Africa dove vai ?
Una polveriera con molte micce accese e una situazione economica instabile. Il rapporto della Banca Mondiale

Di Marco Fantoni



Non riusciamo a capire perché ogni momento, nei diversi organi d’informazione, ci imbattiamo in notizie che riferiscono su conflitti che puntualmente sono in atto in una delle nazioni africane. O meglio, forse lo capiamo, pensiamo a grandi potenze che vogliono spartirsi l’Africa; gli Stati Uniti d’America, la Francia, l’Inghilterra, ma non ce ne facciamo una ragione. Sappiamo anche che alcuni conflitti o uccisioni di massa non passano e non passeranno mai sugli schermi, perché non interessano e perché non "vendono bene".

L’elenco dei paesi in cui sono in corso delle guerre può essere lungo, e sicuramente a quelli citati in seguito, se ne possono aggiungere altri che non figurano nelle agenzie di stampa o come detto, nei telegiornali di grandi e piccole reti televisive.

Vediamo allora bombardamenti dell’Etiopia sull’Eritrea per un territorio di 400 metri quadrati, combattimenti tra ribelli e forze governative in Sierra Leone con sequestri di caschi blu dell’ONU, scontri tra cristiani e mussulmani in Nigeria con 300 morti, aggressioni e uccisioni per l’espropriazioni di terreni nello Zimbawe.

Poi informazioni provenienti da agenzie che raramente si leggono, come il massacro di più di 300 persone uccise dalla coalizione democratica congolese nel sud del Kivu (Rep. Dem. Congo) o operatori Caritas che salvano 85 baby-soldato dalle mani dei ribelli in Sierra Leone, oppure le tensioni tra Senegal e Mauritania per lo sfruttamento del fiume Senegal (fonte MISNA).

Lo abbiamo già scritto più volte, davanti a questi fatti ci sentiamo impotenti, ci chiediamo cosa noi possiamo fare. "Beh", spesso schiacciamo i tasti del telecomando ed il problema è risolto, se poi sull’altro canale vediamo quattro belle gambe sgambettare è tutto più semplice. Di fatto il problema resta e chi è delegato al tentativo di risolvere le diverse situazioni, soprattutto i grandi enti, senza peraltro voler scaricare le nostre responsabilità, confrontato con interessi e compromessi non facili. Lo vediamo nel nostro piccolo, all’interno della politica nazionale dove tutto è centellinato in base a compromessi, che però, spesso, hanno portato ad aspetti positivi del nostro vivere quotidiano.

La situazione dell’Africa sembra però essere un pozzo senza fine, una catena composta da anelli che contengono soltanto aspetti negativi.

Alla fine del mese di maggio, la Banca Mondiale ha pubblicato un rapporto sulla situazione economica dell’Africa, dal titolo "L’Africa può reclamare il diritto ad essere nel XXI secolo".

A fare da contraltare alle situazioni negative sopraccitate, il rapporto cita fattori positivi, ad esempio in Nigeria è in corso una ricostruzione dell’economia e del sistema politico, dopo anni di difficoltà, stanno riprendendo gli investimenti, e grossi progetti come ad esempio il "Maputo Transport Corridor" (tra Mozambico e Sud Africa), stanno offrendo all’Africa soluzioni alla necessità di infrastrutture. Quale fattore positivo è citata pure l’apertura dello spazio aereo dell’Africa occidentale come punto competitivo.

Callisto Madavo, vice-presidente della Banca Mondiale per il continente africano ha affermato che l’Africa ha immense possibilità, e che le notizie positive sono da vedere nei passati cinque anni, dove il tasso di crescita economico nel continente è aumentato, e si sta ora iniziando a percepire una grande partecipazione e democratizzazione nelle nazioni africane. Ha inoltre sottolineato, come la popolazione è maggiormente attenta alla corruzione e pretende sempre maggior responsabilità dai propri governanti. Atteggiamenti ritenuti, dallo stesso Madavo, incoraggianti e basilari per lo sviluppo africano.

Lo studio, effettuato in collaborazione con altri enti economici operanti in Africa, dichiara che nonostante i progressi ottenuti dal 1995, l’Africa è entrata nel 21° secolo con alcune delle sue nazioni tra le più povere al mondo.

La media del reddito pro-capite in effetti, è inferiore a quello registrato alla fine degli anni ’60. Redditi, beni e accessi ai servizi essenziali sono distribuiti, sul territorio, in modo non uniformi. È calcolato, in effetti, che il reddito combinato dei 48 paesi dell’Africa sub-sahariana, è di poco superiore alle entrate del Belgio. Altri esempi: senza tener conto del Sud Africa, il continente ha meno strade della Polonia, mentre il virus dell’HIV/AIDS ha quasi rovesciato alcuni dei successi sociali degli ultimi 40 anni. Ad esempio, due nazioni africane hanno ora un tasso d’infezioni HIV superiore al 25 per cento della popolazione adulta (Botzwana 25.1%, Zimbawe 25.84%). In questo problema subentra però il discorso delle politiche sul tipo di prevenzione all’AIDS e sui mezzi utilizzati per combatterla, mezzi perlomeno discutibili visto anche gli effetti negativi causati soprattutto su molte donne africane.

