Servizio civile come scuola di umanità
Mano solidale o pugno armato?


A cura di Alessandro Marcoli



Caritas Ticino intende il servizio civile non come un lavoro alternativo al servizio militare, ma come una scuola d’umanità.


Meno di quattro anni dopo l’entrata in vigore della prima legge "civile" sul servizio civile, circa 5000 giovani svizzeri hanno deciso di scegliere questa strada in alternativa al servizio militare. Caritas Ticino intende il servizio civile non come un lavoro alternativo al servizio militare, ma come un’occasione per creare una società più accogliente e attenta ai bisogni delle persone in difficoltà. Servizio civile, insomma, da intendere come scuola d’umanità.
Il servizio civile offre ai giovani che per vari e variegati motivi hanno scelto questa strada, la possibilità d’entrare in contatto con delle realtà spesso difficili e a loro sconosciute. In questo modo si favorisce il loro sviluppo umano, dimostrando contemporaneamente la validità dell’alternativa "servizio civile". Si tratta di servire il proprio paese e d’aiutare gli altri tendendo la mano e non il pugno.

INDIRIZZI UTILI:

Organo centrale del servizio civile
Uttingenstrasse 19, 3600 Thun
Tel.: 033/228 19 99
www.servizio-civile.ch, info@servizio -civile.ch

Organo regionale Svizzera italiana
c/o Società svizzera degli impiegati di commercio
Via San Gottardo 25, 6943 Vezia
Tel.: 091/960 20 30

Gruppo ticinese per il servizio civile
Via Vela 21, 6500 Bellinzona
Tel.: 091/825 45 77


IL SERVIZIO CIVILE IN BREVE

 

CHI:
Ogni persona che desidera svolgere un lavoro di pubblico interesse in sostituzione del servizio militare, deve aver preso parte perlomeno al reclutamento e deve essere stata dichiarata abile al servizio militare.

COSA:
E' indispensabile inoltrare una domanda scritta, con:
1) Una dichiarazione, manoscritta e firmata dal richiedente, nella quale egli attesta di voler prestare servizio civile conformemente alla legge federale sul servizio civile
2) I motivi personali che lo hanno portato alla decisione di coscienza contro il servizio miliare
3) Un curriculum vitae dettagliato
4) Un estratto aggiornato del casellario giudiziale
5) Il libretto di servizio

QUANDO:
La domanda d’ammissione può essere presentata in qualsiasi momento, indipendentemente dai giorni di servizio militare già svolti. Presentando la propria domanda d’ammissione al più tardi tre mesi prima dell’impiego militare successivo, il richiedente è esentato dall’obbligo d’entrare in servizio e dal tiro obbligatorio. Questo congedo dura fino al momento della decisione definitiva in merito alla sua domanda.

QUANTO:
La durata del servizio civile equivale a 1,5 volte la durata del periodo di servizio militare ancora da prestare. Nel caso di un candidato che non ha effettuato nemmeno un giorno di servizio militare, la durata del servizio civile sarà di 450 giorni. Per gli ufficiali e i sottufficiali la durata del servizio civile equivale a 1,1 volte la durata del servizio militare non ancora compiuto.

L’AUDIZIONE:
Una volta inviati tutti i documenti che formano la domanda d’ammissione, il richiedente viene convocato a Berna per l’audizione. L’audizione si svolge alla presenza di tre persone designate ad ascoltarlo e a verificare l’esistenza di un conflitto di coscienza. I tre membri della commissione sono scelti fra un centinaio di persone nominate sulla base della loro formazione, esperienza e maturità. L’audizione, che dura circa un’ora, si svolge nella lingua nella quale è stata redatta la domanda d’ammissione.
Dopo l’audizione, la commissione formula una proposta di decisione alla Divisione del servizio civile. La decisione definitiva sarà notificata al candidato circa tre settimane dopo l’audizione.



