L’amore a Dio e ai fratelli come "VOCAZIONE"

Di Cristina Vonzun



L’itinerario di formazione spirituale proposto quest’anno da Mons. Vescovo ai giovani animatori, ha affrontato nelle due tappe conclusive le tematiche del matrimonio e della vita consacrata: due modalità complementari della realizzazione della vocazione cristiana quale risposta di amore a Dio e ai fratelli.
Riprendendo tematiche trattate durante l’appuntamento precedente, il Vescovo si è soffermato sulla vocazione all’amore nel nucleo famigliare, quale luogo di generosità e responsabilità tra l’uomo e la donna che si manifesta nella volontà creatrice della copertine/coppia:
<<Tra i pericoli che circondano la famiglia vi sono gli interrogativi e i problemi suscitati da certi esperimenti genetici, l’aborto con la riduzione del feto di poche settimane a non persona, dunque a non essere soggetto di diritti>>. Proseguendo il Vescovo ha detto: << L’opera creativa di Dio passa attraverso l’uomo e la donna, pertanto la fecondità non è un’operazione funzionale, ma richiede amore e cura. Essa non va presa alla leggera, ci si prepara studiando, amando la vita nei suoi aspetti infiniti >>.

Il Vescovo ha poi tratteggiato il progetto all’amore dal punto di vista umano e spirituale, ad immagine della natura stessa dell’uomo e della donna, senza dicotomie ma in un’unità di crescita: << Amare la vita cosa significa ? Sostanzialmente nessun sentimentalismo, ma un cammino contro ogni tipo di egoismo a due. Esso si esprime nella libertà di accettare che la vita degli altri possa chiedere qualcosa alla nostra vita: non solo all’interno della famiglia ma aprendo il nucleo verso l’esterno. Se l’amore è dono e se il donarsi appartiene alla natura umana, non è pienamente umano e corrispondentente alla verità della persona e della famiglia progettarsi isolati dal mondo. Una copertine/coppia aperta parla alla società con il suo modo di essere e contribuisce ad edificarla. Fra due sposi più l’amore è maturo e più aumentano la pienezza e la realtà del loro incontro. Esso non è reso statico dal "matrimonio", ma si dinamizza nella maturità del dono. E’ importate sottolineare la differenza tra l’intimità e la privatizzazione. La prima è un’esclusività positiva della copertine/coppia, la seconda va nella direzione della chiusura, dunque contro la natura stessa>>.
L’itinerario proposto dal Vescovo in questo corso ha ripreso quelli che sono elementi umani e spirituali di ordine naturale, per sottolineare come il matrimonio cristiano non sia un optional quasi contro natura, ma un evento di grazia che perfeziona la natura stessa, la quale, già in se stessa, con la sua dinamica, è apertura, è dono, è scambio.
Tra i giovani presenti vi erano alcune copertine/coppie di fidanzati sinceramente interessati a capire e a vivere bene questo tempo di preparazione al matrimonio. Il Vescovo ha tratteggiato un quadro del tempo del fidanzamento: << E’ il tempo della gioiosa scopertine/coperta dell’amore come dono gratuito e sorprendente; è tempo di cammino per conoscersi in sincerità; è tempo per accogliere insieme il disegno di Dio su di sé, è il tempo per costruire una progressiva compenetrazione di interessi e pensieri, per giungere a pronunciare con consapevolezza le parole del patto matrimoniale. Nel cammino che precede il matrimonio è pertanto essenziale imparare a pregare, entrare in sé, stare in silenzio, alla presenza di Dio, anche in due. E’ importante dedicare un tempo all’ascolto della Parola di Dio ad esempio con la lettura dei Vangeli, delle lettere di Giacomo e Pietro, del Cantico dei Cantici>>.

Nell’ultimo appuntamento parola ed esperienze di vita hanno aiutato i giovani a confrontarsi con la scelta della castità consacrata per il Regno dei cieli. All’incontro hanno partecipato anche un seminarista, due suore e alcuni sacerdoti che hanno concretizzato le parole del Vescovo con la loro testimonianza, soprattutto all’interno dei gruppi.

