Conferenza Missionaria della Svizzera italiana
Los Olivos e dintorni

Di Franco Ferrari


Scendendo dalla città di Barranquilla, superata una curva poco dopo una vecchia cisterna per l'acqua potabile, si scorge gran parte della pianura sulla quale sono sorti in questi anni parecchi barrios d'invasione, E' una vasta spianata costellata da migliaia di piccole costruzioni; da lontano l'impressione è perfino piacevole, perché a differenza di altre periferie latino-americane, qui c'è abbastanza verde che contribuisce a dare un'idea migliore della realtà. Una larga strada taglia in due la pianura, è la Circonvalar, la circonvallazione della città che porta all'aeroporto e che divide pericolosamente in due il barrio Los Olivos.

E' in questo barrio che è giunta tredici anni orsono la prima équipe missionaria della nostra Diocesi guidata da don Pietro Borelli, con lo scopertine/copo di creare una comunità cristiana per istituire, più tardi, una parrocchia. Poi in verità la parrocchia fu costituita prima che si creasse una comunità, anzi fu istituita subito all'arrivo di don Pietro, Borelli, partito all'avanguardia, prima ancora che arrivasse il resto dell'équipe. I tempi fissati nei progetti, pur ben studiati a tavolino, non sono mai gli stessi di quelli reali, e la smania di cominciare subito a fare qualcosa, nonostante le esperienze e gli errori precedenti, è sempre più forte delle raccomandazioni.

La parrocchia non comprendeva solo i barrios Los Olivos prima e seconda "etapa" in quanto divisi dalla funesta superstrada, con i loro quindicimila abitanti, ma anche la Estrellias e La Pradera, due quartieri che si erano formati qualche anno prima e quindi maggiormente consolidati e il Por Fin, un barrio di recente invasione con i suoi "ranchiti", cioè le casupole di legno e la sua grande povertà, per un totale di circa quarantamila persone.

La prima équipe composta oltre che da don Borelli, da Mauro Clerici, Rosalba Lupi e Giuliana Calabresi, ha svolto un importante lavoro di evangelizzazione e di animazione, con lo scopertine/copo di dare inizio ad una comunità cristiana, promuovendo la dinamica di vita comunitaria e la creazione di gruppi di attività ( maestri di scuola, gruppi di quartiere, di mamme, di studenti ) e realizzando alcune infrastrutture elementari (casa parrocchiale, ufficio, due cappelle, saloni comunitari, biblioteca). I membri laici dell'équipe oltre a collaborare con don Pietro nella pastorale e con i diversi gruppi che si erano formati, hanno differenziato la loro attività, privilegiando quei settori che rispondevano meglio alla loro formazione. Cos" Mauro Clerici, docente, si era occupato del settore scolastico, creando una scuola serale elementare per adulti e una scuola secondaria pure serale (Bachillierato notturno) inserita nel collegio già esistente, che la parrocchia aveva aiutato ad ampliare.

Rosalba, maestra d'asilo, si occupava in particolare del settore

prescolastico e di un programma di alimentazione creando degli asili infantili popolari che con pochi mezzi, ma con l'aiuto prezioso di mamme del quartiere, si era a poco a poco sviluppato al punto che più tardi, con l'appoggio dell'Istituto colombiano Bienestar Familial, questo modello è stato applicato a diverse città colombiane, con ottimi risultati.

Una preoccupazione costante della prima équipe era stata quella di non creare troppe dipendenze, il mandato iniziale prevedeva un impegno di tre anni per i laici e di cinque per il sacerdote, poi si sarebbe visto che cosa fare.

Nel 1987 c'è stato il primo cambio di équipe, o meglio don Pietro deve rientrare un anno in anticipo per ragioni di salute e don Emilio Conrad, che già intendeva tornare in America latina, lo sostituisce. Per diversi mesi don Emilio resta solo; in parrocchia nel frattempo si era però inserita una comunità di suore colombiane di San Vincenzo che collaborano nei diversi settori. La collaborazione è preziosa, ma non sempre gli obiettivi e le strategie sono gli stessi.

L'Arcidiocesi di Barranquilla affianca a don Emilio una diacono che passa in parrocchia il suo anno di pratica; il fine-settimana due seminaristi scendono nei barrios a dare man forte.

Alla fine del 1988 i coniugi Gianni e Maurizia Gregorio raggiungono don Emilio e cos" si ricompone un'équipe ticinese che per tre anni svolgerà un grosso lavoro di consolidamento e sviluppo delle opere iniziate e prende avvio un periodo di grosse realizzazioni: gli atelier per il lavoro di piccolo artigianato, la cassa di risparmio, il collegio industriale, diversi saloni nei vari quartieri. I coniugi Gregorio continueranno a seguire i gruppi esistenti, si potenziano gli asili, viene organizzato in modo più incisivo il programma nutrizionale grazie a degli aiuti alimentari ( latte in polvere e formaggio fuso) che giungono dalla Svizzera, nascono altri gruppi, ci si occupa in particolare degli anziani, per i quali viene riattata una casa, in collaborazione con la Caritas locale, viene data vita ad un mercatino di quartiere, inizia l'importante esperienza della cassa rurale, sul modello, adattato alla situazione locale, della Raiffeisen, che ha avuto uno sviluppo e un successo insperati.