TRE TESTIMONIANZE DI SERVIZIO CIVILE A CARITAS TICINO


The Times They Are A-Changin’

di Alessandro Marcoli


Per lungo tempo il servizio militare ha fatto parte della vita di ogni cittadino svizzero come la cioccolata, le vacche e gli orologi a cucù. Negli ultimi anni la mentalità è però cambiata: gli orologi sono ormai di plastica e le vacche sono diventate viola. Addirittura c’è chi dice che la cioccolata è più buona all’estero.
Anche l’intoccabile, intangibile, imprescindibile servizio militare ha oggi un’alternativa, quella del servizio civile. Il rapporto fra i due ‘servizi’ è quantomeno paradossale. Uno, quello civile, è svolto da pochi e serve a tutti, l’altro, quello militare, è svolto da tutti e serve a pochi (e qualcuno mi spieghi il nesso fra l’aiuto in caso di catastrofe e l’acquisto delle armi più moderne!). A mio parere il chiasmo evidenzia bene la vera differenza fra questi due modi di servire la patria. Il servizio civile offre la possibilità di rendersi utili per gli altri qui e subito, e non domani nell’eventualità di una guerra da combattere chissà dove e chissà contro chi.

Caritas Ticino intende il servizio civile non come un lavoro alternativo al servizio militare, ma come una scuola d’umanità.

Ogni anno oltre venticinquemila giovani non scelgono e si ritrovano immersi per quattro mesi della loro vita fra ordini inoppugnabili, piedi doloranti e battaglie finte fra indiani e cow-boy nelle praterie delle nostre alpi. Altri, più furbi (ma probabilmente meno belli), preferiscono dichiararsi non idonei al servizio militare simulando, umiliandosi in improbabili blenorragie e raptus suicidi. Altri ancora credono che l’idea che tutti i cittadini s’impegnino, una volta nella vita, a favore di tutti, sia un concetto nobile e da difendere, per questo scelgono il servizio civile.
Oggi siamo oltre mille ragazzi a lavorare nei vari istituti d’impiego, soprattutto associazioni ed ospedali. Le impressioni che ho raccolto sono favorevoli. Personalmente sono contento della mia scelta perché ogni giorno sento di fare qualcosa di utile agli altri e a me stesso. Addirittura credo che sia maggiore quello che ricevo rispetto a quello che riesco a dare. Non credo che la mia vita si svolgerà nell’ambito di un’associazione, ma sono felice di fare un’esperienza all’interno di una di esse. Vivo quotidianamente in contatto con realtà di cui sapevo l’esistenza ma che non conoscevo assolutamente.
Non ho mai avuto l’ossessione di diventare un "vero uomo", e non ho mai creduto che uno stanzone puzzolente ed un fucile m’avrebbero aiutato. Voglio però crescere, ed in questo la scelta di fare il servizio civile m’aiuta.
Non mi resta che consigliare a tutti questa esperienza. Non si tratta di una scelta da sognatore, anzi, si tratta di scegliere di vivere la realtà rifiutando una piccola parte in un grottesco film di guerra.



Il perché di una scelta

di Andrea Paganini


Quando sono stato chiamato alla leva non esisteva ancora in Svizzera il servizio civile. Ho quindi assolto la scuola reclute e un paio di corsi di ripetizione prima di poter chiedere, dopo l’introduzione della nuova legge, di prestare un servizio civile alternativo a quello militare. La mia scelta, quindi, non è basata su un "pregiudizio", ma su un giudizio che viene dalla mia esperienza personale.
Durante il servizio militare i superiori hanno ripetutamente messo alla prova la nostra responsabilità tecnica di fronte alle armi, ma mai quella etica (forse perché non si può uccidere in modo responsabile?), come se la coscienza, per un militare, non fosse importante. Mi sono perciò sempre rifiutato di sparare contro sagome umane, anche solo per esercizio.
Sono contrario all’uso della violenza e delle armi per motivi etico-morali. Nella mia scala dei valori la vita umana è molto più preziosa di tutti gli interessi che possono nascondersi dietro alla volontà di condurre una guerra. La violenza infatti - e la storia, a mio sapere, lo sta a testimoniare - i conflitti non li ha mai risolti; semmai li ha accumulati, inaspriti o sotterrati per vederli poi riesplodere in modo inatteso e incontrollato.

