TIMOR EST: un massacro che non interessa
Pare non ci siano interessi sufficienti per intervenire

Di Marco Fantoni


I religiosi e missionari contattati tramite la rete internazionale Caritas, hanno lanciato un appello unanime: "Orrore e terrore regnano ormai dovunque: non lasciateci soli come nel 1975!"

Quello che sta accadendo sull’isola dell’arcipelago indonesiano, sembra ricalcare ciò che è già successo in altre parti del mondo, come in Ruanda ad esempio. Pare non ci sia un interesse e una volontà politica per intervenire da parte della Comunità internazionale, o comunque non c’è stato sin dall’inizio di questa tragedia, per proteggere chi, dopo aver democraticamente deciso per l’indipendenza, è massacrato dal regime al potere. Un regime, quello di Giakarta sostenuto dai "direttori d’orchestra" della Casa Bianca. Direttori che dopo alcune riflessioni, non certo gradite a qualche potente industriale d’oltre oceano, hanno bloccato la vendita d’armi al governo indonesiano.
Una donna, filmata dalle varie reti televisive presenti a Dili, ha chiaramente espresso il suo breve ma chiaro concetto su quello che non sta succedendo, chiedendosi come mai per il Kosovo ci si è mossi rapidamente, con un intervento armato, mentre a Timor Est non ci si accorge di ciò che succede.
È vero, ci sono interessi di politica internazionale diversi, il Kosovo è in Europa, dunque sotto la tutela statunitense. L’Indonesia è sotto "osservazione" di due altre potenze, l’India e la Cina, che non gradirebbero un’eventuale colonizzazione da parte occidentale. Ma per loro buona pace è da molto tempo che i magnati dell’industria pesante hanno colonizzato prima la Casa Bianca e di riflesso anche l’Indonesia ed altri paesi del globo.
La popolazione della parte orientale dell’isola, si era espressa lo scorso 30 agosto, attraverso un referendum, nella misura del 78.5% a favore dell’indipendenza da Giakarta. Questo fatto, evidentemente, non è stato ancora digerito completamente da chi detiene il potere. Sono continuate le violenze e le persecuzioni da parte dei miliziani filo-indonesiani. La popolazione di Timor Est è a maggioranza cattolica (85%), mentre il resto della nazione è a forte maggioranza islamica. A questo proposito, il direttore di Caritas Italiana, don Elvio Damoli, ha denunciato al quotidiano Avvenire un piano d’azione concordato lo scorso mese di novembre tra alcuni gruppi fondamentalisti della capitale indonesiana che vorrebbero islamizzare totalmente l’arcipelago. Ha affermato don Damoli: "Continuiamo a credere che l’assalto a Timor Est abbia radici politiche più che religiose. Ma ci sono fatti che non escludono questa seconda possibilità: ci risulta che in passato molti orfani cattolici siano stati deportati a Timor Ovest per essere islamizzati".
Gli avvenimenti di questi ultimi giorni, confermano la persecuzione contro la Chiesa cattolica. Mons. Carlos Belo, vescovo, amministratore apostolico di Dili e presidente della Caritas, nonché premio Nobel per la pace, ha dovuto abbandonare il paese a causa delle persecuzioni. Aveva invitato i timoresi a "votare secondo coscienza per il bene della popolazione e non secondo i propri interessi"; "a rispettarsi gli uni gli altri per vivere in pace e armonia"; infine "come cristiani, a perdonarsi a vicenda, secondo il comandamento di Dio".
L’uccisione del direttore della Caritas di Timor Est, padre Francisco Barreto e parte dei suoi collaboratori impegnati nell’accoglienza di persone in cerca di soccorso, non fanno che confermare quanto da tempo si sospetta.
Già nel 1975, si stima che 200 mila persone furono massacrate, un terzo della popolazione dell’epoca. Negli ultimi mesi, sarebbero stati uccisi altri 5 mila sostenitori dell’indipendenza e come detto la situazione si sta sempre più aggravando dopo il risultato del referendum.
I religiosi e missionari contattati tramite la rete internazionale Caritas, hanno lanciato un appello unanime: "Orrore e terrore regnano ormai dovunque: non lasciateci soli come nel 1975!". Anche il Papa, ha invitato alla pacificazione, alla preghiera chiedendo "un costruttivo rispetto della volontà espressa nei giorni scorsi dalla popolazione timorese".
La Caritas italiana ha richiesto alla comunità internazionale un intervento immediato per "impedire ulteriori violazioni dei diritti umani, ricordando come per 25 anni i governi occidentali non sono riusciti o non hanno voluto fermare la strategia del terrore dei militari indonesiani, assistendo ad un accrescere di soprusi, intimidazioni e massacri".
Purtroppo sembra dunque che questo sia solo un altro di quei tristi tasselli da inserire nel puzzle di guerre e massacri di questo secolo e millennio che stiamo per portare, a fatica, a termine. L’immobilismo di chi può decidere un intervento pacifico e pacificatore, fa fatica a decollare, bisogna chiedere il permesso, si dice, e gli avvenimenti sostituiscono le notizie tristi che i mass-media propongono. Durante gli ultimi mesi abbiamo visto il Kosovo messo poi in secondo piano dal terremoto in Turchia, rilevato dallo scandalo Bellasi ed ora i massacri a Timor Est. Sembra quasi che non possiamo aver pace, che una catastrofe trascini l’altra e ci faccia dimenticare la precedente lasciandoci assuefatti a quanto succede. È un rischio che dobbiamo cercare di evitare per non entrare in quel circolo vizioso che ci porta all’indifferenza. Speriamo che in questo circolo non siano scivolati coloro che hanno il potere ed il dovere d’intervenire là dove è necessario, attualmente, ma non solo, a favore della popolazione perseguitata di Timor Est.

Come mai per il Kosovo ci si è mossi rapidamente, non un intervento armato, mentre a Timor Est non ci si accorge di ciò che succede?

(Fonti Agenzia Fides e Caritas Italiana)