FAMIGLIA e LAVORO cambiano insieme, fra conflitti e benefici
Il sociologo
Giorgio Campanini ospite del Centro di Aiuto alla Famiglia di Pambio Noranco


Di Dante Balbo




L’Occasione

L’occasione per una riflessione sul rapporto fra famiglia e lavoro nel terzo millennio, ci viene da una conferenza che il sociologo Giorgio Campanini, docente alla Facoltà Teologica di Lugano e professore invitato all’Università Lateranense di Roma, ha tenuto a Pambio Noranco, nel contesto del ciclo di incontri promossi dal Centro di Aiuto alla Famiglia www.nazareth-il-tuo-sito, che dispone ora anche di uno spazio su Internet all'indirizzo che da nome al Centro stesso (www.nazareth-il-tuo-sito.ch), dal titolo "La famiglia e le sfide alla sua identità".
Entrambe queste realtà sono care a Caritas Ticino, spesso protagoniste della nostra rivista e c’è sembrato importante non trascurare quest’opportunità per parlarne approfittando della competenza di un sociologo, da anni impegnato nel settore della famiglia e delle sfide che deve affrontare nella complessità della società occidentale.

Qui di seguito trovate uno stralcio della sua relazione che si è sviluppata su tre piste: famiglia e progresso tecnologico, lavoro domestico e sue prospettive nell’attuale sviluppo socioculturale e, infine, qualche indicazione su un corretto approccio dei cristiani per il prossimo futuro.


La famiglia non è un’isola

Non è necessario ricorrere ad internet per descrivere i mutamenti profondi che negli ultimi secoli hanno caratterizzato l’evoluzione sociale e, in particolare, del lavoro in occidente.
Basti pensare allo sviluppo delle città, come le intendiamo noi, grandi agglomerati urbani per milioni di persone, alveari complicati con nuclei cellulari che hanno frantumato completamente la gran famiglia patriarcale, collegato all’avvento della rivoluzione industriale.
La tecnologia medica ha ribaltato gli equilibri fra le generazioni, sconvolto la relazione fra sessualità e procreazione, introdotto la possibilità di convivenze che possono durare anche cinquant’anni, impensabili solo un secolo fa.
La notevole diminuzione della mortalità infantile ha ridotto la necessità d’avere molti figli, liberando la donna dalla funzione di fattrice.
La tecnologia che ha trasformato radicalmente il lavoro sia nei modi, che nei luoghi, come anche nei tempi, è un secondo aspetto che ha contribuito alla modifica della famiglia, modellandone relazioni, stili di vita, problemi.
Fino a qualche tempo fa, i soldati, i marinai, i mercanti, spesso erano non sposati, proprio perché il loro lavoro li portava lontani dalla famiglia, mentre questa era strettamente legata al lavoro vicino a casa, agricoltura e artigianato.
Dopo un periodo di concentrazione in grandi complessi industriali con conseguenti ondate migratorie e spostamenti di masse verso le città, oggi assistiamo al ritorno verso la campagna, alla riscopertine/coperta del lavoro a domicilio, al crescere di piccoli nuclei di produzione di servizi e di tecnologie avanzate, ridisegnando gli equilibri di rapporti dentro la famiglia.
La riduzione del lavoro classicamente inteso, perché demandato alla tecnologia, offre all’uomo uno spazio di tempo più grande di prima, ristrutturando i suoi rapporti nella famiglia.
La figura paterna, il grande assente dell’era industriale del secolo scorso, sta tornando a rivendicare uno spazio all’interno della famiglia e della relazione educativa.

Restando in quest’ambito di rapporto fra famiglia e tecnologia, non possiamo trascurare la rivoluzione comunicativa, sotto gli occhi di tutti e protagonista di una fetta importante del mercato mondiale economico.
Non è un caso che siano nate teorie psicologiche che descrivono la famiglia come una rete comunicativa, come un sistema aperto e complesso di relazioni, quasi meccanico.
L’informatica e la comunicazione virtuale trasforma il nostro modo di pensare i rapporti, si sposta dall’ambito lavorativo a quello privato, rendendone più fluidi e incerti i confini, invadendone gli spazi, reinterpretandolo alla luce delle modalità comunicative acquisiste dalla tecnologia.
Non è solo una questione di linguaggio, ma un abito mentale, un modo di concepire le nostre relazioni.
Non a caso sono fiorite le scuole di sessuologia, che oltre agli aspetti di cura positivi, portano spesso con sé o favoriscono un’idea del sesso come efficiente, tecnologico, da esercitare come un fatto di consumo e di prestazioni.
Lo stesso problema dell’eutanasia, potrebbe essere reinterpretato alla luce di una necessità di adattamento alla mentalità tecnologica, che non potendo conciliare questo momento con i propri schemi, tenta di controllarlo, di programmarlo.


