Cardinale ALOJZIJE STEPINAC

Di Patrizia Solari



La lista d’attesa si allunga. I santi come le ciliege (di San Gerardo?...): uno tira l’altro! E non c’è che l’imbarazzo della scelta: mi vengono suggeriti nomi e persone, testi interessanti. O gli eventi mi fanno imbattere in questo stuolo di persone che, con la loro testimonianza, ci hanno segnalato per cosa vale la pena vivere.
Il 3 ottobre dello scorso anno, Giovanni Paolo II, durante la sua visita in Croazia, ha beatificato un cardinale e, dietro suggerimento degli amici di Caritas e in particolare di una connazionale dello stesso cardinale, voglio proporvi la sua figura.

"Uno di noi sarà beatificato. Nel nostro popolo esiste la persona che ha pienamente realizzato la verità di sé, perché con tutta la sua vita ha sempre affermato il senso della vita (...). Con la sua totale decisione per Cristo e per la Chiesa cattolica Stepinac era veramente un uomo libero. (...) Ha dato la vita per il suo popolo, per noi. Nei tempi duri e difficili è fondamentale dare la vita gli uni per gli altri, affermando l’unità della Chiesa e del popolo, amando la Madonna come lui l’ha amata. (...) Quest’uomo ci affascina e ci convince. Seguirlo è la strada che ci corrisponde. Perciò invitiamo tutti i croati, giovani e adulti a camminare insieme sulla sua strada. Così vivremo il presente pienamente e in modo migliore costruiremo il futuro. Questa è la ragione per cui il Papa viene tra noi."1)
Con queste parole, un movimento presente in Croazia ha espresso il suo invito a cogliere la profondità di questa testimonianza, che ora ci apprestiamo a conoscere.


Perdono e riconciliazione

Siamo alla fine del cammino di Quaresima e ci prepariamo a vivere il grande Giubileo del 2000: nelle parole del Papa, in occasione della beatificazione del cardinale Stepinac, cogliamo un richiamo forte alla riconciliazione: "Con il suo itinerario umano e spirituale (...) ha offerto al suo popolo una sorta di bussola con la quale orientarsi. Eccone i punti principali: la fede in Dio, il rispetto dell’uomo, l’amore verso tutti spinto fino al perdono, l’unità con la Chiesa giudata dal Successore di Pietro. (...) Ascoltiamone il forte invito al perdono e alla riconciliazione. Perdonare e riconciliarsi vuol dire purificare la memoria dall’odio, dai rancori, dalla voglia di vendetta; vuol dire riconoscere come fratello anche colui che ci ha fatto del male." 2)
Allora vediamo di conoscere "il più illustre personaggio della Chiesa croata", come lo ha definito il Papa nel 1994, in un’omelia nella cattedrale di Zagabria.
"Alojzije Stepinac nacque l’8 maggio 1898 3) nel villaggio di Brezari’c. Fu battezzato il giorno seguente e gli venne dato il nome di Alojzije Viktor. Proviene da una sana e numerosa famiglia cattolica di Josip e Barbara, nata Peni’c e fu il quinto degli otto figli, oltre ai tre che il padre ebbe dal primo matrimonio. Nella famiglia regnavano l’armonia e l’ordine, la preghiera e il lavoro.
Dopo la scuola elementare (...) Alojzije, nel settembre del 1909 arriva a Zagabria per frequentare, come allievo dell’orfanotrofio arcivescovile, il rinomato ginnasio della Città Alta, dove sostenne gli esami di maturità il 28 giugno 1916.


