LA FAMIGLIA NEL VANGELO È VANGELO DI VITA

Di Dante Balbo



Il Cardinal Alfonso Lopez Trujillo, che sarà in Ticino il 10 ottobre prossimo alla giornata diocesana per la vita, come presidente dei Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha tracciato lo scorso anno le linee essenziali del secondo incontro mondiale del Santo Padre con le famiglie, che ha avuto luogo lo scorso novembre a Rio de Janeiro, con un documento molto ricco e articolato. Il titolo è lo stesso dell'incontro mondiale: "La famiglia: dono ed impegno, speranza dell'umanità".

Nella finestra dedicata alla famiglia, mi è sembrato importante offrire qualche spunto, tratto dalle considerazioni del porporato, per prepararci insieme alla celebrazione della vita che avrà luogo il 9, 10 e 11 ottobre nella nostra diocesi. Lascio quindi la parola alla ricchezza del documento, che potete trovare nella sua edizione integrale sul sito internet del Vaticano: www.vatican.va.

... La Familiaris Consortio afferma categoricamente che "il compito fondamentale della famiglia è il servizio alla vita, il realizzare lungo la storia la benedizione originaria del Creatore, trasmettendo nella generazione l'immagine divina da uomo a uomo" (FC, 28). Nella famiglia, santuario della vita, segnala l'Enciclica Evangelium Vitae, "all'interno del "popolo della vita e per la vita", decisiva è la responsabilità della famiglia: è una responsabilità che scaturisce dalla sua stessa natura", e più avanti fa risaltare: "Per questo, determinante e insostituibile è il ruolo della famiglia nel costruire la cultura della vita. Come chiesa domestica, la famiglia è chiamata ad annunciare, celebrare e servire il Vangelo della vita. È un compito che riguarda innanzitutto i coniugi, chiamati ad essere trasmettitori della vita, sulla base di una sempre rinnovata consapevolezza del senso della generazione, come evento privilegiato nel quale si manifesta che la vita umana è un dono ricevuto per essere a sua volta donata. (EV, 92).

La famiglia, annuncia il Vangelo della vita mediante l'educazione dei figli (cf. EV, 92), celebra il Vangelo della vita con la preghiera quotidiana, celebrazione che si esprime nell'esistenza quotidiana ed è al servizio della vita che si esprime attraverso la solidarietà (cf. EV, 93). Tutto questo fa parte d'una integrale pastorale familiare: "Riscoprire e vivere con gioia e con coraggio la sua missione nei confronti del Vangelo della vita" (EV, 94). Non si può, infatti, separare la famiglia dal suo servizio essenziale alla vita, con sì chiaro radicamento nel Concilio (cf. GS, 50) e che ha la conferma anche nell'insieme del magistero e nella pastorale della famiglia: "Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati mi sia permesso ripeterlo per loro natura alla procreazione ed educazione della prole" (GS, 50). Il rapporto della famiglia con la vita è il più completo, diretto e integrale. Tutti sono invitati a proclamare e difendere la vita. "Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita" (EV, 95). Però sono diverse le maniere di approccio all'oggetto formale: "Tutti hanno un ruolo importante da svolgere". Il Papa fa espresso riferimento al compito degli insegnanti e degli educatori, degli intellettuali, degli operatori dei mass media. Ricorda il Santo Padre l'istituzione della Pontificia Accademia per la Vita, con i suoi peculiari compiti (cf. EV, 98).

A questa prospettiva della strettissima connessione tra la famiglia e la vita, ha obbedito, senza dubbio, l'istituzione del Pontificio Consiglio per la Famiglia il 13 maggio 1981, voluto per felice intuizione del Santo Padre Giovanni Paolo II, non solo in relazione con l'istituto familiare, ma come Dicastero della Santa Sede, con il compito speciale che è indicato nell'art. 141, § 3 della Costituzione Apostolica sulla Curia Romana Pastor Bonus: "Si sforza [il Pontificio Consiglio per la Famiglia] perché siano riconosciuti e difesi i diritti della famiglia, anche nella vita sociale e politica; sostiene e coordina le iniziative per la tutela della vita fin dal suo concepimento ed in favore della procreazione responsabile".

La Lettera del Santo Padre alle Famiglie, Gratissimam sane, dà una solida base dottrinale e pastorale all'integralità dei servizio alla vita, alla famiglie e a partire dalla famiglia. Ricordiamo alcuni aspetti salienti. Nel n. 9, dedicato alla genealogia della persona, scrive: "Con la famiglia si collega la genealogia di ogni uomo: la genealogia della persona. La paternità e la maternità umane sono radicate nella biologia e allo stesso tempo la superano". Si colloca, infatti, in riferimento a Dio: "Dio stesso è presente in un modo diverso da come avviene in ogni altra generazione "sulla terra" (ibid.).

