1. Introduzione
1.2 Le Lettere del mio primo biennio
1.3 Le Lettere del mio secondo biennio
1.4 Il perché della scelta
1.5 Il titolo e il luogo di questa Lettera


Le Lettere del mio primo biennio
Col passare degli anni si vanno meglio delineando le linee del mio ministero episcopale nella nostra Chiesa luganese e la determinazione dei temi che meritano attenzione prioritaria. Ho maturato la convinzione che non sia opportuno cambiare ogni anno argomento, traguardo, impegno, ma sia più proficuo dare un ritmo biennale alle nostre attenzioni e programmi pastorali.
Così ho dedicato un primo biennio alla riscoperta della centralità di Cristo nella vita della Chiesa e al richiamo delle note qualificanti la vocazione del cristiano, in sintonia col 40.mo del Concilio Vaticano II e il programma delle diocesi svizzere sulle diverse vocazioni cristiane.
A questi temi sono state rivolte le prime due lettere pastorali, “Tu ci sei necessario, o Cristo” (anno 2004) e “Signore, da chi andremo?” (anno 2005).
Ho preso come icona e punto di riferimento il Cristo della strada di Emmaus: il Signore risorto, che si pone sulla strada dei due pellegrini delusi, li incontra nel loro cammino, stanchi e sconfortati, li ascolta e, ripercorrendo tutte le Scritture e con il gesto dello spezzare il pane apre loro gli occhi e rinfranca il loro cuore stanco.
Per aiutare a riscoprire Cristo, cuore della vita della Chiesa, mi sono messo per le strade del Ticino e ho iniziato la visita pastorale, incontrando finora 178 delle 256 parrocchie della nostra diocesi. Entro la Pasqua del 2009 incontrerò le 78 parrocchie del Medrisiotto e del Luganese
Ho proposto ogni anno la lettura di un libro della Scrittura identico per tutti, su cui convergere con attenzione. Abbiamo finora affrontato la rilettura delle lettere cattoliche di Giacomo, Pietro e Giovanni. In questo anno pastorale ci soffermeremo sulla Lettera agli Ebrei.
Per sostenere la comunicazione e la riscoperta dei valori cristiani mi sono impegnato per il rilancio dei mezzi di comunicazione, attraverso un sostegno convinto al nostro Giornale del Popolo e con la nuova rubrica televisiva “Strada regina”. Ho auspicato che anche i bollettini parrocchiali divengano strumento valido di evangelizzazione.
E nella riscoperta della centralità di Cristo ho sentito vivo l’impegno di garantire l’unità della nostra Chiesa, valorizzandone tutte le presenze e le vocazioni, cogliendo come mio compito fondamentale l’impegno per l’unità della nostra Chiesa.
Una serie di documenti approntati dai Consigli presbiterale e pastorale e dagli altri organismi competenti attesta ed indica il cammino da percorrere assieme e una collana di fascicoli intitolata “Le parole del Vescovo” mette a disposizione di tutti alcuni interventi significativi del magistero episcopale.

Le Lettere del mio secondo biennio
Il secondo biennio viene dedicato ai problemi del matrimonio, della vita di famiglia e dell’educazione delle giovani generazioni.
Sarà seguito da un terzo biennio, se il Signore ce lo concederà, nel quale, a conclusione della visita pastorale, vorrei prestare attenzione alla situazione delle nostre parrocchie e della diocesi, riflettendo sul nostro essere Chiesa in Ticino.
Penserei di dare come titolo alla lettera sulla parrocchia: “Pose la sua tenda in mezzo a noi” e a quella sulla diocesi: “Duc in altum”, prendi il largo, e chiedo sin d’ora contributi a tutti per lo svolgimento di questi temi impegnativi.
Dentro il programma di questo biennio potremmo fare spazio anche agli argomenti che furono oggetto di attenta discussione e verifica durante la conclusione della visita ad limina, del novembre 2006. E’ stato un incontro importante, sereno e franco quello tra i cardinali prefetti delle principali congregazioni romane e i vescovi della nostra conferenza. Gli argomenti trattati meritano di essere ripresi perché qualificano la vita delle nostre comunità.
Si tratta dell’unità dei vescovi tra di loro e con il successore di Pietro; del peculiare ruolo del sacerdozio ordinato entro il sacerdozio battesimale dell’intero popolo di Dio. Da queste premesse teologiche conseguono l’impostazione e l’orientamento da dare ai Seminari e alle Facoltà di teologia e l’urgenza di porre fine ad alcune deviazioni liturgiche, come l’omelia dei laici durante la Santa Messa e l’abuso delle assoluzioni generali.
Anche altri punti saranno da tenere presenti: l’ecumenismo e le corporazioni ecclesiastiche di diritto pubblico, le quali riguardano però diocesi e cantoni germanofoni.
Quelli elencati sono tutti argomenti da riconsiderare.

