Progetto Sigrid Undset. Per una reale parità nella vita professionale
A proposito di DONNE
Intervista a Carla Agustoni ideatrice del video "lei lo fa!"

A cura di Dani Noris



Nell’ambito del progetto "Sigrid Undset, per una reale parità nella vita professionale" abbiamo mandato in onda nella nostra emissione "Caritas Insieme" il filmato "Lei lo fa!" preceduto dalla presentazione di Marilena Fontaine, consulente per la condizione femminile del Canton Ticino. Questo progetto si innesta nella promozione delle pari opportunità fra donna e uomo nella formazione, in un contesto svizzero e ticinese, ancora pesantemente gravato da disparità.
È a disposizione, al prezzo di fr.30.-, per scuole, orientatori, insegnanti e famiglie, che possono richiederlo all’Ufficio dell’orientamento scolastico e professionale telefonando allo 091/814 40 76.

L’idea di questo progetto è partita da Carla Agustoni, che per molti anni ha segnato la politica ticinese e che gentilmente ci ha concesso questa intervista:

D: Da dove le è venuta l’idea del filmato "Lei lo fa!"
R:
Mi è venuta vedendo come le ragazze sui quindici anni, quando devono decidere la strada da scegliere, sono ancora tremendamente condizionate, qui da noi, da molti pregiudizi. Frutto di convinzioni e convenzioni dei loro genitori i quali, soprattutto in un periodo di crisi di posti di lavoro come quello che stiamo attraversando, consigliano alle loro ragazze mestieri "femminili" che garantiscono, subito dopo un breve tirocinio, di conseguire un reddito. E il ventaglio delle scelte si riduce appunto a professioni ampiamente praticate, quali la parrucchiera, l’estetista, la venditrice, l’infermiera, la maestra d’asilo, la segretaria ... Tutte professioni più che rispettabili, ma che limitano la donna a un rango subalterno nella gerarchia del settore professionale scelto. Perché non direttrice di vendita, medico, professore, avvocato?
Ecco perché ho pensato di dare alle ragazze, che stanno terminando la scuola dell’obbligo, uno spunto di riflessione sui mestieri "insoliti", quelli che normalmente i genitori sconsigliano perché sono "da maschi". Un messaggio semplice, facilmente accessibile, dove in maniera simpatica si dice loro: "Hai visto? Lei lo fa (spazzacamino, direttrice d’orchestra, poliziotta, veterinaria, meccanica d’automobili ...) e tu perché non vuoi provare?"

D: In che modo questo è legato al suo percorso e al suo impegno politico?
R:
È chiaro che questa riflessione nasce anche dal mio vissuto politico. Ho potuto costatare in prima persona le fatiche, per tutte le donne, nel raggiungere un livello paritario con il maschio. Non nel senso di potere/dovere fare esattamente tutto quello che fa l’uomo, ma piuttosto in un’evoluzione culturale che dia alla donna una reale autonomia Mi spiego: non è stato il conseguimento del diritto di voto o l’entrata in politica delle donne a renderle pari all’uomo. Il quadro della presenza delle donne nei nostri legislativi e esecutivi ne è la prova vergognosa. E non parliamo delle resistenze, maschili e anche femminili, che incontrano le associazioni di donne quando cercano di far passare le opportunità per una maggiore parità di diritti. Perché? A mio modo di vedere il problema sta nella forza di autonomia culturale di cui ogni ragazza, ogni donna riesce a dotarsi per "liberarsi" dai preconcetti cui accennavo prima. "Liberazione della donna" non è un aforisma vuoto di significato. Finché la donna non si è pienamente affrancata dall’imposizione di ruoli e obblighi di una società regolata sul massimo rendimento, rimane un soggetto subalterno, spesse volte, purtroppo, anche un oggetto: una prova è la cinica resistenza che trova ancora oggi una vera assicurazione maternità. Quindi, io penso che è di grande importanza dare, fin da piccola, alla bambina, poi alla ragazza, i mezzi per rendersi "libera" nelle sue scelte di vita: nello studio, nella sessualità, nella maternità, nella professione fuori casa o come casalinga.
Anche con un video sulle professioni "insolite" si può svegliare la voglia di qualcosa di nuovo, di coraggiosamente diverso.

D: Come è stata scelta l’artista Gardi Hutter? Come ha vissuto l’incontro e il lavoro con lei?
R:
Gardi Hutter è una bravissima artista. Ho pensato a lei anche perché volevo un "personaggio" senza connotazioni regionali, al di fuori di un contesto geografico definito, con un linguaggio universale e con la capacità di stabilire subito una complicità con le ragazze. Gardi Hutter, quando le ho spedito il progetto si è dichiarata subito entusiasta: anzi, mi ha aiutata con le sue pantomime a sottolineare maggiormente la "femminilità in fase di liberazione"!

D: Il suo nome è legato a una lunga carriera politica e alla lotta per l’emancipazione femminile. Come vede oggi, il lavoro che ha svolto, quali le certezze/eredità attuali in termini di prospettive?
R:
Io faccio parte della seconda generazione delle "donne politiche" ticinesi. 1971, voto alla donna, anno dell’entrata delle donne in Gran Consiglio. Dopo due sole legislature, nel 1979, sono entrata per il PSA. Quanta paura di sbagliare, e quel senso di ignoranza della politica (quella con la p maiuscola) che mi dava i brividi ... Gli uomini ci guardavano con curiosità, erano anche talvolta persino galanti. Eravamo una decina, convinte che in pochi anni il parlamento sarebbe stato composto per il 50% da donne, e invece, dopo quasi vent’anni, siamo ancora a quella meschina proporzione. Sono contenta di aver potuto lavorare soprattutto in favore di chi ha meno diritti di cittadinanza: gli stranieri, gli anziani, i giovani le donne, certamente. Ricordo quando ho creato "l’interpartitica femminile", cioè un’unione di tutte le donne del Gran consiglio attorno a temi che ci riguardavano tutte e tutti: gli asili nido, una maggior sensibilità nell’ambito delle scelte professionali a favore delle donne, l’obbligatorietà della firma della donna nella dichiarazione d’imposta, la creazione dell’Ufficio per la parità, una nuova legge sulla famiglia e tante altre iniziative ci hanno viste unite (quasi sempre tutte) creando persino un po’ di sconcerto nei colleghi maschi. Oggi mi piace vedere il lavoro della mia generazione e di chi ci ha precedute inserito nel patrimonio delle giovani attualmente in Gran Consiglio, rappresentanti di una società in velocissimo cambiamento. Mi rendo comunque conto che molto è rimasto ancora sulla linea di partenza. Penso soprattutto alla giusta valorizzazione della donna in politica. Fa fatica il maschio ad accettare la concorrenza quando si rende conto che c’è una donna preparata, determinata e con legittime ambizioni di riuscita. E siccome ci sono sempre più donne con una preparazione (professionale e politica) almeno pari a quella di molti uomini, vengono usate le armi care all’argomentario maschile, assunto purtroppo anche da moltissime donne, che la donna che vuol "buttarsi" in politica è poco affidabile, denota problemi psichici o persino estetici eccetera. Vecchia storia? Eh, no, storia recente, molto recente. Eppure non si deve mollare: siamo o non siamo la repubblica dei piccoli passi? Io dico sempre che con la testa mi piace stare nelle nuvole dell’utopia, e con i piedi mi adatto alla marcetta dei piccoli passi. Ma mai cedere nemmeno un millimetro di terreno conquistato. È stato troppo faticoso!