L'idea che tutti i cittadini s’impegnino, una volta nella vita, a favore di tutti, è un concetto nobile da difendere

Credo in un Dio che fonda il suo messaggio non sulla paura, ma sull’amore. E questo Dio ci propone il perdono, di porre l’altra guancia, di amare i propri nemici e - in ogni caso - di non uccidere. Credo in un’umanità che può riscattarsi dagli orrori che, certo, ha commesso. Aborrisco quindi rispondere agli orrori con gli orrori. Credo in un dialogo che può portare all’unità rispettando le diversità, credo nella possibilità di un mondo migliore. Sta a noi fare dei piccoli passi per poterlo costruire. Utopia? No. Idealismo, forse.
Conosco molte persone di vari paesi europei e di altri continenti. La vita di ognuno di loro per me non vale meno di quella dei miei connazionali. Quindi, anche in un’ipotetica guerra di un paese qualsiasi contro la Svizzera, con quale diritto mi accaparrerei la facoltà di privare della vita un essere umano, solo perché viene da un altro paese?
Poi - anche avendo una ragione per intervenire - sembra che la guerra, "inutile strage", non la vinca mai chi ha ragione, ma unicamente chi ha più cannoni. Già questo ragionamento puramente razionale mi spinge a far di tutto per uscire dalla spirale che si basa sul concetto del più armato, del più disposto a mettere in campo una maggior dose di violenza. Mi sprona ad impegnarmi, nel mio piccolo, perché possa maturare un modo di affrontare i problemi più civile e più rispettoso della dignità dell’uomo, e tutti i giorni, in piccole esperienze, vedo e mi convinco sempre di più che è possibile.
Per questo non ho voluto sostenere con la mia attività una struttura organizzata per condurre una guerra, per uccidere altri esseri umani (che poi ufficialmente - e machiavellicamente - questo sia il mezzo o il fine, per me, fa poca differenza). Sono invece convinto dell’importanza dell’alternativa del servizio civile. "Si vis pacem, para bellum" dicevano i romani; io credo che tra gli antichi romani e noi siano avvenute novità importanti e, dopo 2000 anni di cristianesimo, si dovrebbe poter dire: "se vuoi la pace, prepara la pace". La pace non è soltanto assenza di guerra, è soprattutto un clima sociale nel quale ogni uomo può condurre un’esistenza in armonia con la società in cui vive. Tutto ciò richiede anche un certo sacrificio nella vita quotidiana dei singoli, un atteggiamento di servizio che, a suo modo, può dare ciascuno. Spero, con il mio servizio civile, di poter contribuire, pur in modo modesto, a fare qualche cosa di utile in questo senso per il mio paese.



L'opportunità

di Stefano Keller


Marco venne colto completamente di sorpresa quando, quella lontana mattinata primaverile, fu raggiunto da un’inattesa comunicazione recante quale mittente un famigerato "Organo regionale per il servizio civile". In questa breve lettera veniva invitato a prendere parte a una giornata informativa sulla possibilità di poter prestare un servizio alla collettività. Da
alcuni anni ormai, l’obbligo militare, che in passato era imposto indiscriminatamente a tutti, era stato trasformato in un servizio facoltativo di pubblica utilità.
Marco era un giovane diciottenne di buone speranze, all’apparenza molto simile ai suoi compagni coetanei. In quel determinato periodo della sua vita era ad ogni modo un po’ confuso su quello che avrebbe voluto fare negli anni a venire. Inoltre, siccome da lì a poco avrebbe terminato il suo tirocinio quale falegname, era parzialmente impensierito dall’incombente impegno rappresentato dagli esami finali.

Più di 1’000 persone ogni anno scelgono un impegno alternativo al sevizio militare.