Il perché della scelta
Ritornando al tema del biennio in corso, dopo la lettera pastorale 2006 su matrimonio e famiglia, dal titolo “Non hanno più vino”, eccomi a mantenere l’impegno di riflettere con voi su alcune tematiche riguardanti l’educare oggi.
Voglio cioè considerare l’impegno arduo di far crescere in modo adulto, maturo e responsabile le giovani generazioni o, come altri preferiscono dire, di introdurle nell’esperienza totale della vita.
Sono ben consapevole di affrontare un argomento complesso, delicato, discusso e di fronte al quale ci si trova oggi smarriti.

Cercherò di assumere un punto di vista non parziale né settoriale, nel tentativo di sottrarmi a prospettive unilaterali.
Nel 1987 una sintesi felice ed avvincente sui problemi dell’educazione è stata proposta dal cardinale Carlo Maria Martini con una sua lettera pastorale dal titolo “Dio educa il suo popolo”, seguita nel 1988 da “Itinerari educativi”, il cui assunto centrale era emblematicamente “Educare è cosa del cuore”, del cuore non inteso tanto in senso sentimentale, ma come elemento e sintesi vitale ed esistenziale.
Mi sono domandato come impostare questo discorso non facile né semplice ed ho optato per considerarlo nei suoi ambiti maggiori: la famiglia, la comunità cristiana, la scuola, gli amici, la società, i nuovi mezzi di comunicazione.

Il titolo e il luogo di questa Lettera

Il titolo della lettera l’ho ripreso dall’episodio evangelico dello smarrimento di Gesù tra i dottori nel tempio. Maria e Giuseppe angosciati perché Gesù non era con loro nella carovana di ritorno da Gerusalemme a Nazaret, lo cercano per tre giorni e, ritrovatolo nel Tempio che discute con i dottori della legge, gli rivolgono quella domanda che dice tutta la loro apprensione e la loro angoscia per la paura di averlo perduto: “Figlio, perché ci hai fatto questo?”.
Di fronte allo smarrimento di molti genitori oggi per l’allontanamento dei propri figli, che non si riconoscono più nei valori dei padri e ricercano inquieti altri orizzonti, percorrono strade esotiche o si perdono indifferenti nella banalità e nell’inconcludenza, ho pensato di riproporre la domanda angosciata di Maria e Giuseppe per la perdita di Gesù: “Figlio, perché ci hai fatto questo?”. Niente meglio di una domanda può coinvolgere nel discorso, interpellare, interessare, richiedere una risposta, intessere un dialogo.
E dialogo vorrebbe essere questa lettera con tutti coloro che sono interessati o coinvolti nell’educazione delle giovani generazioni.
Anche questa lettera, come le precedenti, nasce in un luogo per me carico di significato e certo propizio ad una riflessione sul compito educativo. Mi sono ritirato a scrivere nel villaggio natale di mia madre, non lontano dal confine italo-svizzero, un luogo e una casa per me fortemente evocativi. Ogni sera di questa mia laboriosa vacanza celebro in un piccolo santuario mariano : la strada verso quel santuario mi è stata insegnata proprio da mia madre e lungo il cammino sosto nel piccolo cimitero dove riposano i miei genitori. Ricordo che proprio in preghiera presso quella tomba ho trovato la serenità per accogliere la chiamata del Santo Padre al servizio episcopale nella chiesa di Lugano. Davvero non potevo trovare luogo più favorevole per riflettere sul compito educativo.