è sempre una volontà di pace per 'formare un solo corpo': 'regni nei vostri cuori la pace di Cristo nella quale siete stati chiamati per formare un solo corpo' (Col 3,12).

Non c'è volontà santificante di Dio che possa isolare un uomo dal progetto di edificazione armonica del corpo di Cristo. Non c'è volontà di Dio che curi la perfezione individuale di una creatura.

Ognuno certo ha la vocazione di realizzare la pienezza della propria irripetibile personalità. Ma tale personalità può essere nutrita e generata solo come membro di un corpo (cfr. Ef 4,1-7; 11-16).

Non c'è santo la cui santità non si identifichi con un ministero che serve all'edificazione dell'intero corpo. Non c'è santo che non sappia che il suo vero e radicale compito è una missione ecclesiale. Non c'è santo che non comprenda come la santità propria consiste nel preoccuparsi della santità degli altri membri. Perciò la propria vocazione alla santità (la 'volontà di Dio') è sempre inscritta dentro un perimetro ecclesiale, sempre piantata in un terreno, in un humus che nutre quella stessa santità (che perciò è humilis) e di essa a sua volta si nutre.

Come in Cristo, il gesto pieno della santità è nel farsi eucarestia, nel distribuire la propria esistenza come cibo. E' -se si vuole- un modo diverso di dire che la santità consiste nell'amore: amore a Dio e partecipazione effettiva al suo amore per il mondo." (pagg. 17-19)

"Questa adesione irrevocabile a un corpo di cui si è fatti membra bisognose di unità (nonostante e prima di qualsivoglia genialità individuale) è la prima ascesi di chi vuol rispettare il dono e il compito della propria santità. Se essa manca, ogni altra ascesi è -per un cristiano- un rifugio nella maledizione delle opere. Se essa invece è ricercata, ogni altra ascesi si rivela come preparazione o sostegno di quell'unica ascesi necessaria.

A conclusione di tutto, ci pare tuttavia necessario ricordare che c'è un modo di unificare tutto il discorso biblico sulla santità del cristiano. Uno dei sensi più profondi, originali e propri, del termine 'santo' è questo: appartenente a Dio, riservato a Lui, con un particolare riferimento al culto. Ebbene: l'intera Chiesa è un tempio santo e l'intera vita dei cristiani dev'essere un'offerta a Dio (...).

Perfino tutto ciò che è terreno -'i vostri corpi' (Rom 12,1)- partecipa a una solenne cosmica liturgia, in cui ognuno è sacerdote in Cristo. Per essere e diventare santi basta perciò obbedire, sinceramente e umilmente, all'esortazione dell'apostolo Paolo. 'Fate eucarestia di tutte le cose, perché questo è ciò che Dio vuole da tutti voi in Cristo Gesù. Non estinguete lo Spirito' (1 Tess 5, 18-19)". (pagg. 19-20)

1) L. Giussani, Introduzione a "I Santi" di C. Martindale, Milano 1976

2) P. Claudel ne "L'annuncio a Maria" scrive significativamente: "Santità non è baciare sulla bocca un lebbroso o morire in terra di Paganìa, ma fare la volontà di Dio, prontamente, si tratti di stare al proprio posto o di salire più in alto".