Una scelta sofferta

Mentre alcuni altri, per evitare il fronte, entravano senza vocazione in seminario, egli preferì accettare il servizio militare non essendo ancora sicuro della propria vocazione sacerdotale. Durante la guerra svolse il servizio di ufficiale dell’esercito austriaco sul fronte italiano e fu fatto prigioniero dagli italiani nel 1918. Alla fine della guerra chiese di essere mandato come volontario al fronte di Salonicco (...). Nella primavera del 1919 venne smobilitato e nell’autunno si iscrisse alla Facoltà di Agronomia presso l’Università di Zagabria. Insoddisfatto del livello morale degli studenti, abbandona presto lo studio per far ritorno al podere del padre ed occuparsi di agricoltura. Nello stesso periodo era impegnato nel movimento della gioventù cattolica, e per un certo periodo pensa anche a sposarsi."
Come si può notare "la strada di Stepinac verso il sacerdozio richiese lunghi tempi di maturazione e decisione. (...) Su questa strada fu seguito però sin dalla tenera età dalla silenziosa preghiera di sua madre Barbara, durante lunghi anni, fatto di cui egli venne a conoscenza più tardi."
Fu seguito in modo discreto anche dal suo confessore gesuita e dal suo educatore durante gli anni liceali, un noto sacerdote zagabrese, Josip Loncari‘c, che già allora aveva il presentimento che Stepinac fosse eletto da Dio "e non abbandonò la speranza durante tutti gli anni dei suoi ripensamenti."
"Finalmente la decisione di essere sacerdote ebbe il sopravvento e nell’ottobre del 1924 l’allora arcivescovo di Zagabria, Antun Bauer, lo manda a Roma al rinomato istituto ‘Germanicum-Hungaricum" dove, attraverso i secoli, vennero educati molti ottimi sacerdoti croati (...). Fu ordinato sacerdote nel 33° anno di età, il 26 ottobre 1930, giorno della Festa di Cristo Re. Questa festività sarà celebrata da Stepinac, anche quando sarà arcivescovo, nel modo più solenne ed è proprio in quelle occasioni che pronuncia le sue più note omelie."


Sacerdote a Zagabria

Nell’autunno del 1934 assume il servizio sacerdotale nella propria arcidiocesi di Zagabria e sebbene "desiderasse vivamente dedicarsi direttamnete alla cura delle anime", l’arcivescovo gli affida il servizio del cerimoniale presso la Sede Spirituale dell’Arcidiocesi e spesso lo incarica di importanti missioni nelle varie parrocchie.
"Tutto il tempo di cui dispone Stepinac lo spende nell’assistere le varie chiese di Zagabria e si occupa in particolare delle azioni caritative nei quartieri più poveri della città. Pertanto viene nominato capo delle opere caritative e in seguito, su ispirazione dello stesso Stepinac, alla vigilia di Natale del 1931, veniva fondata la Caritas dell’arcidiocesi di Zagabria. Nel 1934 inizia la pubblicazione e se ne assume la redazione della rivista Caritas." Nel primo articolo di introduzione possiamo leggere: "Vogliamo con l’amore attivo elevare la gloria di Dio. Essendo le nostre intenzioni pure e lo scopertine/copo elevato non ci faremo disorientare da obiezioni né di destra né di sinistra. Sappiamo molto bene e sentiamo che i tempi sono molto difficili. Ma l’amore attivo è tanto più necessario in quanto la situazione è più difficile." E "malgrado tutti i suoi impegni, il giovane sacerdote dedica particolare cura e fervore alla sua profonda e costante preghiera."


Arcivescovo coadiutore

Quando il 29 maggio 1934 Papa Pio XI lo nomina arcivescovo coadiutore con diritto di successione, a 37 anni, Alojzije Stepinac è il vescovo più giovane del mondo. La scelta non fu facile, perché alcuni candidati non vennero accettati dalla Santa Sede e altri vennero rifiutati dalla corte di Belgrado. l nuovo vescovo accetta con particolare slancio le grandi responsabilità che l’arcivescovo gli affida immediatamente. "Ovunque si sentiva un nuovo spirito pastorale. Dedicò particolare attenzione al proprio sacerdozio e al più stretto collegamento ed avviamento ecclesiale dei fedeli laici riuniti nelle diverse associazioni dell’Azione Cattolica (...). Coadiuvato da bravi collaboratori, Stepinac accetta e promuove le iniziative esistenti e incentiva la creazione di nuove", sviluppando la presenza di dodici nuove parrocchie nel territorio di Zagabria. All’epoca della questione del concordato tra la Santa Sede e la Jugoslavia, il cardinale si batte per difendere i diritti della Chiesa cattolica.
"Si pone a capo del grande pellegrinaggio votivo di Zagabria, che era in uso da più secoli nella seconda settimana di maggio a Marija Bistrica (Santuario dove Giovanni Paolo II celebrerà la beatificazione di Stepinac - ndr), il che segnava un importante slancio dei pellegrinaggi negli anni a venire" finché non furono bloccati nel 1946. Questi pellegrinaggi e le omelie di Stepinac a Bistrica rimarranno impressi profondamente nella memoria del cattolicesimo croato.


