Mons. Misago assolto con lui anche la Chiesa?
L’accusa aveva chiesto la pena di morte In carcere rimangono 130’000 persone

Di Marco Fantoni



È stato prosciolto dalle accuse lo scorso 15 giugno, dopo due ore di lettura della sentenza, alla quale ha dovuto assistere in piedi, il Vescovo della diocesi di Gikongoro, Mons. Augustin Misago.

Il presule era stato fermato ed arrestato dai militari il 14 aprile 1999 ad un posto di blocco all’entrata della capitale Kigali, mentre si recava ad una riunione con altri vescovi. Era accusato di omissione di soccorso durante il genocidio del 1994 e addirittura di aver partecipato alla pianificazione dello stesso.

A queste accuse, emerse anche negli anni scorsi, Mons. Misago ha sempre ribattuto puntualmente, ma senza successo. L’arresto avvenne esattamente una settimana dopo il discorso dell’ ex presidente della Repubblica, Pasteur Bizimungu, che il 7 aprile 1999 a Kibeho, nella diocesi del Vescovo, era presente per la commemorazione del quinto anniversario del genocidio. Durante il suo intervento, Bizimungu, accusò pubblicamente il Vescovo Misago di complicità nel genocidio.

Un’accusa che cadeva a cinque anni dai tragici fatti del 1994, e che fu preceduta da una campagna stampa che lo condannava ancora prima del processo. Anche l’Arcivescovo di Kigali, Mons. Thaddée Ntihinyurwa fu accusato, da alcuni rifugiati, di aver partecipato al genocidio. Il problema è che le accuse spesso arrivano da persone che interpretano atteggiamenti in modo fazioso. Non si capirebbe altrimenti come mai si arrivi solo dopo anni, ad accusare alcuni esponenti della Chiesa, di aver preso parte al genocidio.

Durante il processo tenutosi a Kigali, il Pubblico Ministero aveva chiesto, il 9 maggio, la condanna a morte per Mons. Augustin Misago. Gli osservatori avevano subito commentato questa richiesta come politica, come del resto lo è tutta questa vicenda, che da più di un anno vedeva il Vescovo rinchiuso nelle carceri della capitale. La seduta, durata sei ore, aveva scaturito una richiesta che andava nettamente contro l’evidenza dei fatti.

I tre avvocati difensori del titolare della Diocesi di Gikongoro, avevano dimostrato l’infondatezza delle tesi sostenute dall’accusa, portando prove chiare, avanzando la richiesta di proscioglimento, come detto accolta.

Durante una visita avuta con la Caritas Italiana, nel giugno del 1999, proprio nella Diocesi di Gikongoro, per verificare un progetto di sostegno a cui partecipano Caritas Ticino e la Parrocchia di Giubiasco, con il direttore della Caritas di Gikongoro avevamo potuto brevemente render visita a Mons. Misago nelle carceri di Kigali. Sotto sorveglianza, la possibilità di dialogo è stata di soli tre minuti, durante i quali ci siamo scambiati solo brevi impressioni.

Il Papa, il 10 maggio, gli aveva inviato un telegramma dove ribadiva la sua vicinanza in quei momenti di sofferenza auspicando che gli venisse presto restituita la libertà in modo da poter tornare presto a guidare la sua comunità. Alla stessa, Mons. Misago, molto umilmente rispondeva come il messaggio del Santo Padre, era per lui, in quel momento particolare, di paterno conforto e di sostegno.

Quanto scritto dal Papa è anche quanto auspicavano i cattolici ruandesi e non e da tutti coloro che hanno a cuore la giustizia, in quanto è evidente a tutti che questo processo è stato voluto da un potere, a cui l’opera sociale della Chiesa a favore dei più poveri, intralcia i giochi di potere.

Ora si spera che la detenzione non abbia intaccato la salute del Vescovo fino al punto da non poter più essere il pastore della sua Diocesi, una delle più povere del Paese.

D’altra parte, ci auguriamo che questo processo abbia chiarito a molti che l’opera della Chiesa in Ruanda, è da vedere a favore delle persone e non come ostacolo a quel potere che ha interesse a mantenere il benessere di pochi.

Resta ora uno dei grandi problemi del Ruanda del dopo genocidio e cioè le 130 mila persone ancora in carcere in attesa di giudizio. Ci saranno anche qui diversi "casi Misago" come pure veri colpevoli del genocidio.

A questo proposito riportiamo il commento del Cardinale Jozef Tomko, Prefetto della congregazione per la Propaganda della fede, che all’agenzia Fides ha ricordato come "... tanti altri prigionieri che da anni aspettano giustizia, non hanno avvocati della statura di quelli che hanno difeso Mons. Misago. Vi sono ancora 120-130 mila persone in prigione. C’è da sperare che questo sia l’inizio di un cambiamento di atmosfera nei confronti della Chiesa, che ha perduto troppi vescovi, preti, suore, seminaristi e laici... In molti Paesi d’Africa c’è una persecuzione contro la Chiesa. Non è stato preso di mira solo monsignor Misago. Nella regione dei Grandi Laghi si vuole indebolire la Chiesa con pretesti diversi. Sotto una violenza drammatica, molti figli della Chiesa sono stati uccisi, vittime di false accuse, regolamenti di conti, vendette o indifferenza. Misago è solo uno dei casi più clamorosi. In Africa si sta attuando la stessa strategia adottata negli anni Settanta in America Latina, quando per indebolire la testimonianza della Chiesa, si colpirono i vescovi e si favorì la diffusione di sette e ideologie".

Il Governo del Ruanda ha da poco deciso di delegare ai "Gacaca", tribunali locali a carattere tradizionale, parte dei processi contro i presunti corresponsabili del genocidio del 1994. Questo provvedimento consentirà un alleggerimento del sistema giudiziario. I tribunali, saranno complessivamente circa 15'000 e permetteranno un coinvolgimento diretto delle comunità locali nel giudizio a carico degli imputati.

Come Caritas Ticino, siamo felici dell’esito del processo a Mons. Misago. Ma, al di là di ciò, abbiamo comunque sostenuto due progetti, di cui il primo partito proprio dalla richiesta di Mons. Misago, a cui abbiamo dato fiducia dopo attenta analisi del progetto stesso. Attualmente stiamo sostenendo mille giovani analfabeti che hanno così la possibilità, attraverso il coordinamento della Caritas di Gikongoro, di frequentare lezioni che permettano loro di imparare a leggere, scrivere e far di conto. Forse a qualcuno il fatto che si abbia sostenuto questo progetto, in collaborazione anche con la Parrocchia di Giubiasco, ha dato fastidio. Ma la sentenza emessa e un maggior interessamento a quanto è successo e succede in Ruanda è sicuramente una risposta valida a chi aveva dei dubbi.

(Fonti MISNA-Fides)