Il padre di Marco era stato ufficiale nell’esercito ai tempi della milizia, ed era dichiaratamente intenzionato ad indirizzare anche suo figlio verso un’esperienza che ricalcasse la sua. Rispetto al passato però, per poter intraprendere carriera militare era necessaria una particolare predisposizione e una spiccata attitudine al comando e all’azione.
L’esercito elvetico era composto quasi interamente da persone molto ben formate e con solide basi culturali che si occupavano della formazione e dell’addestramento militare in maniera professionale in ogni suo aspetto. Era quindi estremamente difficile riuscire a far passare le proprie ragioni, specialmente quelle di carattere etico-morali, per poter ambire ad un posto nelle forze armate.
Come già accennato in precedenza, Marco non era ancora molto convito su quali fossero le sue reali vocazioni, era comunque interessato a farsi dare maggiori informazioni sulle opportunità professionali che lasciava intravedere il nostro esercito. Alla giornata informativa ricevette parecchie indicazioni utili e convincenti, decise così di sua spontanea volontà di voler contribuire attivamente alla difesa del suo Paese. A seguito di questa sua decisione fu sottoposto da una commissione di sociologi ed esperti militari a un duro colloquio nel quale dovette sostenere fermamente le proprie argomentazioni.
Una volta accertata la sua idoneità a poter prender parte alle forze armate, Marco, prima di iniziare il suo periodo formativo presso l’accademia, fu inizialmente invitato a svolgere un mese di stage presso una caserma militare. Entusiasta di questo primo contatto con l’esercito il giovane Marco si iscrisse all’accademia militare e concluse con successo il lungo periodo di formazione.
Marco, padre di due figli e felicemente sposato, è oggi considerato uno dei massimi strateghi militari nel mantenimento della pace e nell’aiuto in caso di catastrofi naturali.




IL SERVIZIO CIVILE
SECONDO GLI ESPERTI

Luca Buzzi: mancanza d’informazione

Luca Buzzi, da anni impegnato nella difesa dei diritti degli obiettori di coscienza, rileva come ci sia una sostanziale mancanza d’informazione riguardo al servizio civile. In pratica i giovani diciottenni che s’apprestano ad iniziare la scuola reclute non sono a conoscenza della possibilità di servire la patria in un modo alternativo. Oppure, chi decide di svolgere un lavoro di pubblico interesse al posto del servizio militare, non è informato sulle modalità d’ammissione.
Il servizio civile è previsto e regolato da una legge federale (LSC), aggiunge Buzzi, in questo senso sarebbe opportuno che si facesse tutto il possibile per far conoscere questa possibilità ai giovani. In realtà s’osserva "una certa reticenza, da parte dell’autorità militare, ad informare dettagliatamente sul servizio civile". Non si parla di servizio civile, o lo si fa sommariamente, né in occasione delle serate informative per i diciottenni organizzate ovunque sul territorio, né al momento del loro reclutamento.
Quali sono le cause di questa cautela? "Probabilmente - continua Buzzi - c’è ancora un’atavica diffidenza nei confronti del servizio civile, che d’altronde l’autorità militare non ha mai gradito". In questo senso va letto, secondo Buzzi, il tentativo d’introdurre la possibilità di scelta fra servizio militare e protezione civile, il cui obiettivo recondito è quello d’"eliminare il servizio civile". "Il messaggio contenuto nell’obiezione di coscienza, vale a dire l’idea che per risolvere i conflitti e promuovere la convivenza pacifica si possano fare opere non violente o in ogni caso delle opere di solidarietà, può dare fastidio a chi insiste nel sostenere che soltanto l’esistenza dell’esercito e le spese folli che esso comporta, sono garanzie per la pace".
E’ dunque importante, conclude Buzzi, far conoscere l’esistenza del servizio civile e le positive esperienze vissute dai giovani che l’hanno svolto. Inoltre potrebbe essere utile informare su quanto avviene all’estero, in modo da sfatare quest’idea negativa del servizio civile.