Arcivescovo ordinario

Nel 1937, in seguito alla morte dell’arcivescovo Bauer, Stepinac assume la direzione dell’Arcidiocesi di Zagabria e "continua a svolgere la sua azione felicemente iniziata in tutti i settori della vita ecclesiale." Si preoccupa dei seminaristi, continua a promuovere l’azione dei laici e presta particolare attenzione alla stampa cattolica. "Sostiene e partecipa alle iniziative delle settimane cattoliche sociali croate. Nel suo cuore ci sono le giovani leve, i contadini, gli operai e la gioventù universitaria per i quali si sforza di trovare i migliori assistenti spirituali e gli adeguati luoghi di ritrovo.
Con l’inizio della seconda guerra mondiale, nella tragica atmosfera bellica, "Stepinac cerca non solo di perseverare ma anche di sviluppare le sue imprese pastorali (...). Quando nell’aprile del 1941 venne fondato (...) lo Stato Indipendente di Croazia,(...) prende parte alle pubbliche manifestazioni e con l’impegno personale difende di fronte ai detentori del potere la legge di Dio e chiede giustizia per ciascuno. Diventa il protettore e la voce di tutti coloro che vengono perseguitati e privati dei diritti. Per quanto le circostanze gli consentono cerca di realizzare l’universale attività caritativa nei confronti dei bisognosi."


Difensore dei diritti degli uomini

Stepinac sarà "ricordato dalla storia come un grande propugnatore dei diritti dell’uomo fondati su Dio, prima ancora della nota dichiarazione del 1948" perché quando, all’avanzare delle forze militari, si è trattato di "difendere le vite umane di serbi ed ebrei, che se passavano al cattolicesimo potevano salvarsi la vita, Stepinac invia ai propri sacerdoti, istruzioni riservate: ‘Quando vengono da voi persone di religione ebraica od ortodossa, che si trovano in pericolo di vita e desiderano convertirsi, accoglieteli per salvare loro la vita. Non chiedete loro istruzioni religiose particolari, in quanto gli ortodossi sono cristiani come noi, e la religione ebraica è quella da cui il cattolicesimo trae le origini. Il compito e il ruolo dei cristiani è, in primo luogo, quello di salvare gli uomini. Quando questi tempi di pazzia e di barbarie saranno passati, rimarranno nella nostra Chiesa coloro che saranno convertiti per convinzione, mentre gli altri, passato il pericolo, torneranno alla propria religione.’" E ancora, nelle sue omelie difende sempre i diritti umani, e in particolare si ricorda il suo più coraggioso discorso, pronunciato alla festa di Cristo Re del 1943: "La Chiesa Cattolica non riconosce razze che dominano e razze che sono dominate. La Chiesa Cattolica riconosce soltanto razze e popoli creati da Dio (...). Il nostro prossimo, indipendentemente dal nome, non è una vite della macchina dello Stato, che sia dipinta di rosso o di nero, di grigio o di verde, ma è un figlio di Dio libero, il nostro fratello in Dio."