Il "sesso" degli angeli ... del focolare


Il secondo grande tema trattato dal prof. Campanini è quel tipo particolare di lavoro che non rientra ancora nel computo del prodotto interno lordo della stragrande maggioranza dei paesi industrializzati: il lavoro domestico.
Anche noi come il relatore, ci siamo resi conto che non si tratta qui solo di ridistribuire i compiti all’interno della casa, in funzione della più ampia autonomia professionale della donna o alla sua formazione culturale, ma di ripensare le nostre relazioni, lo stesso ruolo sessuale, la nostra identità.
Sono in gioco mutamenti a lungo termine, culturali, sociali, politici.
Ma questo è terreno del "progetto Sigrid Undset", e non voglio rubare spazio per ribadire concetti già espressi dalle pagine di Caritas Insieme o dagli schermi del club che ha visto animarsi il dibattito su questi temi negli ultimi mesi dell'anno scorso.
Posso solo rimandare il lettore agli sforzi prodotti da Caritas Ticino in questo ambito e che continuiamo a profondere per contribuire a quel processo lento e faticoso di trasformazione del pensiero attorno al tema del rapporto uomo-donna e alla ridefinizione dei rispettivi ruoli.
Qui posso solo sottolineare la sorprendente comunanza di vedute con il prof. Campanini che osservava come questioni che fino ad oggi sono state considerate attributi naturali dell’identità sessuale, possano essere discusse.
Penso ad esempio ad una delle puntate del progetto Sigrid Undset in cui la signora Marilena Fontaine, responsabile per la condizione femminile in Ticino, ci ricordava che il concetto di angelo del focolare è strettamente legato alla rivoluzione industriale e alla ripartizione dei ruoli di lavoratore e di casalinga determinatasi con l’avvento della rivoluzione industriale e la separazione dei luoghi di lavoro da quelli della vita famigliare o all’intervento dello psicologo che sottolineava come il cosiddetto istinto materno è in gran parte culturalmente definito, in relazione agli stili di vita delle famiglie e non un patrimonio esclusivamente femminile, geneticamente iscritto nel legame fra la donna e la generazione biologica.

Né caccia alle streghe della modernità, né idolatria telematica, ma paziente discernimento e visione profetica a lungo termine

Infine lasciamo allo stesso prof. Campanini la conclusione, che in realtà è apertura su un dibattito in fermento.

"Sotto il profilo culturale è necessario, ancora una volta, cercare di leggere correttamente il proprio tempo, senza cedimenti allo "spirito mondano", ma anche senza inutili demonizzazioni. La storia della Chiesa è tutta intessuta di questo difficile rapporto con quella che era, di volta in volta, la "modernità" (dall’invenzione della cambiale a quella della stampa, dalle nuove scopertine/coperte dell’astronomia alle teorie dell’evoluzione); una "modernità" che è stata spesso, inizialmente, demonizzata e poi alla fine, sia pure faticosamente, accettata. Così sta avvenendo anche per il lavoro e per la tecnica, nelle sue varie applicazioni, dai nuovi orizzonti della globalizzazione alle nuove frontiere della procreazione. Ciò che si impone non è l’acritica accettazione, ma nemmeno il preconcetto rifiuto, bensì il difficile esercizio del discernimento, la capacità di decifrare gli insegnamenti evangelici, e conciliare "i segni dei tempi". Non vi è posto, in questa prospettiva, né per un chiuso conservatorismo, né per passivo adeguarsi alle mode.
Dal punto di vista politico, è necessario rendersi conto di quanto la sfera privata sia condizionata dalla sfera pubblica. E’ una pericolosa illusione ritenere che la famiglia - anche la famiglia cristiana - possa essere compiutamente se stessa prescindendo dal corso complessivo della società. Certo, vi è una sorta di ultima soglia di residenza oltre la quale nemmeno la società dovrebbe penetrare - e che la famiglia deve sapere gelosamente difendere da ricorrenti ingerenze esterne - ma occorre non enfatizzare oltre misura la capacità della famiglia media - non della famiglia "eroica" - di andare contro corrente. E’ dunque importante che le politiche sociali, e la stessa legislazione, operino in direzione della riconciliazione, piuttosto che della divaricazione, tra famiglia e lavoro, adottando una serie di scelte che favoriscano l’armonizzazione delle responsabilità professionali e di quelle familiari, tanto per l’uomo quanto per la donna. I credenti che operano in campo politico e sociale svolgono, da questo punto di vista, una preziosa opera di sostegno della famiglia.
Per quanto riguarda infine la vita quotidiana, si impone la necessità di adottare una precisa scala di valori in cima alla quale sta non tanto l’autorealizzazione, o anche il "successo" dei singoli, quanto il benessere della famiglia considerata come unità. A volte i percorsi professionali possono svolgersi senza entrare in rotta di collisione con le esigenze della famiglia; ma in altri casi si apre una pericolosa conflittualità che va risolta attraverso la riflessione comune e il dialogo, ma sempre tenendo presente la gerarchia dei valori. Quando il lavoro diventa tanto impegnativo ed assorbente da mettere a repentaglio lo stesso rapporto di copertine/coppia e l’attitudine educativa nei confronti dei figli, occorre seriamente interrogarsi, ed agire di conseguenza.
Si tratta in conclusione, di una sintesi non facile da realizzare fra l’insieme dei cambiamenti e delle innovazioni che riguardano il mondo del lavoro e quell’area di relativa sicurezza e stabilità che è rappresentata dalla famiglia. Rappresentare non una presunta "oasi felice" in un deserto di valori e di sentimenti, ma un punto di equilibrio e una risorsa di serenità e di gioia, è l’arduo compito che incombe sulla famiglia, è la difficile scommessa che essa è invitata a vincere."