Barbara Simona-Dauchy: rendere credibile il coraggio

Barbara Simona Dauchy è stata avvocato difensore di molti obiettori della Svizzera italiana durante gli anni dei processi militari. Oggi fa parte della commissione che si occupa d’esaminare le domande d’ammissione al servizio civile. Si perché, sottolinea Barbara Simona Dauchy, oggi in Svizzera non c’è ancora la possibilità di fare una libera scelta fra servizio militare e servizio civile. "La libera scelta è stata proposta in vari modi ma il popolo l’ha sempre rigettata nel corso delle votazioni. Quindi - continua - è entrata in vigore questa legge che prevede che colui che desidera prestare un servizio civile in alternativa a quello militare, deve rendere verosimile il proprio conflitto di coscienza". In altre parole il candidato deve esporre le ragioni profonde che gli impediscono di svolgere il servizio militare. Lo può fare parlando delle sue letture, dei suoi interessi, delle sue idee sulla vita o sull’esercito.
Il candidato è "libero nella sua esposizione e viene aiutato dai commissari ad esprimere il suo conflitto interiore". Barbara Simona Dauchy è sicura del fatto che chi vive effettivamente un conflitto di coscienza nell’affrontare il servizio militare non avrà problemi ad essere ammesso al servizio civile. I dati le danno ragione, visto che circa il novanta per cento delle domande presentate alla commissione d’ammissione al servizio civile viene giudicato favorevolmente.
E’ possibile cambiare la mentalità della gente su questa tematica? Evidentemente più persone decideranno di presentarsi all’audizione per essere ammessi al servizio civile, più la società si renderà conto dell’esistenza di un’alternativa intelligente al servizio militare. In questo senso l’audizione rappresenta una possibilità di dimostrare, con i fatti e non solo a parole, di volersi impegnare in prima persona per il cambiamento. "Se aumenta il numero di obiettori di coscienza, continua Barbara Simona Dauchy, essi potranno partecipare maggiormente alla formazione della coscienza pubblica come tante altre persone o gruppi religiosi, di pensiero o politici, che svolgono un ruolo fondamentale nella formazione del pensiero della società". In questo senso l’obiezione di coscienza "è un atto di coraggio e una testimonianza indispensabile affinché si facciano dei progressi in questa società".


Alberto Wohlgemuth: ou de l’optimisme

Il colloquio non è un’inquisizione e certamente non è un processo militare. La commissione deve cercare di capire se ci sono gli elementi perché si possa intravedere l’esistenza di un conflitto di coscienza". Questo, in sintesi, è il compito della commissione. "Al candidato - prosegue Wohlgemuth, dell'organo centrale del servizio civile - si chiede di presentare le sue riflessioni, di presentare la sua persona e di rispondere a delle domande poste allo scopertine/copo di far emergere quegli elementi di coerenza che indicano l’esistenza di un conflitto di coscienza".
Il problema potrebbe porsi allorché il candidato non dispone dei mezzi retorici o della maturità necessaria per esternare le sue riflessioni e le sue conclusioni. Anche in questo caso però è preciso compito della commissione "adattare le domande, le riflessioni, gli approfondimenti alla persona che si trovano di fronte". In ogni caso non si chiede al candidato "né di essere un grande oratore, né di essere una persona estremamente capace o impegnata", semplicemente si cerca di capire se il candidato si presenta all’audizione avendo riflettuto a fondo sulla propria decisione di rifiutare il servizio militare. In ogni caso, conferma Wohlgemuth, "il giovane che ha fatto le sue riflessioni ed espone alla commissione il suo problema di coscienza ha la certezza di essere ammesso al servizio civile".
La mentalità della gente e l’opinione generale nei confronti del servizio civile sembrano evolvere rapidamente. Coloro che s’impegnano nel servizio civile non sono più considerati individui pericolosi che s’oppongono alla società. Il fatto che molti di loro svolgono un servizio civile in istituti ed in associazioni, permette a tutti di confrontarsi e apprezzare chi ha idee diverse e per tanti versi innovative. "La mia esperienza con gli obiettori di coscienza - conclude Wohlgemuth - mi permette d’affermare che la stragrande maggioranza di loro e composta da persone che hanno riflettuto a fondo la loro posizione e soprattutto ho l’impressione che si tratta di gente capace e volenterosa".