La persecuzione

Nell’immediato dopoguerra la Croazia si trova nuovamente sotto il dominio del regime comunista jugoslavo. Scrive il biografo che "L’arcivescovo si comportò sin dal primo momento anche nei confronti del nuovo potere seguendo il Vangelo: riconosceva lealmente il nuovo governo, ma allo stesso tempo cercava consapevolmente e risolutamente di mantenere la sua posizione, pronto a rimettere la propria libertà e la propria vita in difesa dei diritti divini della Chiesa e per il bene del popolo croato."
Nel maggio del 45 fu arrestato e poi rilasciato per la pressione esercitata dall’opinione pubblica. Fece poi "da intermediario presso il nuovo governo interessandosi al trattamento giusto non solo verso le persone appartenenti alla Chiesa, ma anche nei confronti di tutti i cittadini.
Nel settembre 1945 venne resa pubblica la lettera pastorale dei vescovi cattolici della Jugoslavia, con in prima linea la firma dell’arcivescovo Stepinac. Essi chiedevano la piena libertà della stampa cattolica, delle scuole cattoliche, della catechesi in tutte le scuole, delle associazioni cattoliche, dell’azione caritativa cattolica, della persona umana e dei suoi inalienabili diritti, il pieno rispetto del matrimopnio cattolico e la restituzione di tutti gli enti ed istituti espropriati. Ma tutto ciò non fece che "inferocire le forze comuniste nella realizzazione dei loro programmi fino ad arrivare all’aperta persecuzione della Chiesa e ad una generale aggressione alla libertà della coscienza."
Nel 1946, dopo una campagna durata mesi, si celebrò un processo montato contro l’arcivescovo Stepinac. Proprio il 3 ottobre 1946 Stepinac pronuncia il suo discorso in tribunale. "Non era una difesa personale, ma un’accusa delle ingiustizie del regime e dei crimini ed un impegno decisivo per i diritti di Dio, della Chiesa e di ogni uomo." Iniziava con queste parole: "A tutte le accuse che sono state qui contro me espresse rispondo che la mia coscienza è tranquilla... e perché la mia coscienza è pulita, sono pronto a dare la vita in qualsiasi momento."
L’11 ottobre si pronunciò l’ingiusta sentenza e il movente diretto fu la lettera pastorale, che il regime comunista interpretò quale attacco allo Stato.
Così, dal 19 ottobre 1946 al 5 dicembre 1951 è detenuto nelle carceri di Lepoglava, trasformando la sua cella in una cella di convento, destinata alla preghiera, al lavoro e alla sacra penitenza. E il suo ordine del giorno di Lepoglava lo trasferisce anche nella vita degli arresti domiciliari presso la sua parrocchia di origine, Krasic.
"Dall’inizio della sua prigionia di Lepoglava e fino alla fine della sua vita, Stepinac ha continuato a svolgere il suo servizio vescovile con la preghiera e la sofferenza, secondo le parole di san Paolo: ‘Ora io mi rallegro delle sofferenze che sopporto per voi e supplisco, nella mia carne, a ciò che manca alle sofferenze di Cristo a vantaggio del suo corpo, che è la Chiesa’ (Col 1,24)".
A un giornalista che gli aveva chiesto come si sentiva, aveva risposto: "Qui come a Lepoglava... faccio il mio dovere." E alla domanda: "E quale sarebbe il suo dovere?" rispose: "Soffrire e lavorare per la Chiesa."
Le uniche cose che poteva fare erano celebrare la messa, predicare e confessare. Ma in questo modo poteva continuare ad essere in contatto con i fedeli. Inoltre poteva scivere lettere, sebbene permanentemente sotto la censura e il pericolo di sequestro. Così scrisse centinaia di lettere nelle quali invitava i destinatari e in particolare i sacerdoti, a essere fedeli a Cristo e alla Chiesa e ad avere una indomabile fede nella vittoria di Dio.


Cardinale

Il 12 gennaio 1953 lo raggiunse a Krasic la nomina a Cardinale da parte di papa Pio XII, ma decise di non recarsi a Roma per paura di non poter più rientrare: voleva in ogni caso rimanere con il suo popolo. Nel gesto del papa vide una conferma a perseverare sul suo cammino fino alla morte. "La porpora cardinalizia significa il sangue" disse. E già in occasione della sua ordinazione sacerdotale, avendo trovato accanto al proprio piatto nel refettorio dell’istituto un garofano rosso, aveva detto: "Il fiore rosso del martirio."

"Negli anni sucessivi fu sempre più spesso ammalato. (...) ma ha sempre rifiutato di farsi curare fuori dalla patria, perché come fedele pastore volle comunque rimanere fedele al suo gregge."
Ancora poco prima della morte fu sottoposto alle pressioni delle autorità statali, che lo chiamarono a testimone, malgrado la sua salute fosse seriamente compromessa, al processo contro l’assistente spirituale del seminario di Dakovo e i suoi collaboratori. Era il 1959 e "il Cardinale sentì di dover pronunciare le sue ultime parole". Scrive così una lunga lettera in cui cita le ragioni che lo inducono a rifiutare tale invito, facendo anche riferimento alla "lunga storia di tutti i maltrattamenti che fino ad allora, come arcivescovo di Zagabria, ebbe a subire. E alla fine dichiara: ‘Io so quale è il mio dovere. Con la grazia di Dio lo adempirò fino alla fine, senza odio verso chiunque e senza timore di chiunque.’ (...) Ed è stato così che, tutto rivolto a Dio, prendendo commiato dal suo gregge e perdonando tutti, consapevolmente orgoglioso e con coscienza tranquilla" il cardinale Stepinac muore il 10 febbraio 1960.

Ripercorrendo questa storia possiamo capire l’attenzione che il Papa vuole rivolgere in particolare ai martiri del nostro secolo.



1) "Testimone fino al martirio" in TRACCE, n. 10, novembre 1998, pag. 63
2) ibid.
3) le notizie biografiche sono riprese dalla lettera pastorale dell’arcivescovo di Zagabria, monsignor Josip Bozani’c, in occasione del centesimo anniversario della nascita del cardinale Stepinac - ed. Glas Koncila, Zagreb, 1998