Ascoltare e accogliere
La testimonianza di un operatore di Caritas Ticino quotidianamente a contatto con il disagio sociale


Di Stefano Frisoli



È la prima volta che mi "affaccio" sulla rivista di Caritas In-sieme e per questa prima ho voluto portare con me un amico. La sua storia è simile a quella di altri ragazzi anche se giovane lui non lo è più, visto che ha superato i quaranta.

Sposato, divorziato con un figlio adolescente, gestiva un locale con la moglie. "Pensa che ero riuscito ad avere in banca fino a 300.000 Fr. e senza avere debiti". Quando gli fu tolta la gestione del locale, forte di una situazione finanziaria solida, decise di prendersi un lungo periodo di vacanza e di partire per l’Africa. La moglie non era chiaramente d’accordo, visto che già in precedenza si era allontanato per alcuni mesi. Anche se minacciato di non trovare più la famiglia al suo ritorno, partì ugualmente.

Al suo rientro la situazione era quella prevista. Ripartì per l’Africa dove visse fino a che durarono i soldi. Rientrato in Svizzera, è entrato in assistenza. Solo, senza soldi, senza prospettive ha dovuto fare i conti con la depressione. Il passo verso l’eroina è stato facile, perché già in precedenza ne aveva fatto uso.

"Non ne riesco a venire più fuori, vorrei, mi piacerebbe ma questo metadone mi ha intossicato ed è come se si fosse impadronito di me, è molto peggio dell’eroina stessa". "Sono solo, la mia famiglia non mi cerca, non ho amici anche perché molti sono morti. Non credo più nell’amicizia anche se mi piacerebbe poter avere qualcuno con cui parlare di me, di Dio, qualcuno in cui avere ancora fiducia". "Sono solo, e se morissi in casa non si accorgerebbe nessuno, forse i vicini ma solo dopo che inizierei a puzzare".

Questo molto sinteticamente è il suo racconto. Ed io? Come mi pongo rispetto a tutto questo? È con la sua storia e con la storia di altri che passano dai nostri programmi che mi confronto quotidianamente. Lavoro con loro per sei mesi o un anno. Molto spesso ritornano per ricominciare un nuovo periodo presso la nostra struttura. Tanti volti e tante storie che si accavallano, alle volte sembra che si somiglino ma la loro originalità sorprende. Sorprende ed interroga. La loro vita parla di situazioni difficili, di un disagio diffuso, di un isolamento "istituzionalizzato".

Questa smania collettiva di comunicare, dove sembra che il mondo intero debba dirsi chissà che cosa, dove ogni mezzo di comunicazione è utile: natel, internet, segnali di fumo e quant’altro; nasconde, secondo me, l’incapacità di ascoltare. Credo sia su questo livello che si gioca un’integrazione difficile, sulla disponibilità ad ascoltare ed accogliere, anche se non si condividono scelte ed idee.

Quante volte mi sono domandato cosa fare o cosa dire? Che dire ad un uomo che ha dilapidato tutti quei soldi e che ha sfasciato una famiglia? Certo, secondo me, il giudizio sul fatto non può essere che negativo, e le considerazioni a margine devono essere tutte improntate alla chiarezza. Credo sia giusto richiamarci alla responsabilità delle nostre scelte ed anche il non scegliere è di per sé una scelta.

Si deve quindi accettare le conseguenze e non incolpare un ingiusto destino, o un fato distratto che si è dimenticato del nostro indirizzo. Ogni condizione diventa condizionamento se noi lo vogliamo, se noi la subiamo, se non viviamo in prima persona ma deleghiamo ad altri il nostro vivere.

Il difficile diventa trasformare queste parole in carne e sangue. Il giudizio si deve fermare al fatto e mai oltrepassare "la terra consacrata" che è la persona. Se si decide di incontrare una vita bisogna allora "togliersi i calzari" ... e ascoltare. Ascoltare e accogliere. E tanto più si ascolta e si accoglie, tanto più risultano stridenti le storture, tanto stridenti da diventare grida. In primo luogo le mie storture, i preconcetti. La dimensione dell’incontro diventa allora condivisione, riflessione e... conversione. Il confronto assume connotati diversi, dove le posizioni non sono più dettate dalle idee, ma dal proprio vissuto e dilatandosi il cuore comprende.

Tutto questo raccogliendo pomodori.