Il carattere di dono che è il figlio è riferito, anche se in maniera laconica, nel testo biblico: "Adamo si unì a Eva, sua moglie, la quale concepì e partorì Caino, e disse: "Ho acquistato un uomo dal Signore' (Gen 4, 1). È come una garanzia, nonostante che il figlio concretamente concepito sarà l'assassino dei suo fratello germano. È una gioiosa esclamazione per un nuovo uomo! Nel Nuovo Testamento, la nascita di un uomo, che "è venuto al mondo un uomo" (Gv 16, 21), costituisce un segno pasquale, come ricorda il Papa; Gesù parlando ai suoi discepoli prima della passione e morte, contrappone la tristezza, che li assalirà e che sarà simile ai dolori dei parto, alla gioia in cui questi si trasformano come quando si dà alla luce un uomo che viene al mondo (gaudio e gioia dinanzi alla vita che nasce e che, al contrario, si rischia di sperimentare sempre meno nella cultura della morte, nella sfiducia crescente che tale cultura diffonde nel mondo di oggi, con società inferme). La gioia, che nell'attesa e nell'accoglienza dei nuovo figlio deve riempire i focolari, si trasforma in un processo grigio, a volte indesiderato, come se il canto degli angeli e dei pastori a Betlemme non avesse un'eco in ogni focolare, con tutta l'umana "povertà", come ferite inferte all'umanità, che tale attitudine comporta e che contrasta con quella di coloro che vogliono il figlio ad ogni costo! Contrasto che tuttavia non deve far interpretare il dono dei figlio come un "diritto", che possa essere in ultima istanza rivendicato, perfino facendo ricorso ad atti moralmente illeciti, perché questi non esprimono la vera donazione propria dell'atto coniugale personale.

Normalmente il figlio concepito, e la sua nascita, più che apparire come un impegno gravoso, sono, da parte dei nuovo essere, un invito alla festa, nonostante la responsabilità e il sacrificio che comporta. V'è allegria pasquale! È il vero significato dell'espressione di Sant'Ireneo: "Gloria Dei vivens homo". Questa atmosfera non riduce affatto la forza dell'impegno che il dono dei figlio incarna, come una grande, gratificante e ineludibile responsabilità (Grat. sane, 12). Nel compimento gioioso di questa responsabilità, della capacità di rispondere, in primo luogo a Dio, è in gioco la propria coerenza e pertanto la felicità

... Il figlio costituisce il dono per la famiglia: questa accentra la propria attenzione su di lui e, presa da tenerezza e senso di riconoscenza, dallo stupore e sorpresa per la scoperta dei diversi momenti d'affermazione d'un nuovo essere, ne segue con amore tutto il processo, fin dal concepimento, alla nascita e all'educazione. Tutto ciò esige una pedagogia, perché la routine non sciupi ciò che rende bello e gratificante il compito dei genitori e il "peso" non riduca l'intensità legittima della totalità, della gioia. Un noto moralista mette sulle labbra dei bambino queste parole che mi piace trascrivere: "Non abbiate paura di accogliermi, di assumervi la mia vita come un compito! Questo non sarà per voi un compito gravoso; anzi sarà un compito tanto lieve da riuscire persino ad alleggerire la vostra vita oppressa. lo non sono infatti un padrone dispotico (...). Sarò capace d'una riconoscenza tale da diventare per voi una ricompensa assai più grande delle vostre fatiche" (Giuseppe Angelini, Il figlio, una benedizione, un compito, Vita e Pensiero, Mílano 1991, p. 164.)

Il Signore ci ammaestra con la parola e con i gesti: prende un bambino, lo pone in mezzo ai discepoli e dice: "chi accoglie un bambino come questo nel mio nome accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato" (Mc 9, 36 37). Il segno dell'accoglienza già porta il messaggio dei dono offerto e nell'accoglienza rimanda al Datore di ogni bene. I figli sono innanzitutto una benedizione, un messaggio trasmesso nella spontanea tenerezza, che caratterizza specialmente il focolare, e più che essere di peso, sono portatori della "buona novella" che in essi viene proclamata e risplende. Diremmo che il Vangelo della famiglia ed il Vangelo della Vita che risuonano nella chiesa domestica, santuario della vita, sono il luogo da cui il figlio stesso proclama la sua dignità. "Dio Creatore lo chiama all'esistenza "per se stesso", e nel venire al mondo l'uomo comincia, nella famiglia, la sua "grande avventura", l'avventura della vita. "Quest'uomo" ha, in ogni caso, diritto alla propria affermazione a motivo della sua dignità umana. È precisamente questa dignità a stabilire il posto della persona tra gli uomini, ed anzitutto nella famiglia" (Grat. sane, 11).

