Ma i soldi dei poveri dove vanno a finire?
Caritas Ticino è anche un servizio sociale e continua ad essere una presenza a favore dei più poveri

Di Dani Noris e Dante Balbo



Caritas Ticino in questi anni si è trasformata e anche il suo modo di fare Servizio Sociale è cambiato. Daniela Noris, operatrice del servizio sociale a colloquio con Dante Balbo responsabile di questo settore di Caritas Ticino, per comprendere meglio in che cosa consista questo cambiamento e quali sono le povertà che oggi fanno capo a Caritas Ticino.

D: Come descriveresti la tipologia che si rivolge al nostro servizio?
R:
Sono quasi quattrocento i casi/dossiers aperti l’anno scorso dal nostro servizio, di cui il 60% circa sono donne.
Questo dato rivela un aumento della casistica femminile, legato probabilmente alla nostra campagna specifica a favore della parità fra uomo e donna, che per tutto l’anno scorso ci ha visti impegnati nel progetto Sigrid Undset.
Il 77% delle persone che cercano il nostro aiuto è compreso nella fascia di età media, cioè fra i 20 e 60 anni, confermando una tendenza già in atto negli anni scorsi.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono solo i disoccupati a rivolgersi al nostro servizio, mentre le cifre ci dicono che il loro numero equivale anzi è leggermente inferiore a quello degli occupati. I disoccupati e coloro che hanno un impiego costituiscono infatti rispettivamente il 32 e il 33% dei nostri utenti, mentre il terzo rimanente è costituito da persone che sono in AVS o AI oppure sono classificati come non occupati, cioè sono studenti o casalinghe.
Il nostro servizio sociale quindi non è specificamente dedicato ai disoccupati, un settore che invece Caritas Ticino segue in modo particolare attraverso i suoi programmi occupazionali.
Questo dato ci dice che il disagio sociale è diffuso, indipendentemente dal fatto di avere o no un impiego.

D: In un Cantone che garantisce molti servizi sociali e strutture di appoggio pubbliche e private, cosa vengono a chiedere le persone a Caritas Ticino?
R:
Anche in questo campo ci troviamo di fronte ad una sorpresa. Se facciamo un sondaggio, molti ci diranno che Caritas Ticino aiuta i poveri, pensando soprattutto ad un intervento economico. Invece chi si rivolge a noi, di fatto, chiede soprattutto consulenza o sostegno burocratico nello svolgere pratiche con altri servizi.
Insieme queste due richieste costituiscono il 60% del totale; solo il 12% delle richieste sono indirizzate direttamente ad un sussidio in denaro.
Inoltre la richiesta di chi arriva al nostro servizio si sta facendo progressivamente più mirata, anche se raramente è unica, tanto è vero che per 395 dossiers noi abbiamo rilevato in realtà 856 richieste.
Questo rende ancora più rilevante il dato relativo alla ricerca di consulenza o di aiuto burocratico che si riferisce non al numero di persone, ma di richieste.

D: Per chi non è addetto ai lavori suona un po’ strano sentir parlare di dossiers, di casistica e non di persone.
R:
Per la semplice ragione che il disagio è raramente solo personale e, anche in queste circostanze, sono comunque coinvolti i famigliari. Se a noi si presenta una donna, ma è il marito ad essere disoccupato, oppure il problema riguarda l’acquisizione degli assegni integrativi per i figli, ad esempio, evidentemente non possiamo parlare del "caso" della signora, ma della sua situazione famigliare.

D: Proviamo a spiegare ai nostri lettori come e quanto rispondiamo alle richieste di aiuto?
R:
Anzitutto riorientandole, o meglio, riorganizzandole, per cui i nostri interventi sono inferiori alle richieste. Anche il nostro servizio, comunque, si rende conto che i bisogni non vengono mai da soli, o che spesso "piove sempre sul bagnato".
Detto in altri termini, se una persona si rivolge al nostro servizio difficilmente ha solo un problema da risolvere e anche quando lo esprime come unico, necessita di soluzioni più complesse.
Anche il numero dei nostri interventi, perciò, è superiore ai dossiers aperti. Per essere più precisi, la media è di 1,83 interventi per utente.
Quando parlo di riorganizzazione della richiesta, non intendo dire che necessariamente contraddiciamo i nostri utenti e offriamo loro quello che non ci hanno domandato, anzi, semmai, li confermiamo.
Infatti il 68% delle nostre prestazioni è dedicato alla consulenza e all’aiuto burocratico.
Ciò significa che per oltre i due terzi, i nostri interventi consistono o nell’indirizzare le persone ad altri servizi, o suggerire soluzioni, oppure, nel 20% dei casi, nell’aiutarli direttamente a districarsi fra le carte che la burocrazia richiede.
A questo ultimo dato si aggiunge un 10% di situazioni in cui è Caritas Ticino a fare da punto di contatto con altre organizzazioni o servizi, per conto delle persone che seguiamo.
L’8% dei nostri interventi, poi, è dedicato al sostegno personale in senso più stretto, cioè all’aiuto psicologico o psicoterapeutico.
Da qualche tempo, infatti, utilizzando le mie competenze di psicoterapeuta, il nostro servizio sociale offre anche questa possibilità di intervento.

