Gesù Cristo, unico redentore dell'uomo,
fondamento unico dell'unità tra i Cristiani



«Un suggerimento per l'Ecumenismo», di H.U. von Balthasar Come avrebbe potuto la «settimana di preghiere per l'unità dei cristiani», che cade nel mese di gennaio, non fornire lo spunto adeguato anche per il contenuto della piccola rubrica di teologia morale fondamentale, divenuto ormai consueto -come appuntamento- da qualche numero a questa parte della rivista? Se si considera che ciò che fonda la moralità, precede la moralità stessa (trattandosi dell'iniziativa gratuita di Dio nella creazione, nella redenzione e nella chiamata universale alla salvezza), non apparirà affatto strano parlare del perdono, operato da Gesù Cristo con la Sua morte in croce, come dell'Evento fondatore anche dell'unità tra coloro che gli appartengono in forza del Battesimo e che per dolorose vicende storiche risultano ancora separati. Disporsi a ricevere questo perdono con un atteggiamento di gratitudine rinnovata ed un desiderio di conversione continua, è quanto di più 'morale' (cioè di più 'umano') possa in assoluto esserci.Mi farò eco delle parole di uno dei più grandi teologi di questo secolo -e non solo di questo secolo-, Hans Urs von Balthasar, morto il 26 giugno 1988, tre giorni prima di ricevere la porpora cardinalizia. In una omelia pronunciata alla radio in circostanza analoga, ha realmente focalizzato il cuore del problema, individuando con chiarezza il punto di partenza per un autentico e fruttuoso cammino ecumenico. Ne riferisco i passaggi salienti, potendo ritrovarsi il testo integrale in: «Tu coroni l'anno con la tua grazia», Jaca Book, Milano 1990, pp. 31-35.


"Nel Vangelo di oggi [cfr. II Domenica per annum del calendario liturgico] incontriamo la frase del Battista su Gesù che gli viene incontro: «Ecco l'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo!» (Gv 1,29). Un'affermazione enorme, che svela in anticipo il senso ultimo della missione di Gesù nel mondo e accenna anticipatamente alla terribile (e tuttavia così carica di grazia) fine del suo cammino terreno...Essa accenna direttamente a quello che è il centro della missione di Gesù, colpisce nel segno. Questa missione non è paragonabile con nessun'altra nella storia del mondo. Dei saggi han tentato di indicare una via sulla quale mantenersi puri dal coinvolgimento nel peccato del mondo o purificarsi da esso, ma quale maestro di saggezza potrebbe arrogarsi il potere di portare sulle proprie spalle tutta la colpa del mondo?...Questo è il centro più intimo del lieto messaggio cristiano. La più antica confessione di fede che ci è tramandata nel Nuovo Testamento è una frase dell'Apostolo Paolo, con la quale egli dice di annunciare ciò che a lui stesso in Gerusalemme o Antiochia fu trasmesso dagli Apostoli come l'essenza della fede. Questa confessione suona così: «Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture, venne sepolto, e al terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, ed è apparso a Cefa, e dopo ai Dodici». Lo scandalo della croce, per i suoi discepoli qualcosa di inconcepibile, insopportabile, acquista il suo significato a partire dalla Risurrezione: Gesù, che da vivo ha sempre vissuto per tutti, evidentemente non è morto senza un senso, bensì è morto per tutti, e dunque in maniera massimamente significativa, e ha portato via i peccati di tutti. Questa non è una interpretazione tra altre -come certi teologi oggi vorrebbero farci credere-, bensì l'unica interpretazione centrale e soddisfacente, in direzione della quale convergono tutte le altre idee sulla Passione di Gesù. L'unica che ben presto divenne dottrina normativa nella Chiesa primitiva: Paolo, che si convertì tre o quattro anni dopo la morte di Gesù, la trovò già presente e le diede il posto d'onore al centro della sua imponente teologia. E nessuno ha il diritto di andare oltre per relativizzarla.Fratelli e Sorelle, siamo nella Settimana di preghiera per l'unità delle chiese cristiane. E' conveniente perciò, di fronte a quanto appena detto, che pensiamo anche alla nostra incresciosa situazione ecclesiale... Tuttavia non è di questo che vorrei adesso parlare, bensì del nostro comune modo di rapportarci nei confronti della frase del Battista: «Ecco l'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo», la frase che in base a tutti gli scritti neotestamentari, da Paolo e dalle altre Lettere fino ai Sinottici e agli scritti giovannei, viene univocamente riconosciuta come il fondamento della fede, come testimonia anche l'antica Confessione di fede, allorché dice: «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, per noi fu crocifisso». Da questa frase dipende davvero tutto: e cioè il fatto che Gesù è l'eterno Figlio di Dio (è infatti impossibile che un semplice uomo possa portare su di sé e cancellare i peccati del mondo intero); il fatto che Dio è l'Amore eterno (infatti la prova di ciò sta proprio nella dedizione del Figlio al Padre per amore del mondo); il fatto che Dio, con la resurrezione di colui che era stato crocifisso e sepolto e dunque con la promessa della nostra propria resurrezione, si rivela come la speranza per il mondo immerso nelle tenebre e nella paura. Chi mette in causa questa affermazione centrale, rischia di far vacillare tutte le principali verità cristiane. Del complesso delle verità di fede gli resta in mano soltanto un misero e triste residuo...Tutto questo ha per l'Ecumenismo ampio significato. Una reale unificazione delle Confessioni può avvenire solo a partire dal nucleo della fede. Se questo nucleo è assicurato da ambo le parti incrollabilmente, allora anche gli strati sovrapposti, la polpa del frutto per così dire, possono raccogliersi attorno ad esso, e si può tendere ad un'unificazione anche in questi strati esterni. La via opposta: unificazione su questioni relative e secondarie mettendo fra parentesi la questione primaria, è assolutamente impercorribile. Unire cose sbiadite con altre sbiadite non porta mai a qualcosa di originariamente forte e lucente, ciò che il Cristianesimo deve pur essere. La fede cristiana sta o cade con la confessione che in mezzo alla storia del mondo Dio ha innalzato (come dice Paolo) uno «strumento di espiazione»...Il Cristianesimo è la religione della gratitudine, del sentirsi debitori. Dir grazie non solo per il fatto che si esiste, che siamo stati creati, bensì ringraziare perché senza merito siamo stati riconciliati con Dio; accogliere con gratitudine questo dono della riconciliazione e cercare con la propria vita di renderlo comprensibile agli altri. Se facciamo questo, abbiamo fatto allo stesso tempo il passo più importante nell'Ecumenismo. Tutte le questioni che ancora ci dividono saranno da guardare e da risolvere alla luce di questa gratitudine, di questo sentirci debitori. Alla fine preghiamo Dio:Signore, non farci mai dimenticare che noi dobbiamo tutto a Te, Dio uno e trino, che hai compiuto l'opera della redenzione del mondo in Cristo, e fa che noi, tutti insieme, ti lodiamo per questo. Ma vorremmo anche pregarti che Tu ci doni la piena unità della confessione di fede, per Cristo, nostro Signore".