FIERA del BUONISMO chiuso fino a dicembre

Di Roby Noris



La fiera del buonismo è finita fortunatamente anche quest'anno e fino a dicembre prossimo non se ne parla più: almeno con queste proporzioni anche se il tarlo che anima questa falsa carità continua infatti imperterrito ad aleggiare. I poveri col cartellino stampato in fronte che le televisioni del mondo nordoccidentale ci hanno mostrato accolti in pranzi natalizi, fino al prossimo Natale non fanno più audience, salvo qualche pietistico servizio per commuoverci un po' ogni tanto. Nonostante le mie più pessimistiche aspettative anche quest'anno la realtà è riuscita a superare l'immaginazione. Mi piacerebbe raccontare alcune perle della fiera di quest'anno ma dovrei citare organismi e enti al di sopra di ogni sospetto, favorendo inutili illazioni sugli obiettivi di queste mie considerazioni. Non mi interessa infatti demonizzare questa o quell'altra iniziativa ma piuttosto far passare per quanto possibile un'idea di solidarietà rispettosa della dignità della persona bisognosa. Un'impresa ciclopica perché bisogna smantellare montagne di equivoci sul bene dell'altro, sulla sua responsabilità e sulla sua libertà: chi ha bisogno di aiuto cerca una risposta definitiva ed esauriente e non un paliativo, anche se non lo sa, o non è capace di formularlo. Privare l'altro della libertà di sceltà e di cambiamento ad esempio, sostituendosi a lui nelle decisioni significa semplicemente privarlo della sua dignità che è caratterizzata proprio dalla possibilità di dire si o no assumendosi le conseguenze di questa risposta. In Ticino non possono esistere I barboni in quanto si tratta di un fenomeno urbano possibile solo dove il controllo sociale è meno stringente e per questo se ne può parlare liberamente senza offendere nessuno. I barboni sono persone che hanno fatto una scelta personale e le condizioni drammatiche che hanno portato a quel tipo di scelta, evidentemente sbagliata, non cambiano la sostanza del problema: quelle persone devono essere le prime a decidere di rispettare la propria dignità e nessuno può sostituirsi a loro in questa decisione. Prendere un barbone, lavarlo, rasarlo e rivestirlo pensando che l'averlo tolto dalla strada gli farà cambiar vita è inutile e sbagliato anche se ci rassicura perché "almeno abbiamo tentato qualcosa". Invitare un barbone a casa a Natale, con telecamera appostata come mamma TV comanda, ha solo una funzione consolatoria per chi lo accoglie e per i telespettatori che guardano questo momento commovente di solidarietà in diretta. Le telecamere si spegnerebbero invece se quella stessa persona decidesse di andare a vivere tutto l'anno con i barboni senza pretendere di cambiare chissà cosa ma solo proponendo un'ipotesi diversa a partire dal suo gesto di condivisione. C'è bisogno di servizi sociali seriamente attivi sul territorio, come c'è bisogno di gesti che testimonino la possibilità di condivisione e di solidarietà delle singole persone. Non c'è bisogno invece di surrogati che fioriscono ipocritamente in clima natalizio.
Quando poi si propone di raccogliere derrate alimentare da devolvere "anche a istituti per andicappati in Svizzera" è lecito domandarsi quale sia il vero obiettivo di questa presa in giro. E se ci propongono raccolte da mandare in qualche paese del terzo mondo con costi di spedizione di gran lunga superiori al valore di ciò che raccogliamo e che potrebbe essere acquistato sul posto? Come diciamo nella rubrica "I poveri li avrete sempre con voi" su questo numero: La carità senza intelligenza è disprezzo della dignità della persona tanto quanto l'intelligenza senza la carità.