DROGA e EUTANASIA: l'ultima spiaggia

Di Roby Noris




Sembra la vittoria del buon senso e della ragionevolezza ma è la sconfitta di una società incapace di costruire partendo da una antropologia umana fondata su principi inalienabili, una società perdente che sceglie in modo pragmatico ciò che a corto termine appare come il male minore, senza nessuna preoccupazione lungimirante. La distribuzione controllata di eroina fa star meglio i tossicodipendenti considerati senza speranza? Certo! Come dice un rapporto di esperti ingaggiati dall’OMS. Ma nessun esperto dice se il miglioramento dipenda dall’eroina o dal fatto che quei tossicodipendenti abbiano accettato di essere seguiti e sostenuti. E non si dice neppure che molti tossicodipendenti considerati senza speranza sono usciti dalla droga entrando in comunità, di quelle che non accettano nessun compromesso con la droga. La droga non si vince con la droga ha detto il Papa, ma come per tante altre sue dichiarazioni profetiche in quest’epoca di transizione, per farle nostre, bisognerebbe evitare di considerarlo come un simpatico vecchietto che comunque non potrebbe dire niente altro di diverso.

E anche riguardo all’eutanasia stiamo per approdare sull’ultima spiaggia, dove pseudo ragionevolezza e apparente buon senso daranno il colpo di grazia agli ultimi baluardi di una cultura cristiana - veramente umana - che sembra sempre più scomoda.

Niente di nuovo sotto il sole, in fondo non si fa altro che tirare le fila di uno sfascio culturale, un autentico stillicidio, perpetrato di anno in anno, di battaglia in battaglia, cedendo sui principi, livellando verso il basso le pretese, spacciando la perdita di identità e di valori per dialogo e apertura, sostituendo alla solidarietà intelligente il buonismo da talkshow. Ed ecco una guerra quasi virtuale in Kosovo occupa il nostro schermo per qualche settimana senza porci troppi scomodi perché e per come; un videogame dove tre soldati prigionieri liberati dai cattivi grazie all’intervento di un pastore, diventano star, mentre le colonne di profughi e i civili massacrati sono solo immagini di massa a cui si finisce per assuefarsi. Ma c’è di meglio: i mercanti d’armi, che si arricchiscono su questa miriade di piccoli e medi conflitti, più o meno locali di fine secolo, sono in grado di fornire con altrettanta solerzia le attrezzature ospedaliere a guerra finita. Ce lo raccontava Robi Ronza, che ospitiamo nelle prossime pagine di analisi della crisi balcanica, come esperienza vissuta in prima persona nei suoi viaggi.

Romano Giuffrida, giornalista, ai microfoni della RSI a Sabato Aperto dell'8 maggio, parlava di agenzie di informazione che a suon di milioni di dollari promuovono l'immagine di un paese presentando fatti veri o costruiti secondo le necessità: le prime immagini dell'invasione del Kuweit ad esempio, filmate, si disse, da turisti tedeschi dalla finestra di un albergo, erano state girate invece a Hollywood; e l'infermiera che descriveva le atrocità nell'ospedale dove gli invasori avrebbero staccato i cavi delle incubatrici facendo morire i neonati, non era altro che la figlia dell'ambasciatore del Kuweit negli Stati Uniti, sempre vissuta in America. E ora, raccontava ancora Giuffrida, un bel pacchetto di milioni di dollari è stato pagato a una di queste agenzie per occuparsi della "buona" immagine del Kosovo. Costruire la storia a seconda degli interessi del cliente. Fantapolitica? Forse "Sesso e potere" (con Dustin Hoffman e Robert De Niro) è più vicino alla realtà di quanto si pensi. Il grande fratello, quello Orwelliano, però non sempre azzecca le sue strategie e c'è sempre qualche fattore imprevisto che può far anche vincere la verità. Incredibile ma può accadere.

Chi vuol tentare di costruire un mondo diverso, deve fare molta fatica, avere grande coraggio, e la caparbietà di andare contro corrente, senza arrendersi mai. E ci si può provare anche senza avere milioni di dollari. Come per l’assicurazione maternità che dopo cinquant’anni di gestazione però rischia ancora di non nascere in questo secolo. Ricordiamolo il 13 giugno.