Una famiglia "EDUCATA"
Una mamma si racconta

Di Fausto Gianella



Il cammino di www.Nazareth: il tuo sito, ha trovato nel tema dell’educazione una tappa importante.
A parlarne non un pedagogista, né uno psicologo, ma una mamma, che di esperienza ne ha da regalare parecchia: Fausta Gianella, con i suoi nove figli e una appartenenza ecclesiale di lunga data.
Le abbiamo chiesto di sintetizzare in poche righe la relazione che ha tenuto al Centro Parrocchiale di Pambio il 9 marzo scorso.
La sintesi non dà ragione della sua vivacità, ricca di esempi e di notazioni esperienziali, come nello scambio verbale dell’incontro con il gruppo di famiglie assidue agli incontri di formazione, ma propone alcune linee di riflessione, che vanno diritte al cuore della questione.
Il risultato è un testo breve, sintetico, particolarmente denso e diretto, che non potrà che attrarre il lettore che sia interessato a trovare una risposta al problema quotidiano del futuro dei nostri figli.
Buona lettura!


I NOSTRI FIGLI CI EDUCANO

I incontro con Fausta Gianella il 9 marzo 1999 al Centro Parrocchiale di Pambio-Noranco.

Chi educa chi?

Questo titolo, un po’ provocatorio, mette subito in chiaro un presupposto inoppugnabile: non si può dare ciò che non si ha, ciò che non si possiede. Possiamo educare come uomini i nostri figli, solo se noi per primi siamo ciò che speriamo per loro.
La loro esistenza, la loro presenza, la loro crescita, il loro "non essere educati", ci educano, esigono, cioè, che noi lavoriamo prima di tutto su noi stessi, sulla nostra vita.
La meta, quindi, è che i nostri figli facciano quello che facciamo noi, volentieri, piuttosto che ubbidiscano per forza a dei comandi verbali, o ascoltino passivamente prediche infinite.
Si tratta di muovere la loro libertà verso ciò che di buono speriamo per loro.

Educare quindi è "comunicare se stessi", il proprio modo di rapportarsi alla realtà.
Ma in genere, i genitori che cosa sperano per i figli, di che si preoccupano?
* che studino, che siano bravi a scuola, che i docenti pensino bene di loro affinché abbiano, un domani, un buon posto nella società
* che guadagnino bene, che siano bravi nello sport, che mangino bene, che siano ben vestiti e che abbiano soprattutto buona salute fisica
* che abbiano buone amicizie, socialmente invidiabili, così potranno sposarsi bene
* e poi che lascino i genitori in pace, che si possa passare il fine settimana tranquillo, e che vadano ogni tanto per i fatti loro senza combinare guai.
Sono allora questi i temi dell’educazione? Oppure c’è qualcosa di più per l’uomo, di più vero, di più elevato? Qualcosa che comprenda anche in parte tutte queste "cose normali", delle quali un genitore si preoccupa?
Ci sono dei valori supremi ai quali dobbiamo educarci ed educare i nostri figli, e nei quali dobbiamo costantemente crescere. Sono, in apparenza, teorici ma hanno implicazioni pratiche fondamentali.
Essi sono:
* la libertà, che implica la conoscenza della verità sull’uomo
* l’amore, che implica la conoscenza della bellezza della vita
* la fede, che implica la conoscenza e la pratica della bontà e della carità
Queste sono le mete, tre grandi temi che andrebbero singolarmente trattati per consentire ai nostri ragazzi di realizzare la loro vita come uomini responsabili e veramente felici.

Come educare?

Per prima cosa, intanto, è necessario stabilire una comunicazione col figlio, e meglio sarebbe non averla mai interrotta.
Poi, essere disposti a cambiare noi per primi, atteggiamento, mentalità, parole; non temere di mostrare i nostri errori ma mettere in luce la nostra lotta per vincerli e migliorarci. Essere sinceri e leali con i figli, chiedere loro scusa se non li abbiamo rispettati, o se li abbiamo trascurati.
Vivere l’autorità che ci viene dalla nostra posizione di adulti genitori, con "autorevolezza", che si conquista giorno per giorno; dare e conquistare la reciproca fiducia: non tradirli mai! Accoglierli sempre, anche dopo i fatti più sconcertanti o gravi che possono accadere loro. Accoglierli, ma non giustificare l’errore.
Correggere, significa "reggere insieme", stare quindi dalla loro parte, giudicando l’errore come qualcosa da conoscere e sconfiggere insieme, ma con un’esigenza forte e ... con un notevole autocontrollo da parte nostra.

Con quali mezzi giungere a un rapporto costruttivo tra genitori e figli?
Un campo di lotta, sempre valido, è quello dell’acquisizione delle virtù umane.
La virtù è un "habitus", un’abitudine buona, operativa, che si acquista mediante atti della virtù stessa: prima con fatica, poi sempre con più scioltezza, avendo sconfitto il difetto opposto. Le virtù, infatti, ci liberano dai difetti. L’uomo virtuoso è più libero: egli è ciò che fa, è artefice e forgiatore di se stesso. Se compie atti di generosità diventa generoso, se dichiara la verità è sincero, se è laborioso ha vinto la pigrizia ed è attivo e utile. Vi sono molte virtù che i genitori e figli possono esercitare insieme, aiutandosi a compiere gesti quotidiani di pazienza, solidarietà, giustizia, perseveranza, fortezza, ordine, semplicità, amicizia, allegria, purezza del cuore e del corpo, coraggio, lealtà, sobrietà, ecc. ecc.
L’educazione alle virtù si sviluppa all’insegna del motto: "Grandi pensieri e grandi mete con piccole cose".

In conclusione:
* educare significa lotta quotidiana e personale per conseguire un destino grande di libertà di amore e di fede, attraverso cose piccole e concrete;
* educare è un lavoro grande, non va sminuito;
* educare è un lavoro affascinante, non bisogna arrendersi;
* educare è un lavoro importante, va fatto con passione.

È il lavoro nel quale l’uomo apprende e insegna il mistero della sua umanità (Giovanni Paolo II).