Questo "anzitutto nella famiglia", che semplicemente ci richiama l'inseparabilità tra famiglia e vita, apporta la vera gioia che palpita in ogni vita nuova con singolare tonalità.

"Il Vangelo dell'amore di Dio per l'uomo, il Vangelo della dignità della persona e il Vangelo della vita sono un unico e indivisibile Vangelo" (EV, 2) ...

È impressionante vedere come si perde un terreno nel quale si stavano facendo progressi promettenti per il riconoscimento dei posto centrale, e non periferico o marginale, che spetta al bambino. Il bambino è un essere minacciato, già quando è nel grembo della madre, che i parlamenti rendono un luogo della più ingiusta delle sentenze di morte! Mentre si fanno fermi progressi nella Convenzione dei Diritti dei bambino delle Nazioni Unite (senza voler ora considerare le relazioni e fluttuazioni in alcune parti, giustamente sottomesse a delle "riserve" da parte della Delegazione della Santa Sede), e la Chiesa si batte per un codice di protezione del bambino, proliferano gli attentati, di ogni specie, e non si riscontra sempre la debita coerenza tra quello che si sottoscrive e promette e la condotta concreta. V'è un abisso di separazione tra la Convenzione delle Nazioni Unite e certe raccomandazioni del Parlamento Europeo ... È ancora timido l'atteggiamento di fronte a scandali che colpiscono e scuotono salutarmente la coscienza dei popoli, benché tali situazioni siano la conseguenza d'un diffuso permissivismo. Sono i bambini le principali vittime!

... Se è vero quello che dice Platone, secondo il quale l'educazione dei bambini, la Paideia, è il principio di cui s'avvale ogni comunità umana per la propria conservazione, osserva un giornalista, dobbiamo dire che le comunità le quali, invece di educare i figli, li usano per il sesso, per la guerra, per il mercato, per la pubblicità, hanno già deciso la propria estinzione, pur avendone consapevolezza.

"Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita".

La speranza viene dal "figlio", che illumina la famiglia come dono ed impegno per costruire la Civiltà dell'Amore.


... i figli rivelano i lineamenti e il modo di essere, di vivere nel focolare. Permettetemi un aneddoto. Nel Congresso mondiale delle famiglie a Malta (novembre 1993), promosso dalle Nazioni Unite, il principale (cosa sintomatica) relatore invitato fu il sociologo francese L. Roussell. Il pronostico sul futuro della famiglia era carico di ombre. Si sarebbe detto che la speranza era morta. AI termine lo interrogai, quasi mi muovesse la "spes contra spem", che aveva meritato l'elogio ad Abramo. Gli chiesi se veramente non vedeva alcuna via d'uscita, perché se stavano così le cose, l'umanità stava camminando verso il baratro. Egli, dopo aver alquanto riflettuto, mi porse il suo libro, che già avevo letto con interesse. E mi rispose: "Comincio a vedere una luce allo sbocco del tunnel ed è il figlio". Sì, nei figli v'è una luce ed una via d'uscita. Anche se questa "via d'uscita" ancora non si intravede, confesso che è una via fondamentale. È il servizio verso i figli, la cura amorevole per loro che può liberare dai tentacoli dell'egoismo, il quale avvinghia tante coppie in un "egoismo a due", ed anche la società che con l'asfissia dei valori provoca la crisi di inumanità. I figli, frutto dell'amore, evangelizzano e liberano quelli che, cooperando con Dio, sono gli autori della loro vita. La coppia nell'adempimento del suo compito principale, che non si oppone, anzi dà pienezza all'amore coniugale, è preservata dai figli dal ridursi all'esclusiva soluzione dei "suoi problemi", senza trovare tempo per quelli dei figli, con i loro diritti e sofferenze.

Su tante società, che rischiano l'invecchiamento, soprattutto nello spirito (senza dilungarmi in considerazioni relative all'Inverno demografico"), la luce viene dall'alto, con la nuova vita che viene da Dio, come venne "dall'alto" il Signore, Salvatore del mondo ... Nella Lettera alle Famiglie Gratissimam sane il Successore di Pietro indicava lo "sposo", che sta nell'intimo della famiglia. È Lui che unisce gli sposi nel mistero della sua Alleanza; Lui che rinnova l'amore con la mutua donazione nella comunione familiare, dono impegno, che affonda le sue radici in Dio; Lui che cambia l'acqua in vino e accorre in aiuto dei novelli sposi, con la catena di sorprese che continua nello scorrere degli anni; Lui che comunica la speranza, perché è Egli la Speranza.