Nel rapporto ci si chiede come, davanti a questi dati, l’Africa possa entrare nel 21° secolo. Si afferma che sono richiesti cambiamenti fondamentali nella politica per aumentare le prospettive continentali. Con la rapida crescita della popolazione, la regione necessita di uno sviluppo del cinque per cento, solo per mantenere il numero della crescita dei poveri. Se la percentuale di crescita della povertà sarà dimezzata entro il 2015, la crescita economica annuale avrà un eccesso del sette per cento ed il reddito potrà essere distribuito in modo maggiormente equo.

Quattro sono le azioni decisive prospettate nel rapporto per raggiungere quanto detto in precedenza; risolvere i conflitti e migliorare, nei governanti, la guida politica e di sviluppo economico; maggior uguaglianza e maggiori investimenti nella popolazione africana; aumento delle competitività e diversificazioni economiche; miglior supporto allo sviluppo dalla comunità internazionale.

Sono delle possibilità che appaiono, di fronte all'Africa insormontabili, il continente ha enormi potenzialità e alte riserve di crescita non sfruttate. È quanto ha affermato Alan Gelb, capo economico della Banca Mondiale regione Africa, per conto del comitato responsabile del rapporto.

Vediamo in breve cosa propone la Banca Mondiale nei suoi quattro punti d’azione.

Migliorare i governi, appianare i conflitti e ricostruire gli Stati

Dopo anni di governi autoritari, gli africani stanno sempre più chiedendo elezioni democratiche e responsabilità nella gestione delle risorse pubbliche.

Dagli inizi degli anni ’90, 42 delle 48 nazioni sub-sahariane hanno tenuto elezioni presidenziali o parlamentari pluripartitiche. Ciò nonostante, un africano su cinque vive ancora in una nazione caratterizzata da conflitti. Spesso, continua il rapporto, essi sono anche causati dal sottosviluppo economico.

Quale esempio di sviluppo democratico è citato quello del Mozambico che negli anni ’70 vedeva scontri tra fazioni filo ed anti marxisti, mentre negli anni ’90 ha portato a negoziati e ad una costituzione democratica ed a elezioni multipartitici. Questo paese, nonostante la povertà e le recenti alluvioni, è considerato una delle nazioni africane con la crescita economica più rapida.

Questo è uno dei punti essenziali per lo sviluppo di una nazione ma come tutti sappiamo, spesso questo non dipende solo dal potere interno di una nazione ma da quei fattori esterni, leggi potenze straniere di tipo politico (governi) o di tipo privato (multinazionali) che condizionano a loro piacimento l’andamento della storia.

Investire nelle persone

Per rivendicare il 21° secolo, l’Africa deve superare la crisi di sviluppo umano e migliorare la qualità della vita della propria popolazione, in modo particolare le donne, i bambini ed i poveri. È questa la seconda azione decisiva che la Banca Mondiale propone nel suo rapporto. Esso specifica di seguito come la crescita economica futura dell’Africa dipenderà meno dalle sue risorse naturali, che si stanno esaurendo, e maggiormente nella capacità lavorativa e nel mantenimento del basso tasso delle nascite. Investire nelle persone, promuovendo nell’individuale abilità al lavoro in modo da costruire un’abilità che possa renderli autosufficienti per uscire dalla povertà.

Sicuramente importante è l’investire nelle persone valorizzando le singole qualità a favore di tutti. Da parte nostra ci sembra comunque discutibile l’affermazione che il futuro dell’Africa dipenderà sempre meno dalle sue risorse naturali, visto che attualmente, ma purtroppo anche in futuro, parecchi conflitti sono finalizzati alla loro conquista. Pensiamo all’interesse per le miniere di diamanti della Repubblica Democratica del Congo e l’interesse per i paesi di transito che stanno attorno, vedi Ruanda.

Pure l’affermazione del controllo sul tasso delle nascite, non possiamo condividerla e a questo proposito riaffermiamo quanto già scritto sulla nostra rivista n. 5/1999 "Le campagne per il controllo delle nascite messe in atto negli ultimi 30 anni, non hanno ottenuto i risultati sperati. Nonostante l’insuccesso la popolazione mondiale smetterà di crescere, è un fenomeno naturale conosciuto da tutti i demografi. Probabilmente se le decine di milioni di dollari spesi per le pillole anticoncezionali, le spirali o le sterilizzazioni di massa, fossero state utilizzate per progetti di sviluppo, i risultati sulla diminuzione della crescita demografica sarebbero stati più incisivi. Si è invece optato per calpestare la dignità dell’uomo, per anticipare di pochi anni un processo che si sarebbe comunque realizzato. I milioni spesi per la pianificazione familiare sono stati il supporto per la diffusione di una cultura antinatalista penetrando nelle sfere più intime delle copertine/coppie delimitando la libertà delle famiglie".