Il Vescovo Giuseppe ha presentato Gesù Cristo quale modello di questo nuovo modo di vivere: << Gesù Cristo è stato un modello rivoluzionario per i suoi contemporanei, per i quali il non sposarsi o il non avere discendenza era ritenuta una sventura se non una maledizione. Gesù ha incarnato l’amore di Dio per gli uomini ed ha inaugurato un nuovo modo totale di risposta. Per chi si pone alla sua sequela ci troviamo in una vocazione più radicale anche se complementare a quella del matrimonio. Il Vangelo ci indica che l’amore non ha solo una realizzazione, che il matrimonio non è la sola via possibile. Come il matrimonio, nella comunione d’amore che rappresenta lo si può confrontare con l’amore trinitario, lo stesso amore trinitario è fonte e origine dell’altra dimensione del dono di sé: quello totale a Dio e ai fratelli. Questa della castità per il Regno dei cieli è una scelta coraggiosa e impegnativa perché ci muoviamo in un terreno apparentemente non naturale, in cui la grazia aiuta a liberarsi dal determinismo della natura. Il sostegno e l’alimento quotidiano sono in Dio. Ma non dobbiamo vedere castità consacrata e matrimonio in opposizione: gli stessi elementi che abbiamo incontrato nel matrimonio (gratuità, fedeltà, fecondità, accoglienza) sono elementi costitutivi del cammino di vita consacrata >>.
Dentro questo progetto di realizzazione umana e cristiana, il Vescovo si è poi riferito al Vangelo di Giovanni, cogliendo nell’episodio dell’incontro tra Pietro ed il Risorto alle pendici del lago di Tiberiade, uno degli eventi più decisivi per descrivere la consistenza di questo tipo di chiamata : << Gesù pone a Pietro la domanda: "Mi ami tu più di costoro ?".
La strada di Pietro si intravvede in questo colloquio. Essa si caratterizza per la duplice dimensione dell’amore e del sacrificio, che porta la vocazione oltre l’essenziale spingendola all’umile eroismo. La vocazione è amore offerto, chiesto e dichiarato come risposta, pubblicamente. Tutti gli altri devono sapere che tu "ami di più" e quindi sei impegnato di più sul fronte del dono totale. La domanda è generosa professione di fede nell’amore di Cristo che elegge, consacra, manda, esige, immola, consuma >>. Parole certo un po’ dure, ma molto concrete. Vediamo con l’aiuto del Vescovo di capire dove porta questo "di più" :
<< L’essenziale non basta nella gestione della propria vocazione consacrata. Ogni chiamata infatti segue il paradigma di quella di Pietro. La legge del minimo sforzo non serve a copertine/coprire le distanze nel lungo cammino della vocazione. Il minimo sforzo impoverisce la vocazione, pretende un dono che non è vero, un costruirsi solo secondo un proprio progetto. Per questo l’essenziale non è sufficiente.
Un altro elemento importante è l’impegno personale, la moralità della vita religiosa che si manifesta nell’aderire al dono fattoci da Cristo e nel dono che noi facciamo della nostra vita in Cristo agli altri. Si tratta di un impegno che coivolge tutte le risorse della mente e della volontà. Il terzo elemento decisivo è quello della carità. La vocazione affonda le sue radici nel terreno della carità e qui vi attinge la vita. Per questo che l’essenziale non basta. Dentro questa carità (ndr che ha come origine fontale l’amore di Cristo per noi) si gioca il cammino di fedeltà. La carità è dono totale di sé>>.

Il cammino formativo di quest’anno si conclude a questo punto, lasciando nei giovani delle proposte di vita, delle piste ancora tutte da approfondire. Per questo ognuno si riferisce al cammino di appartenenza: dall’Azione Cattolica alla propria parrocchia, ad altri movimenti ed associazioni. Il prossimo appuntamento sarà il Cammino della Speranza di Sabato 27 marzo a Lugano, con inizio alle ore 20,00 presso la Chiesa di Cristo Risorto.