L'arrivo dal Ticino, a distanza di un paio d'anni l'uno dall'altro, di due container carichi di materiale, specialmente macchinari industriali, trasforma un ampio atelier edificato per l'occasione, in una vera officina, mai completamente sfruttata, la cui funzione viene adeguata alle diverse situazioni e che ora serve da supporto alla scuola tecnica che è stata costruita nelle adiacenze. La scuola tecnica soffre per la scarsa preparazione degli allievi che escono dalle scuole elementari ufficiali dei quartieri e allora è necessario costruire ed istituire anche una scuola elementare. L'asilo occupa troppi locali del centro parrocchiale ed occorre pensare ad una nuova sede. La parrocchia copertine/copre tutto il settore scolastico, dall'asilo alla maturità; una cittadela educativa raccolta attorno al centro parrocchiale; probabilmente, alla fine si è andati molto più in là del mandato iniziale, ma una cosa tira l'altra e don Emilio è maestro nel non farsi pregare.

Grossi investimenti quindi, altrettante responsabilità per noi e per chi un giorno dovrebbe subentrare e anche qualche perplessità pensando ad una futura cessione del progetto in mani colombiane, per l'ampiezza che lo stesso ha raggiunto.

Nel 1991 nuovo cambio della guardia, rientrano i Gregorio arricchiti, oltre che da un'esperienza privilegiata, dalla nascita di una splendida bambina. Nel frattempo don Jean Luc Farine, allora ancora seminarista, ha raggiunto l'équipe, laggiù viene ordinato diacono; don Emilio e lui gestiscono, con un ottimo affiatamento, il periodo di transizione.

Nel 1992 abbiamo l'inserimento dei coniugi Naiaretti; l'esperienza di una copertine/coppia nell'équipe è stata cos" positiva che si ritiene opportuno ripeterla.

Jean Luc rimane due anni, rientra nell'estate del 1993 e in ottobre è ordinato sacerdote ad Ascona nel corso della giornata missionaria mondiale. Lo stesso anno, nuovo arricchimento dell'équipe, il vescovo emerito Mons. Ernesto Togni, iniziatore del progetto, raggiunge Los Olivos per lavorare umilmente fra la povera gente che lo accoglie testimoniandogli grande affetto ; avere un vescovo che viene da un paese ricco a condividere la loro povertà e i loro disagi, li riempie di ammirazione e di orgoglio.

In questi primi dieci anni sono state costruite due cappelle e alcuni saloni multiuso adibiti all'occorrenza alle celebrazioni liturgiche, ma una vera chiesa non ancora. I tempi sono maturi, la comunità è pronta e la desidera. Sarà il grosso impegno di Claudio Naiaretti quello di progettare, insieme al secondo piano del collegio, la scuola elementare e il nuovo asilo, anche la chiesa, il "Templo" come la chiamano loro. Intanto Lucia continua il lavoro che aveva occupato Maurizia, i giovani, gli anziani, i gruppi di preghiera, le preparazioni ai sacramenti, con un carisma particolare per gli ammalati che va a visitare regolarmente; se questa giovane verrà ricordata a Los Olivos, sarà per la dedizione che ha saputo offrire agli ammalati.

Ora sono quasi tredici anni; don Emilio ha lasciato esplodere le sue potenzialità di prete operaio-costruttore e nei periodi che è rimasto solo a fare il prete "ha cercato di non trascurare l'aspetto religioso nei limiti delle possibilità materiali di una persona sola, che non poteva fare tutto". Sono parole sue dalle quali traspare un pochino il dubbio di aver talvolta optato un po' più per il sociale che per il pastorale.

Purtroppo ora siamo in uno di questi periodi; rientrato Mons. Togni, rientrata Lucia Naiaretti malata e tragicamente scomparsa lo scorso mese di ottobre, rientrato Claudio, don Emilio può contare unicamente sul giovane Luca Fadini, ragazzo volonteroso, che si sta dando da fare, ma che purtroppo non potrà rimpiazzare altre tre persone contemporaneamente.

Recentemente don Emilio ha chiesto di essere affiancato da un altro sacerdote perché ha un evidente bisogno di aiuto; la Conferenza Missionaria ritiene che sia giunto il momento di cominciare a coinvolgere in modo più diretto la Chiesa di Barranquilla, cercando un prete laggiù; dovrebbe essere questo un primo segnale verso un progressivo passaggio del progetto in mani colombiane. Un passaggio graduale che può durare ancora cinque o sei anni, però è giunto il momento di entrare in quest' ottica.

La costruzione della chiesa e contemporaneamente del centro parrocchiale (che costerà una cifra analoga alla prima), rappresenterà ancora un importante impegno finanziario da parte nostra, ma dovrebbe essere l'ultimo. Intanto occorrerà consolidare quelle realizzazioni che sono state fatte, renderle sempre più autonome, limare eventuali sbavature, ma non più pensare ad iniziarne delle altre.

E per noi è giunto il momento di guardare in qualche altra direzione. L'impegno missionario della nostra Diocesi non deve esaurirsi con la consegna del progetto Barranquilla, ma continuare, magari -perché no?- in Africa.