Aumento della competitività e diversificazione economica

È il terzo punto d’azione del rapporto ed è quello che maggiormente approfondisce il discorso economico. Le entrate dell’Africa sono appena l’uno per cento del prodotto globale lordo e solo il due per cento circa del commercio mondiale. La quota d’esportazione della produzione è praticamente pari a zero. Durante gli scorsi 30 anni l’Africa ha perso mercati nel commercio globale, addirittura nei beni primari. Se il continente fosse riuscito a mantenere, nel commercio mondiale, una media di esportazione e d’introito dagli anni ’60 ad oggi, avrebbe ottenuto un aumento di circa 70 miliardi di dollari in più rispetto ad oggi.

Secondo la Banca Mondiale, la riforma del commercio africano necessità un’evoluzione di una strategia di sviluppo orientata all’esportazione, ancorata nella stabilità dei tassi di cambio e nella possibilità di importare materie prime ed altri beni a prezzi competitivi a livello mondiale. Un approccio locale è considerato vitale, non solo per incoraggiare commerci correnti tra nazioni africane medesime, ma anche, e forse maggiormente importante, per permettere una larga piattaforma per incoraggiare gli investimenti. Infrastrutture, informazione e tecnologia delle comunicazioni e servizi finanziari, giocano uno ruolo importante in questo processo. Senza l’accesso a questi servizi, molte popolazioni saranno escluse dallo sviluppo e la crescita sarà rallentata. Nella tabella a fianco si possono notare le differenze nelle diverse parti del globo riguardo alle infrastrutture.

A proposito d’infrastrutture, l’Ambasciatore Walter Fust, della Direzione dello Sviluppo e della Cooperazione a Berna, in un recente incontro tenutosi a Lugano con le ONG della Svizzera Italiana, ha sottolineato come un ulteriore rischio di emarginazione dell’Africa è quello legato alla comunicazione ed in particolare ai collegamenti internet. Attualmente si calcola che i collegamenti in questo campo in Africa sono pari a quelli presenti sull’isola di Manhattan a New York. Dunque, l’attenzione deve essere messa su uno sviluppo solidale che tenga conto degli errori e degli sfruttamenti avvenuti in passato rispetto ad altri progetti e che dunque non vengano ripetuti.

Riduzione della dipendenza da aiuti e collaborazione nel rafforzamento del debito

Nel suo quarto ed ultimo punto il rapporto sottolinea come l’Africa è il continente con il maggior indebitamento e di dipendenza da aiuti esterni. L’aiuto è un’arma a doppio taglio per la regione. Da una parte gli aiuti esteri sono essenziali per grandi investimenti come sostegno alla crescita economica e diminuzione della povertà. Ma, quando la capacità e la responsabilità dei governi sono deboli, i donatori tendono a basarsi su propri controlli istituzionali, causando così ulteriori indebolimenti nella responsabilità governativa con conseguenze sulla popolazione e indebolendo le capacità dei governanti stessi. Risolvendo questo dilemma, continua il rapporto, basandosi sulla continuazione della dipendenza da aiuti esterni (parzialmente sostenuto a causa dell’alto livello d’indebitamento) è poi necessario un radicale ripensamento delle relazioni tra la società civile africana, governi, donatori, per creare un’effettiva relazione di sviluppo. Questa soluzione è in corso ma molto resta ancora da fare.

Possiamo aggiungere a questa tematica l’ampio dibattito in corso sul condono dei debiti, attraverso campagne, prese di posizione e azioni concrete. Questo è un ulteriore dibattito aperto che non deve essere visto solo fine a se stesso, ma con precise misure d’accompagnamento. Anche per questo rimandiamo i lettori alla nostra rivista n. 6/1999.

In conclusione il rapporto fa notare come l’inizio del nuovo secolo offre all’Africa un’unica opportunità per sfruttare le proprie possibilità. L’accresciuta partecipazione politica sta dando maggior potere alla società civile per mantenere i governi responsabili richiedendo maggiori servizi. La globalizzazione e le nuove tecnologie offrono pure una grande opportunità per un continente con una larga fascia di popolazione esclusa dal flusso delle informazioni, per ottenere una crescita economica e sociale.

L’analisi fatta in questo caso dalla Banca Mondiale ha sicuramente il pregio di entrare in dinamiche di tipo economico e sociale reali. Resta sempre il dubbio che nelle fasi operative, al momento di voler concretizzare le proposte valide fatte, il tutto non si traduca in realtà. Come già espresso all’inizio di questo articolo, le ingerenze e gli interessi esterni giocano sempre un ruolo decisivo davanti a molte situazioni. Pensiamo che con un approccio serio che tiene conto di uno sviluppo realmente a favore della persona, si possano raggiungere quegli obiettivi fissati dando così la possibilità all’Africa di poter riuscire a pescare con la propria canna, senza necessariamente ricevere i pesci da fonti esterni.