La richiesta di chi arriva al nostro servizio si sta facendo più mirata, anche se raramente è unica,
tanto è vero che per 395 dossiers noi abbiamo rilevato in
realtà 856 richieste

D: E i sussidi in denaro?
R:
Spesso la richiesta di sussidio è la soluzione più semplice, rivoltaci da chi non sa che esistono altre opzioni, senza dover ricorrere a questo tipo di intervento. in questa direzione quindi si legge il dato che sposta al sesto posto la voce sussidio nella graduatoria dei nostri interventi, mentre era al terzo posto fra le richieste.
Nonostante ciò non possiamo dire che non vi sia un intervento economico diretto di Caritas Ticino, che nel 1999 ha comunque erogato sussidi per circa 120.000 franchi.
La nostra politica è tuttavia la responsabiliz-zazione massima delle persone che ci chiedono denaro. Il nostro servizio, quindi, interviene economicamente, da un lato quando il nostro contributo è efficace in un piano globale di risanamento o perché immediatamente risolve un problema, oppure perché si inserisce in un progetto più ampio.
D’altro canto spesso più che di un intervento a fondo perso, si tratta di anticipi o di prestiti necessari a tamponare una situazione altrimenti difficilmente risolvibile.

D: Forse meglio fare qualche esempio.
R:
Il nostro servizio si batte per sostenere che la povertà come la intendiamo classicamente, è un evento raro, perché le protezioni dello stato sociale sono sufficienti ad impedire che una persona o una famiglia viva nell’indigenza.
Tuttavia dobbiamo dire che vi sono molte persone che vivono con il minimo vitale garantito. Quando però si trovano di fronte ad una spesa imprevista o hanno un ritardo nel ricevere questa o quell’entrata, è subito crisi nel loro già precario bilancio.
In questo senso, l’intervento di Caritas Ticino diventa prezioso e più snello di un aiuto richiesto ai servizi pubblici.
In questi anni si parla molto in ambiente sociale di intervento di rete. Devo dire che il servizio sociale di Caritas ha dalla sua quasi sessant’anni di esperienza sul territorio, con la costruzione progressiva di una miriade di contatti che ci permette di trovare soluzioni a volte fantasiose e impreviste.
Un esempio per tutti è la possibilità di collegare due bisogni che cercano in Caritas Ticino una soluzione: la ricerca di lavoro da parte di disoccupati, soprattutto donne che magari sono rimaste a casa per qualche anno per occuparsi dei figli e non hanno potuto accedere alla formazione permanente, e dall'altra famiglie che hanno bisogno di qualcuno che assista una persona anziana bisognosa di presenza e desiderosa di restare a domicilio.
È così che nel 1999 sono 27 le situazioni che abbiamo risolto componendo queste due richieste in un intervento, che ha dato lavoro e nello stesso tempo ha promosso il mantenimento di una persona anziana a domicilio, rientrando così anche nello spirito della legge spitex.

D: Con il gran numero di interventi di consulenza e di aiuto burocratico, dovrebbe essere un servizio rapido!
R:
Effettivamente l’impostazione già da qualche anno data al nostro servizio sociale è confermata anche dai dati dello scorso anno.
Il nostro servizio si caratterizza per una presa a carico il più possibile rapida e puntuale, per evitare l’adagiarsi delle persone e delle situazioni in uno stile di vita dipendente dai servizi sociali.
Lo confermano anzitutto il ricambio delle situazioni seguite: il 49% dei dossiers aperti nel 1999 sono situazioni nuove, mentre alla fine dell’anno abbiamo archiviato il 70% degli incarti.
In secondo luogo, il 36% dei dossiers è stato seguito per un tempo massimo di tre mesi, mentre il 9% delle persone sono state incontrate una volta sola.

D: Non c’è il rischio di essere un po’ troppo sbrigativi?
R:
Se si osservano solo i dati che ho appena descritto si potrebbe avere un’idea del genere, ma bisogna tener conto che il 46% dei dossiers sono stati seguiti per più di un anno, perché è vero che in molti casi è sufficiente un consiglio o la compilazione di un formulario, ma per altri è necessario un piano a lungo termine o sono situazioni che tornano al nostro servizio, per risolvere altri problemi, oppure, infine, hanno bisogno realmente di essere seguiti con assiduità per evitare il riformarsi di problemi apparentemente superati.
In sintesi quindi, il nostro servizio sociale non è un ufficio di consulenza rapida, ma un organismo flessibile, che tenta di adattarsi alle situazioni reali, evitando sia di cronicizzare problemi che possono essere risolti rapidamente, sia di abbandonare sbrigativamente le persone alla mercé delle loro difficoltà.